Questo contributo fa parte dell'Undicesimo rapporto IO SONO CULTURA realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Regione Marche in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.
Realizzato in collaborazione con Alessio Re - Fondazione Santagata per l’Economia della Cultura e Giovanna Segre - Università degli studi di Torino.
L’anno passato è stato pesantemente influenzato dall’emergenza Covid-19, che ha provocato una battuta d’arresto senza precedenti per il settore legato alla messa a valore del patrimonio culturale, determinando uno scenario di incertezza rispetto alle modalità e al grado di ripresa delle attività che ancora oggi persiste. Numerose sono le misure emergenziali messe in atto dal governo italiano nel tentativo di mitigare gli effetti nefasti. Nelle diverse risposte all’emergenza da parte dei luoghi di cultura, si può leggere una spinta all’innovazione tradotta in azioni volte a rinnovare le proprie progettualità, a dotarsi di strumenti aggiornati di programmazione strategica, a ricercare nuovi strumenti di ingaggio sociale, a perseguire una maggiore integrazione con altri settori, anche indirizzando questioni di sostenibilità, a riconvertire i propri servizi, produrre e offrire nuovi contenuti.
Le misure emergenziali per la cultura e il turismo messe in atto dal Ministero della Cultura (MiC) stanno tentando, oltre che di raccontare le iniziative avviate durante le chiusure (progetto Ripartiamo), di mitigarne gli effetti attraverso varie iniziative. Tra queste il Fondo Grandi Progetti Culturali 2021-2031, a sostegno della competitività territoriale, attraverso investimenti su beni e siti di notevole importanza nazionale; la proroga del Bonus facciate al 2021 (che riguarda di fatto tutte le città storiche) e i fondi per la digitalizzazione dei piccoli musei.
Quello che si può chiaramente leggere nelle risposte all’emergenza è una spinta all’innovazione digitale, che si è tradotta in modi diversi.
In primis, attraverso l’adozione, da parte di tutti i maggiori musei e siti, di strumenti per la trasposizione in digitale delle collezioni, finalizzata ad offrire al pubblico un’esperienza anche on line, sul modello di esperienze positive svolte in altri Paesi: vale la pensa ricordare il Louvre, che ha reso tutte le opere fruibili digitalmente, la National Gallery, con la proposta di visite virtuali per famiglie, o i virtual reality tour del Metropolitan Museum of Art.
L’aumento della presenza sui canali social media (non esattamente il punto di forza dei musei italiani) e, più in generale, della diffusione di un approccio strategico che lavori sulla reputazione on-line, e delle conseguenti maggiori possibilità di profilazione dei pubblici, è una delle maggiori evidenze riscontrate (e anche monitorate dal MiC attraverso una piattaforma dedicata). Hanno registrato un significativo consenso di utenti digitali e follower realtà come le Gallerie degli Uffizi, il Parco Archeologico del Colosseo, il Parco archeologico di Pompei, il Museo archeologico nazionale di Cagliari, il Museo archeologico nazionale di Venezia, il Museo archeologico nazionale di Napoli, il Complesso monumentale della Pilotta a Parma, la Reggia di Caserta, il MarTA.
Una parte consistente dell’offerta digitale si è concentrata sullo sviluppo di strumenti didattici.
Tra le esperienze più interessanti, c’è la piattaforma Culture at home realizzata da CoopCulture per visitare musei e luoghi della cultura a distanza, attraverso percorsi di visita in diretta realizzati da archeologi e storici dell’arte, dedicati soprattutto agli studenti, ma anche a turisti interessati a scoprire la bellezza del nostro patrimonio culturale attraverso una “pre-esperienza” che accresca la motivazione alla visita dal vivo. Oppure Artech realizzata da una realtà che opera nel campo della video-produzione e della comunicazione: MC Communication e Video Production (Busto Arsizio, VA), che ha così portato video-lezioni sul patrimonio culturale agli studenti di tutte le età. Con il percorso Ambasciatori digitali dell’arte degli Uffizi tutte le scuole de Paese possono svolgere attività in collegamento con il museo, direttamente dalla propria sede scolastica, consentendo agli Uffizi di coinvolgere anche scuole extraregionali. O, ancora, le attività pensate dal Museo d’arte moderna e contemporanea di Rovereto e Trento - MART per gli studenti delle elementari grazie a dei brevi video dedicati a otto opere di artisti presenti nelle collezioni. Ma i rapporti tra musei e mondo della scuola non si esauriscono con l’offerta digitale; basti pensare al Comune di Reggio Emilia, che con l’iniziativa Scuola diffusa ha voluto garantire spazi per la didattica utilizzando Palazzo da Mosto e Palazzo dei Musei come atelier per i bambini.
