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di Fondazione Symbola e Deloitte

Pensando alle tecnologie che abilitano la trasformazione digitale, quali sono le più rilevanti per il futuro della progettazione?

Siamo una società di design trasversale ai settori merceologici e lavoriamo prototipazione in diversi settori: dalla manifattura industriale all'elettronica di consumo, dall’Ho.RE.Ca (hotellerie-restaurant-catering) all'automotive. Lavoriamo quasi sempre con aziende che impiegano la tecnologia digitale in modo molto intensivo nella progettazione e prototipazione dei nuovi prodotti ed alcune di esse utilizzano il Digital Twin per simulare e monitorare la vita dei loro manufatti e dei loro impianti. La realtà aumentata è stata un hype di qualche tempo fa, adesso è più una commodity, soprattutto in supporto ai temi legati alla formazione piuttosto che al supporto a distanza. L’intelligenza artificiale, invece, fa da padrona sulla programmazione, mentre grande diffusione ha raggiunto la manifattura additiva, con tecnologie spesso ben più sofisticate della sola “stampa 3D”. Lavoriamo su diversi settori: quasi sempre nello sviluppo del prodotto nella sua fisicità, mentre per alcuni clienti sviluppiamo soltanto la parte di visual communication (branding, grafica, video 2D e 3D). Recentemente, un cliente doveva realizzare un’installazione espositiva temporanea molto ampia (600 metri quadri) con il tema legato al futuro: abbiamo utilizzato Midjourney – uno dei tanti software di intelligenza artificiale al servizio della grafica – per generare immagini evocative di contesti futuristici. Sebbene sia una tecnologia in crescita esponenziale, abbiamo comunque dovuto intervenire, facendo delle post-produzioni alle immagini per evitare alcune difettosità nelle immagini, compensando ad alcune ingenuità dell’AI. L'impatto visivo è stato molto appagante e ha consentito un risparmio di tempo incommensurabile: non avremmo accettato quel genere di proposta se avessimo dovuto avere un illustratore nel poco tempo che c'era a disposizione e avremmo dovuto trovare una strada visiva molto diversa. L’AI non sostituisce: non ci sono delle perdite di posti di lavoro, ma è una strada alternativa che, nel nostro caso, ha permesso la realizzazione di un progetto più complesso di quello che si sarebbe potuto fare nel poco tempo a disposizione con delle persone.

Il vantaggio che l’AI ha fornito in questo progetto è stato di tempo?

Di tempo e di resa visiva, perché per fare illustrazioni di quel genere un illustratore ci mette un mese, se non di più, e invece in pochi minuti grazie all’AI hai una serie di proposte che puoi rielaborare. Noi utilizziamo profili business, quindi a pagamento, per avere il massimo delle prestazioni e il massimo della resa. In generale, quello dell’AI è un ambito nel quale stiamo investendo molto tempo e risorse per trovare i migliori strumenti e la più versatile integrazione degli stessi nel nostro workflow.

La manifattura additiva cosa dà in più?

La manifattura additiva, invece, è ormai in uso soprattutto da parte delle aziende: la maggior parte di loro ha stampanti 3D ed un numero crescente inizia ad avere strumentazioni molto sofisticate, potenzialmente utili anche per una produzione quasi seriale di componenti in additive. Noi facciamo dialogare il nostro design con questi strumenti, fornendo ai nostri clienti i file 3D più corretti per testare design, ergonomia e funzionalità. In generale per noi la manifattura additiva significa riduzione di tempi e costi, miglior precisione durante lo sviluppo del progetto e, in alcuni casi, più libertà nelle geometrie.

E per quanto riguarda il gemello digitale?

In misura crescente siamo coinvolti in progetti che richiedono il ricorso a software di simulazione che permettano di sviluppare in tutto e per tutto dei modelli multi-fisici che simulino le temperature a cui sono sottoposti, le sollecitazioni meccaniche o altri fattori, ovvero tutto ciò che possa sollecitare un prodotto. Riguarda più prodotti che sono esposti a queste sollecitazioni, oppure prodotti che richiedono certificazioni molto complesse o grandi investimenti, per cui fare un prototipo fedele al prodotto finito avrebbe dei costi molto alti.

Quali sono i settori che si avvantaggiano di più del Digital Twin?

