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  • Paolo Neri, professore presso UNITELMA SAPIENZA

Il 2025 dell’industria meccanica italiana si è aperto con segnali contrastanti. Dopo un 2024 difficile, i primi mesi del 2025 hanno mostrato un timido recupero della produzione (+0,7% sul trimestre precedente), ma il confronto su base annua resta negativo (–5,8%). L’export continua a essere la bussola del settore, con un avanzo commerciale di oltre 11 miliardi di euro nel primo trimestre 2025 e una crescita dell’1,3%. Germania e Unione Europea trainano, mentre dagli Stati Uniti arrivano segnali più deboli, dovuti al clima di incertezza generato dalla politica commerciale americana. Le imprese oscillano tra speranza e cautela: oltre la metà prevede stabilità nei volumi, un quarto intravede crescita, ma quasi il 20% teme riduzioni occupazionali e una su dieci lamenta problemi di liquidità. La transizione verde resta un terreno fertile, ma ancora poco coltivato. i Un dato è significativo: il 68% delle imprese metalmeccaniche italiane dichiara di non voler usufruire degli incentivi previsti dal Piano Transizione 5.0. Tra queste, quasi la metà motiva la scelta con una “mancata rispondenza alle esigenze aziendali”. Ciò evidenzia una frattura tra lo strumento pubblico che abbiamo dettagliatamente raccontato nelle precedenti edizioni di GreenItaly e le reali necessità delle imprese: molte aziende percepiscono l’attuale piano nazionale di incentivi come complesso, poco mirato o scarsamente utile per le proprie specifiche strategie di investimento.

Nonostante queste criticità, le prospettive restano incoraggianti: la meccanica sarà tra i settori più dinamici del manifatturiero, con una crescita dell’1,7% a valori correnti. Guardando al medio periodo, fino al 2029, il comparto contribuirà in maniera decisiva a un surplus commerciale manifatturiero previsto in area 133–134 miliardi di euro. In questo scenario, la meccanica italiana può rivelarsi molto più di un settore industriale tradizionale: con macchine efficienti, progetti innovativi e l’integrazione dell’intelligenza artificiale può guidare il sistema produttivo verso sostenibilità e competitività. Dovrà però imparare a “fare sistema” per diventare non solo la spina dorsale della manifattura, ma anche un modello europeo di industria 5.0 capace di coniugare innovazione, lavoro e ambiente.

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