L’attenzione alle potenzialità del digitale si è tradotta anche in un crescente interesse a esplorare nuovi strumenti di ingaggio sociale che creino un ponte tra l’intrattenimento e la fruizione culturale.
Ad esempio, Fondazione Brescia Musei ha ideato l’applicazione Geronimo Stilton, nella quale il noto topo giornalista si fa ambasciatore delle ricchezze storiche territoriali, con l’intento di ampliare la fascia di pubblico museale, a partire dalle giovani generazioni.
Il progetto, cofinanziato da Fondazione Cariplo e sviluppato dalla pmi milanese Way Experience con l'adattamento stiltoniano dell’azienda transmediale milanese Atlantyca, sarà disponibile dall’estate 2021. La sua innovazione sta nel valersi delle capacità comunicative del cartone animato, amplificate dall’interazione della realtà aumentata, investendo differenti ambiti, quali il mondo della scuola e del turismo. Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, invece, porta avanti, con il sequel del gioco Father and Son, la propria esperienza rispetto al gaming, strumento oggi in via di adozione anche a livello urbano, ad esempio da parte della città di Alghero, che con l’Associazione Tuo Museo (la stessa che ha realizzato Father and Son e di tanti altri progetti gaming) ha elaborato un Piano strategico del gioco per favorire l’attrattività del proprio patrimonio culturale.
Emerge in modo evidente, anche da parte dei soggetti più istituzionali, la necessità di individuare forme di dialogo continuativo con i target più giovani
per comprenderne approcci, linguaggi, modalità di coinvolgimento nelle dinamiche decisionali (programma Youth Empowerment di UNESCO BRESCE) e aspettative rispetto all’evoluzione delle professioni culturali (Young Professional Forum del Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale). Il posizionamento post-pandemia pone infatti domande non soltanto rispetto agli obietti verso cui le istituzioni dovranno investire, ma anche rispetto alla costruzione delle competenze, ad esempio quelle organizzative e digitali, che saranno necessarie per raggiungerli.
Diversi musei stanno lavorando per l’individuazione di nuove possibili fonti di ricavi dotandosi di strumenti aggiornati di programmazione: è il caso dei Musei Reali di Torino con l’adozione di un nuovo piano strategico, intitolato OPEN, pienamente integrato con misure di sostenibilità, soprattutto in forma di inclusione sociale e di dialogo intergenerazionale, di investimento economico e di business planning. Gli Uffizi hanno da poco sperimentato la riproduzione digitale del Tondo Doni certificata tramite Non-Fungible-Token. Sempre lo stesso museo fiorentino ha promosso, con il progetto Uffizi al mare, il concetto di museo diffuso, in modo similare a quanto all’estero sta facendo anche il Victoria and Albert Museum. Formule che potrebbero anche preludere alla nascita di rinnovate forme di collaborazione tra musei, normalmente abituati a competere, e di nuove geografie museali, anche rispetto a possibili nuovi posizionamenti capaci di maggiore inclusività di cittadini e territori.
