Vogliamo affrontare seriamente la crisi climatica, i grandi flussi migratori, le guerre i sono alternative: l'Europa deve avere un ruolo cruciale alla guida di questo processo All'Europa serve la calma dei sivo del debito, quanto per il lo troppo pesante per reagire colo Gentiloni, p copresidente Task force sul debito Onu, sarà tra i numerosi protagonisti della tre giorni di Symbola, il Seminario Estivo che si terrà tra giovedì e sabato al teatro Bibiena di Manto va. Crisi climatica, flussi migratori, ruolo dell'Europa, sono alcuni dei temi che affronta in questa intervista l'ex premier. Trump sta creando il caos in Europa e nel mondo con i suoi dazi prima imposti e poi sospesi e con la chiusura delle università statunitensi agli stranieri. Gli Stati Uniti non sono più il punto di riferimento di valori e politiche condivise per l'Occidente e, soprattutto, per l'Europa? Gli Stati Uniti sono stati i principali architetti dell'ordine mondiale che ha caratterizzato gli ultimi ottant'anni dopo la guerra, e al tempo stesso ne sono stati anche i principali beneficiari. In questo contesto, l'Europa è cresciuta e ha prosperato. E negli ultimi vent'anni, anche le economie emergenti si sono rafforzate. Oggi, però, è proprio dall'America che viene messo in discussione questo ordine mondiale: la globalizzazione, il commercio, gli organismi multilaterali, perfino le alleanze militari. È quindi fondamentale che l'Europa ne prenda piena consapevolezza. Come deve reagire l'Europa ai continui attacchi di Trump: con dazi altrettanto pesanti oppure accettandoli senza colpo ferire? forti. Siamo una potenza economica in grado di reagire e di intervenire su diversi fronti, come ad esempio sul deficit negli scambi di servizi con gli Stati Uniti. Ma la vera sfida è farlo restando uniti. Come giudica l'atteggiamento di Giorgia Meloni e del suo governo che sembrano avere una linea troppo filo trumpiana? Fin qui, direi che il governo italiano ha lavorato di concerto con i partner europei e con la Commissione europea sulle politiche commerciali, ed è positivo che sia così. È importante, infatti, che le affinità ideologiche con il mondo del Presidente Trump non prevalgano sui nostri interessi nazionali. L'Italia fa bene a non partecipare al gruppo dei volenterosi europei sulla guerra in Ucraina? L'Italia deve far parte della cosiddetta coalizione dei volenterosi. Una coalizione che non è stata concepita per intervenire militarmente in uno scenario specifico, come un'eventuale tregua in Ucraina, ma per lanciare un messaggio chiaro: anche se l'impegno americano dovesse rallentare, gli europei ci sono. E l'Italia deve esserci. Dal suo osservatorio, come vede la situazione dei paesi in via di sviluppo sul fronte del debito? Aiutarli a ridurlo conviene ai paesi sviluppati solo per ragioni umanitarie? La situazione del debito nei paesi a basso reddito, in particolare in Africa, si è aggravata negli ultimi quattro-cinque anni. Non tanto per l'aumento dello stock complespeso ormai insostenibile de- con la tempestività richiesta gli interessi, cioè del servizio del debito. Il risultato è che molti di questi paesi finiscono per onorare i debiti, ma a costo di rinunciare allo sviluppo. In una parte significativa dei casi, il costo degli interessi supera la spesa pubblica per istruzione e sanità. Una distorsione grave, alla quale la comunità internazionale deve trovare una risposta - non solo per ragioni umanitarie, ma anche per interesse strategico nella cooperazione con l'Africa e le economie emergenti. Quali sono le situazioni più a rischio che potrebbero avere gravi ripercussioni anche sull'Europa? Il rischio non riguarda tanto singole situazioni di default nei paesi emergenti, quanto piuttosto la capacità, per una parte consistente dei paesi a basso reddito, di continuare a perseguire gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Dopo circa vent'anni di progressi nella strategia dell'Onu, da quattro o cinque anni assistiamo a un'inversione di tendenza. La pandemia, l'invasione russa dell'Ucraina, l'impennata dei prezzi di cibo ed energia, l'inflazione: tutto questo grava sul futuro di una parte consistente dell'umanità. E se vogliamo affrontare seriamente la crisi climatica, i grandi flussi migratori, le guerre e le tensioni globali, allora dobbiamo continuare a investire nello sviluppo sostenibile. Lei che è stato commissario all'economia, come giudica lo stato di salute dell'Europa? E il fatto che si debba decidere all'unanimità, non è un vincodall'attuale situazione? Le decisioni all'unanimità rappresentano un freno al processo decisionale dell'Unione Europea. So bene che non è un nodo facile da sciogliere: richiederebbe la modifica dei trattati e, in molti casi, il ricorso a referendum nei Paesi membri. Credo però che, almeno in parte, questo ostacolo possa essere superato attraverso forme di cooperazione tra gruppi di Paesi. Del resto, alcune delle maggiori conquiste dell'Unione - come la moneta unica o i trattati di Schengen non sono nate da decisioni prese all'unanimità. Lo stesso approccio può valere oggi per questioni cruciali, come quella della difesa.