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In nessun altro Paese avanzato la cultura è un fattore economico così diffuso, trasversale e strutturale come in Italia. Non solo perché custodiamo il maggior numero di siti riconosciuti dall`Unesco (60, uno in più della Cina) o perché il nostro patrimonio artistico e naturale continua ad attirare milioni di visitatori ogni anno. La peculiarità italiana sta nel fatto che la cultura permea l`intero sistema produttivo, influenza la percezione internazionale del Paese, rafforza la competitività dei distretti e sostiene il posizionamento dei prodotti made in Italy nelle preferenze globali dei consumatori. Si tratta di un capitale intangibile, ma che nel tempo ha assunto un ruolo sempre più centrale nelle metriche attraverso le quali istituzioni, think tank e osservatori internazionali valutano soft power e capacità di innovazione dei diversi Paesi. Secondo l`ultima classifica stilata da U.S. News & World Report, insieme alla Wharton School dell`Università della Pennsylvania, l`Italia è prima al mondo per influenza culturale, seconda per attrattività del patrimonio artistico e naturale e ancora seconda per qualità complessiva dell`esperienza turistica. Parametri che non considerano solo la disponibilità di musei, collezioni, siti archeologici o teatri, ma pesano la capacità complessiva dei vari Paesì quando si tratta di proiettare cultura attraverso ciò che produce: la moda, il cibo, il design, il cinema, l`editoria, la manifattura avanzata. È anche grazie a questo modello che il made in Italy occupa stabilmente la terza posizione nelle preferenze dei consumatori globali, una forza che contribuisce in modo decisivo alla competitività dell`export, responsabile di circa un terzo del Pil nazionale (l`Ice valuta in 623 miliardi di euro il valore delle merci che nel 2024 sono uscite dai confini nazionali per raggiungere i mercati di tutto il mondo). Negli ultimi anni, inoltre, la cultura è entrata con maggiore decisione nelle strategie europee per la competitività. L`Unesco ne ha fatto uno degli indicatori chiave dello sviluppo sostenibile, l`Ocse la colloca tra le industrie ad alta intensità creativa e la Commissione europea l`ha inserita nella sua nuova agenda industriale. In Italia questa attenzione trova terreno fertile: la cultura è un`infrastruttura produttiva che alimenta filiere complesse, sostiene professioni altamente qualificate e genera innovazione incorporata nei beni e servizi industriali. È il motivo per cui, nelle economie a forte vocazione culturale, l`effetto moltiplicatore di questo comparto risulta particolarmente elevato. Secondo l`ultimo studio annuale di Federculture, l`occupazione nel settore si attesta a quota 843 mila persone, pari al 3,5% del totale, in crescita del 2,2% rispetto al 2023 e del 2% sul 2019. Segno di come il comparto viva una stagione positiva, nonostante la debolezza della congiuntura. Inoltre, nel 2024 il 63,2% delle presenze turistiche italiane ha riguardato comuni a vocazione culturale e gli arrivi stranieri nelle città d`arte sono cresciuti del 1`8,9% rispetto al 2019. Da segnalare anche il nuovo Rapporto "Io Sono Cultura 2025", realizzato da Unioncamere, Fondazione Symbola, Centro Studi Tagliacarne e Deloitte, che verrà presentato domani a Roma. Un documento che quantifica, con un approccio sistemico, il peso economico della filiera culturale e creativa. Secondo lo studio, nel 2024 questo ecosistema - che comprende imprese private, istituzioni pubbliche e organizzazioni del terzo settore - ha generato 112,6 miliardi di euro di valore aggiunto, in crescita del 2,1% rispetto all`anno precedente e de119,2% dal 2021. Se si considerano gli effetti indiretti e l`indotto, il contributo complessivo arriva a 303 miliardi di euro, pari al 15,5% dell`intera economia italiana: un dato che colloca la cultura fra le prime filiere del Paese non solo in termini simbolici, ma anche economici. In sostanza, la cultura produce ricchezza e occupazione e mette in circolo le idee per lo sviluppo. «La forza della nostra economia e del made in Italy deve molto in tutti i campi alla cultura e alla bellezza», annota Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola. «Cultura e creatività, oltre ad arricchire la nostra identità e alimentare la domanda di Italia nel mondo, possono aiutarci ad affrontare le difficili sfide che abbiamo davanti, a partire dalla crisi climatica». Realacci ricorda come gli addetti culturali e creativi rappresentino una risorsa strategica per una transizione verde, a misura d`uomo e, anche per questo, più competitiva, come sostiene il Manifesto di Assisi. Il riferimento è al documento messo a punto nel 2020, con le firme di istituzioni, imprese e associazioni, che invita a superare la crisi climatica attraverso un`economia più sostenibile, ispirandosi all`enciclica "Laudato Sì" di Papa Francesco e al messaggio di San Francesco d`Assisi. In particolare, il manifesto delinea una roadmap per arrivare ad azzerare le emissioni nette di gas serra entro il 2050. Sono quasi 289 mila le imprese sono attive nei settori culturali e creativi, in aumento dell`1,8% tra il 2023 e il 2024. A crescere maggiormente (e la cosa non sorprende) è il segmento dei software e dei videogame, che lo scorso ha generato 17,7 miliardi di euro di valore aggiunto, con un incremento dell`8% e oltre 205mila occupati, in aumento de117,8% dal 2021.

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Arte e bellezza eccellenze e ricchezze dell'economia italiana | Affari&Finanza di La Repubblica

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