In questo gioca un ruolo importante anche lo spazio culturale aperto, il paesaggio
che vede sempre molto attivo il FAI, con rinnovate campagne di sensibilizzazione, una delle più recenti per stimolare decisioni sulla gestione del patrimonio culturale del tessuto urbano e dell’identità urbana di Venezia; i borghi storici (con le molte iniziative di alberghi diffusi) e gli itinerari culturali (proseguono le iniziative per la valorizzazione dell’Appia antica e della Via Francigena) anche come nuovi approcci al racconto dei territori attraverso i loro valori storici (progetto Viae), estremamente importanti anche rispetto alle prospettive di ripresa del turismo.
L’attenzione riposta nei centri non metropolitani è confermata anche dai titoli di capitale italiana della cultura (Parma 2020-2021; Procida nel 2022 con il progetto La cultura non isola, un programma culturale fortemente caratterizzato dalla volontà di sperimentare su temi come la memoria, l’accoglienza, le differenze; Bergamo e Brescia nel 2023) e di capitale europea (Nova-Gorica e Gorizia saranno Capitali Europee della Cultura per il 2025).
Nell’ambito dei programmi UNESCO, mentre a livello internazionale si accende un dibattito sul funzionamento della Convenzione del Patrimonio Mondiale, con l’iniziativa Our World Heritage, in Italia siti come Firenze e Urbino sono promotori di programmi urbani di sviluppo sostenibile che lavorano anche sulla dimensione ambientale e in particolare sulla mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici.
Genova sta sperimentando un percorso unico finora, con la costituzione di un Ufficio UNESCO interno alla Direzione Sviluppo Economico del Comune, mettendo concretamente la risorsa patrimonio al centro delle strategie di sviluppo e resilienza definite dall’Action Plan 2050. In ambito UNESCO assumono sempre più importanza i patrimoni immateriali, che nel 2020 hanno visto per l’Italia ben due nuove iscrizioni L’Arte delle perle di vetro, legata all’arte della lavorazione tradizionale del vetro diffusa nella laguna veneta, e l’Arte dei suonatori dei corni, tecnica strumentale legata a molte residenze storiche dedicate alla caccia, e presente in diversi paesi europei. Iscrizioni che si aggiungono ai due nuovi geoparchi (Aspromonte e Maiella) e alla nomina di Biella Città Creativa per l’artigianato tessile e Bergamo Città Creativa per la gastronomia.
Da guardare con attenzione anche quanto si sta muovendo intorno al patrimonio contemporaneo, ad esempio, con l’iniziativa per proteggere le opere di Pierluigi Nervi (a partire dal dibattito innescatosi sullo stadio Franchi di Firenze) e il lavoro della città di Ivrea sul patrimonio olivettiano. Peraltro, il Ministero della Cultura del governo Draghi, rinnovato (finalmente) nel nome, lascia intravedere la volontà di perseguire, nel prossimo futuro, un mandato di più equilibrata attenzione anche alla produzione culturale contemporanea, che già vede, con i bandi Creative Living Lab e il Festival dall’Architettura, iniziative già radicate per la rigenerazione urbana. Un’attenzione che si traduce anche nello sforzo di comprendere la capacità di utilizzo e l’impatto dei fondi europei sulle organizzazioni culturali italiane (indagine L’impatto di Europa Creativa in Italia).
Sul fronte del sostegno finanziario al patrimonio culturale si è confermata la validità dell’Art Bonus, che dal 2014 permette ai privati di investire sul patrimonio pubblico ricevendo dallo Stato uno sgravio fiscale del 65%. Misura la cui efficacia e popolarità si è dimostrata crescente anche nel corso del 2020, con donazioni che hanno superato i 550mln di euro.
I meccanismi di collaborazione tra mondo profit e non-profit per individuare modelli innovativi di fundraising e per generare nuove start-up vedono, a scala locale, iniziative come quella di Fondazione Brescia Musei con il progetto Alleanza Cultura che, attraverso un patto tra pubblico e privato, permetterà di valorizzare il patrimonio artistico cittadino e di sostenere i grandi eventi della comunicazione culturale in un periodo di lungo termine; oppure Walls Down, promosso da Associazione Quintoampliamento a Ivrea, che intende costituire un ecosistema di operatori per sviluppare progetti innovativi ad impatto sociale ed ambientale , similmente a quanto si propone di fare il Blue District di Genova, insediato nei Magazzini dell’Abbondanza recentemente recuperati presso il porto antico.
