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La seconda ricognizione sul giovane design a cura di Fondazione Symbola e ADI prosegue il lavoro avviato nel 2024. Il raggio d’azione si fa sempre più ampio
Sono nativi sostenibili, oltre che digitali, e con le loro pratiche dimostrano quanto il design sia capace di reale interdisciplinarità.

Conducono attività sono fatte di percorsi di innovazione all'interno di aziende, società, enti e di sperimentazione di nuove forme di artigianato avanzato; si servono della progettualità per dipanare complessità provenienti da altre discipline, si destreggiano con tecnologie, AI, user experience, visualizzazione dati, design thinking.

Chiamarli giovani designer suona riduttivo, sia perché è una categoria bistrattata dalle nostre parti, sia perché da sola non ne definisce l’eterogeneità.

Frammentato nell’accezione più sana del termine, il mondo del progetto contemporaneo vive meno di forma e prodotto, più di strategia e visione.

In un tempo di transizione e di cambiamento ciascuno elabora strategie per affrontare la trasformazione, le risorse finite, le emergenze, per pensare a un mondo che ancora non c’è e superare il “si è sempre fatto così”.

Dare valore ai sistemi creativi

Di questo si è dialogato, con i diretti interessati, in occasione dell’incontro dal titolo "Nuove Geografie del Design" svoltosi nell’ambito del Seminario Estivo di Fondazione Symbola a Mantova dal 12 al 14 giugno 2025.

Le storie di ognuno dei giovani designer inseriti in questa ricognizione si propongono di tracciare appunto una geografia del futuro del design italiano.

L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra Fondazione Symbola e ADI che, coordinata da Domenico Sturabotti, direttore della Fondazione Symbola e Carlo Branzaglia, membro del Consiglio Direttivo ADI, prosegue il lavoro avviato nel 2024 con la rubrica “35 designer under 35”.

“Il design italiano – si legge nella presentazione dell’iniziativa - ha sempre rappresentato un punto di riferimento globale, intrecciando bellezza, funzionalità e visione. Oggi, una nuova generazione di designer sta riscrivendo le mappe del settore, portando innovazione nelle imprese, nella ricerca, oppure direttamente dando vita a startup, studi e collettivi. Contribuendo così alla trasformazione del sistema produttivo italiano e non solo”.

Tra creatività e impresa

Dagli interventi dei giovani professionisti emerge un racconto composto da tanti tasselli di un ecosistema in evoluzione. La loro formazione, seppur per la maggior parte si sia compiuta al Politecnico di Milano, ha spesso seguito percorsi eterogenei.

C’è chi, come Valerio Mistura, a partire dalla laurea di primo livello in Disegno Industriale allo IUAV, passando al Design Management fino al master in Business Design si trova oggi a sviluppare progetti esecutivi per interni di alta gamma, supportando studi di architettura internazionali per “trasformare le idee in progetti concreti, customizzati attraverso l’intervento di una filiera di aziende e artigiani specializzati, creando un ponte fra architettura e ingegneria”.

Alessandro Nitti, graphic designer, diploma alla Laba-Libera Accademia di Belle Arti di Firenze e master in Graphic Design presso IED Milano, lavora dal 2020 nell’Accenture Customer Innovation Network (ACIN) a Milano, unità di ricerca della multinazionale legata alla consulenza strategica per le imprese.

Con il suo team lavora “su scenari futuri inerenti agli sviluppi di mercato e le nuove opportunità di business”: supporta le aziende nelle loro relazioni con le tecnologie, user experience, visualizzazione dati, design thinking”.

E ha seguito un progetto di bar del futuro dove “i clienti toccano con mano AI e tecnologie applicate alla vita di tutti i giorni”.

L’interazione prodotto-utente

Quello di Nicolò Andreoli è un percorso più tradizionale, se così si può dire: laurea in Design del Prodotto Industriale presso il Politecnico di Milano e magistrale in Integrated Product Design.

Ma il suo ruolo attuale all’interno del marchio di elettrodomestici Haier, è trasversale perché coinvolge diverse categorie di prodotto per “creare una coerenza visiva funzionale all'interno del brand, sviluppando un linguaggio progettuale (Visual Brand Language) capace di comunicare i valori dell’azienda attraverso la qualità dell’esperienza funzionale ed emozionale dell’utente”.

Spiega Andreoli: “ci troviamo a collaborare con persone e con materiali ben diversi dai nostri. Per me insegnamenti, metodi di lavoro diversi. Noi (italiani), prima di mettere la matita sul foglio pensiamo. I cinesi invece fanno. È un approccio che dovremmo seguire: facendo comprendi”.

“Collaborare con culture diverse ti mette in gioco – afferma Selene Musitelli, attualmente Lead Digital Product designer in Design Group Italia – così come è complesso comprendere le necessità per esempio della dialisi, interagendo con medici, infermieri e responsabili IT”.

Nel suo ruolo si è occupata negli anni di progetti per settori diversi, dall’healthcare al banking, dalla mobilità alla industria 5.0, con un focus preciso su usabilità e accessibilità, usando il design thinking come connettore fra utenti, business e tecnologia per un miglioramento della qualità della vita.

La sovrapposizione di punti di vista complementari

“Nell’esperienza con lo studio di Lorenzo De Bartolomeis – afferma Caterina Castiglioni, double degree in Advanced Product Design alla Tongji di Shanghai e una Targa Giovani del XXVI Compasso d’Oro con il progetto di tesi triennale Sil-O-Safe per la sicurezza sul lavoro - ho sviluppato la capacità di avere uno sguardo aperto e orizzontale su tematiche tecnologiche diverse tra loro, piuttosto che competenze tecniche verticali.
Collaboriamo con i professionisti per visualizzare filiere e processi complessi in modo sintetico, creando un piano di conoscenza comune a figure professionali diverse.

La generazione di uno spazio concettuale in cui è ammesso un alto grado di incertezza aiuta chi è abituato a pensare in modo strettamente logico a proporre idee fuori dagli schemi.

Questo alimenta l’innovazione poiché la sovrapposizione di punti di vista complementari è la chiave per risolvere problemi multidisciplinari complessi”.

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Sostenibili, digitali e interdisciplinari: chi sono i giovani designer italiani secondo Fondazione Symbola e ADI | Interni Magazine

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