«Qualità, bellezza e sostenibilità essere buoni conviene sempre» Ermete Realacci (ambientalista, ex parlamentare e presidente di Symbola) parla alla vigilia del Seif, il festival internazionale per la salvaguardia del mare T on riusciremo ad affrontare IN frontare le crisi se non partiremo dall'idea di avere un futuro comune. L'Italia, il Mediterraneo, l'Elba presentano al loro interno aspetti solo apparentemente diversi. Ma chi scommette sulla qualità, sulla bellezza e sulla sostenibilità è vincente». Si è conclusa così l'intervista rilasciata da Ermete Realacci al Tirreno alla vigilia del Seif-Sea Essence International Festival. Il primo festival internazionale dedicato alla salvaguardia e valorizzazione del mare e della sua essenza, arrivato alla 7a edizione, prende il via domani nello scenario dell'Isola d'Elba attraversata dagli eventi del festival in lungo e in largo a partire dagli eventi serali programmati a Capoliveri, Portoferraio e Mariana Marina (vedi articolo in basso). Un Seif 2025 che ha come tema "Le Comunità Mediterranee": «Un tema che abbiamo appena affrontato, alla presenza anche del fondatore di Acqua dell'Elba Fabio Murzi, nell'evento "Se l'Italia fa l'Italia"», spiega ambientalista ed ex p arlamentare che ha promosso e presiede Symbola, la Fondazione per le qualità italiana, e sarà uno dei principali protagonisti della prima giornata del festival. Perché è un tema anche vostro? «Nell'appuntamento "Se l'Italia fa l'Italia" abbiamo presentato il rapporto annuale "Coesione e competizione" che realizziamo con Unioncamere e D eloitte. In questo report andiamo a vedere come vanno le imprese che hanno un rapporto migliore con il territorio. Parliamo per capirci di realtà come Acqua dell'Elb a». Vale a dire? «Cerchiamo di capire se le imprese che hanno relazioni migliori con i lavoratori, con le comunità, con il territorio, con i subfornitori vanno meglio o peggio delle altre». Qual è il verdetto? «Quello che risulta è un dato che nel lavoro di Symbola ritorna anche quando affrontiamo i temi della green economy o della cultura: le imprese - e sono tante: circa il 40% di tutte quelle che operano in Italia - che hanno relazioni migliori con la comunità e con il territorio, vanno meglio rispetto alle altre, innovano di più, esportano di più, producono più posti di lavoro. Perché? «Il saper fare italiano si nutre di queste relazioni, si nutre di bellezza, di qualità, di capacità di produrre: all'ombra dei campanili crescono cose belle che piacciono al mondo. Questo è un tema che attraversa tutta la nostra economia ed è tipico delle imprese italiane che parlano al mondo. Per noi occuparsi di queste cose non è solo una scelta di valori, ma è anche una scelta del terreno di gioco». Con quale obiettivo? «Noi italiani siamo un popolo strano. Siamo un po' cripto-depressi perché siamo capaci di vedere i nostri difetti- che sono tanti: il debito pubblico, le diseguaglianze, una burocrazia soffocante, l'illegalità e parti di paesi che perdono contatto - ma non li affrontiamo. Siamo poi incapaci di vedere i nostri punti di forza, che sono tanti: altrimenti non si capirebbe perché per esempio sul piano dell'export l'Italia sia uno dei cinque paesi più forti del mondo». Quindi? «Occorre cambiare marcia. L'Italia adesso deve fare i conti con le grandi crisi sociali ed economiche causate dalle guerre, dalla Russia che ricomincia a fare la vecchia Russia, dagli Stati Unitidiretti da un signore che ha un ego non dimensionato, dalla crisi e sfida climatica che è sicuramente la più urgente». Perché è la più urgente? «Perché coinvolge tutti e interessa il Mare mediterraneo e l'Italia in maniera particolare. La conformazione che ha il nostro Paese fa sì che risentiamo degli aumenti di temperatura più di altri e quindi ci rende un punto massimamente sensibile dal punto di vista dei cambiamenti che si stanno già verificando, dai fenomeni meteorologici estremi al cambiamento delle temperature che cambiano per esempio l'agricoltura». Come trovare la soluzione? «Ricordandoci che essere buoni conviene sempre». Ossia? «Pensiamo a un evento importante come il Seif e pensiamo a un'azienda come Acqua dell'Elba. Nel suo settore rappresenta quello che "l'Italia fa quando fa l'Italia": è un simbolo della capacità di trarre forza dall'identità positiva del Paese e dal rapporto con il territorio innovando a partire da questo». Del resto ha l'Elba nel nome. «Sì. Acqua dell'Elba, è un nome che richiama e che al tempo stesso valorizza uno dei posti, dei tanti posti, belli che l'Italia ha. L'Elba è piena di tracce e di storie che si respirano grazie alla bellezza dei luoghi che vanno valorizzati». Come? «Gustav Mahler (compositore e direttore d'orchestra austriaco vissuto a cavallo tra il 1800 e i11900 noto anche per le sue riflessioni profonde, ndr) sostiene che la tradizione non è il culto delle ceneri ma la custodia del fuoco. Acqua dell'Elb a ne è un esempio: prende il nome dall'isola, dalla sua tradizione, ne respira la bellezza e ne porta il respiro in tutto il mondo. Non vive sulle ceneri dell'Elba, ma custodisce il suo "fuoco" dando a sua volta forza a questi luoghi».