L’attenzione degli enti finanziatori si concentra sempre più su come garantire maggiore capacità di ascolto alle organizzazioni culturali, continuità di azione e efficacia di risultato e impatto. In questa direzione vanno i nuovi bandi delle principali fondazioni di origine bancaria (ad esempio i bandi Next Generation You e In Luce di Fondazione Compagnia di San Paolo e Get it! di Fondazione Cariplo).
L’agenda politica si compone anche delle iniziative in corso nell’anno di presidenza italiana del G20, che ha individuato nella lotta al traffico illecito di beni culturali, nell’adattamento ai cambiamenti climatici e nella costruzione di nuove competenze le tre priorità sui cui indirizzare le future policy nel settore culturale.
Sullo sfondo di tutto questo, il tema della sostenibilità, i cui obiettivi sono ormai parte del sistema economico, e i cui significati sono percepiti in modo diffuso sempre meno soltanto sul piano ambientale, ma soprattutto su quello di una nuova economia costruita sui diritti e sui diritti al futuro, incluso il diritto alla partecipazione culturale. Emergono in questo senso esperienze significative sul tema dell’inclusione e della salute pubblica: Pinacoteca di Brera, Musei di Treviso, Children Museum di Verona, Museo del Riso di Palermo, Musei civici di Firenze, Castello di Rivoli sono tutte realtà museali che si sono messe a disposizione della campagna di vaccinazione nazionale, mentre altre realtà, tra cui il Castello Svevo di Bari, continuano a investire su politiche di inclusione e accessibilità.
L’eccezionale mole di dati, informazioni e linee guida (tra gli altri OECD, Commissione Europea, ICOM, UNESCO) prodotta negli ultimi mesi, oltre ad alimentare il dibattito sull’opportunità/modalità delle chiusure (e quindi sull’accessibilità del patrimonio culturale), è servito ad una maggiore consapevolezza sul ruolo attuale dei musei, a generare nuove idee, a rivedere (speriamo definitivamente) il paradigma dell’audience development - non più inteso come una rincorsa ai numeri ma a favore di una reale accessibilità alla cultura, a pensare ai luoghi della cultura in termini di utilizzo innovativo degli spazi rispetto alle prassi. E alla sostenibilità economica dei luoghi della cultura, che passa anche, inevitabilmente, da una rinnovata capacità di ideazione di format aggiornati, di integrazione dell’offerta con altri settori, di maggiore selezione dell’offerta e, non ultimo, dall’immaginazione di futuri possibili (Master Unidee della biellese Fondazione Cittadellarte). Temi su cui si dovranno da subito misurare le realtà museali di prossima realizzazione come, ad esempio, la nuova sede torinese di Gallerie d’Italia promossa da Intesa Sanpaolo.
In attesa di conoscere i primi effetti indotti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e delle ultime iniziative lanciate dalla Commissione Europea (New European Bauhaus) viene da considerare quanto il sistema del patrimonio culturale italiano abbia oggi bisogno di mercato. Il dato che è emerso in modo inequivocabile nel corso dello scorso anno è la fragilità strutturale di molte delle professioni del settore (illustrata anche dall’Indagine sulle carriere artistiche emergenti e sulla produzione culturale indipendente in Italia promossa da GAI – Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani) e l’insufficiente sostegno del settore pubblico. La pandemia rischia di portare alla perdita di un prezioso capitale umano e intellettuale, con impatti ingenti e di lungo termine sulla nostra società. Lo stimolo allo sviluppo imprenditoriale del settore (sostenuto, ad esempio, dal bando Cultura Crea di Invitalia per le regioni del Sud) sono un buon punto di inizio e assumono significato particolare, essendo il 2021 l’anno internazionale dedicato all’economia creativa e allo sviluppo sostenibile.