Il confronto di Ermete Realacci di Fondazione Symbola e Stefano Granata di Confcooperative con Diana Bracco sul futuro dopo il Covid a Civil Week Lab
«Impresa sana in comunità sana». Ermete Realacci parafrasa la locuzione di Giovenale (Mens sana in corpore sano) per chiarire che «non è pensabile affrontare alcuna sfida del futuro se manca l’idea di una missione comune». E cioè che «un’economia a misura d’uomo si costruisce senza lasciare indietro nessuno». Il presidente di Fondazione Symbola (nella foto accanto ad Anna Fiscale di Progetto Quid, durante la diretta streaming da Sala Buzzati del Corriere della Sera) interviene con Stefano Granata, presidente di Confcooperative Federsolidarietà, e Diana Bracco al panel «Le imprese dopo il Covid», nella seconda giornata di Civil Week Lab. E in risposta alla proposta lanciata da Letizia Moratti di un patto sociale, dice: «La strada è questa. Ma a questo proposito voglio citare un tweet del pensatore francese Edgar Morin “tantissime idee, tantissime proposte, tantissime iniziative. Chi farà il bouquet?”. Non so se la risolvi con gli Stati generali».
Stefano Granata fa il punto sulle imprese sociali che hanno avuto una pronta reazione alla crisi dettata dal Covid. «La preoccupazione è per dopo l’estate, quando esauriti gli ammortizzatori sociali si aprirà un baratro. Il rischio è che molte persone rimangano a casa aumentando i livelli di disoccupazione». La pandemia ha colpito tutti. «E’ stata una mazzata», conferma Bracco, che però sottolinea il ruolo cruciale svolto dai centri psicopedagogici messi in piedi (due in Brianza e uno a Milano) non solo per i dipendenti ma anche per il territorio. «Il supporto psicologico è fondamentale per aiutare le persone a superare la paura» Anche lei, ha ammesso, ha provato la “Sindrome della capanna”. «Non avevo più la mia forza, ho dovuto ricostruirmi»
Ancora Realacci, che con il Sacro Convento di Assisi attraverso un Diario di bordo sta monitorando come le aziende hanno reagito alla crisi, aggiunge che «non c’è nulla di sbagliato in Italia che non può essere corretto con quanto di giusto c’è in Italia. E la crisi ha confermato innanzitutto l’importanza della questione sociale». La pandemia ha offerto, conclude Granata, una grande opportunità e cioè di «abbattere le diseguaglianze. Un diverso modello di sviluppo è possibile, la crisi ha ribaltato paradigmi che sembravano inossidabili. E solo quando tutto è messo in discussione si può giocare la partita e il sociale deve giocarsela tutta».