Il settore industriale, ad esempio. Digital Twin significa avere esattamente lo stesso prodotto: si arriva anche a simulare il lotto di produzione. Prendiamo, ad esempio, il Digital Twin di una pala eolica: si tengono in considerazione una serie di fattori – a cosa è sottoposta, in che luogo viene installata, con che lotto di leghe di materiali è stata prodotta. È necessario che sia una simulazione perfetta del prodotto originale, così da poter tenere sotto controllo entrambi. Noi incontriamo la tecnologia del Digital Twin in certi settori dell’automazione e degli elettrodomestici professionali.

Il Digital Twin serve anche nella fase manutenzione?

Sì. Prendendo sempre la pala eolica, il Digital Twin mi dice cosa sta succedendo in quella determinata zona in termini di temporali, di intensità del vento, di una serie di terremoti: ho una perfetta simulazione di quello che potrebbe essere successo alla pala in quel luogo. Grazie a questo tipo di analisi in tempo reale si possono prevenire i danni. Comunque, noi non utilizziamo il Digital Twin direttamente, ma i nostri clienti lo utilizzano in fase di progettazione e prototipazione dei progetti da noi firmati.

Quanto Valerio Cometti+V12Design fa uso delle tecnologie nei diversi ambiti di progettazione?

Marco Generali: Communication Multimedia Design, ad esempio. Ma non Brand Design, perché ad oggi con l'intelligenza artificiale generativa il livello di output non è ancora della qualità per noi necessaria. Nell'ambito del prodotto stiamo investendo in modo deciso, ad oggi ci sono dei miglioramenti, ma per ora il loro ruolo in V12 Design è principalmente come supporto all’ispirazione.

Nell’ambito del Communication Multimedia Design puoi raccontarci qualche progetto esemplificativo?

Quando sviluppiamo nuovi progetti con alcuni nostri clienti, invece di creare delle moodboard, generiamo delle immagini con intelligenza artificiale attraverso dei prompt in grado di dare determinate indicazioni che riguardano il mood e lo stile che vogliamo trasmettere al progetto. Sono immagini di contesto iniziali che fanno da ispirazione per i concetti del progetto vero e proprio. In questo caso, l’AI è uno strumento di supporto che velocizza la ricerca e la utilizziamo sempre nello sviluppo di innovazione di prodotto: è una questione di vantaggio di costi e di tempo.

Quanto è diffusa in Italia la consapevolezza che il design possa svolgere un ruolo di mediatore per far sì che il tessuto imprenditoriale italiano adotti l'intelligenza artificiale con uno sguardo ampio, etico e sostenibile?

La mia percezione è che non sia molto diffuso (per adesso) l'uso dell'intelligenza artificiale. È necessario avere familiarità con l'aspetto tecnologico-informatico: spesso questa familiarità è frutto della passione del progettista e si lega anche ad un tema anagrafico. Se questa predisposizione non c’è rimane poco utilizzata. Se un progettista ha meno alfabetizzazione informatica, difficilmente si mette a studiare Midjourney; dall'altra parte c'è anche un tema di passione: l’uso della matita, l'uso delle conoscenze, della modellazione, della resa, attraverso il gesto grafico, lo schizzo, il bozzetto. Adesso la usano in pochi, ma in futuro la useranno in tanti. Nelle aziende, molti non sanno neanche cosa sia Chat GPT. Non c’è molta consapevolezza in ambito progettuale.

C’è consapevolezza tra i designer, nel tessuto imprenditoriale e nella pubblica amministrazione, del ruolo che il design può avere nel favorire la relazione tra la tecnologia e le persone?

È una trasformazione in corso radicale e il tema etico è ambizioso. Ad esempio, quando sono arrivati i computer, tanti dattilografi sono spariti perché il computer poteva registrare un discorso e trasformarlo in un testo molto più rapidamente. Ci sono dei salti tecnologici che hanno fatto sparire alcune figure professionali. È possibile cavalcare l’intelligenza artificiale formando le persone, tenendole al passo con i progressi tecnologici, adottando un approccio etico all’interno dell’azienda: non licenzio le persone per sostituirle con l’AI, ma le formo al meglio affinché siano competenti nell'utilizzo di quelle tecnologie, così da fornire questo tipo di servizi sul mercato in modo sempre più competitivo.

Il design può portare questa innovazione a espandersi maggiormente all’interno dell’azienda?

Penso che su alcuni ruoli possa essere il contrario. Come società di design, è necessario investire nelle tecnologie per essere al passo con i tempi e conoscerne limiti e potenzialità, per orientarsi nell’individuazione delle attività che oggi le tecnologie possono realizzare anche in autonomia e quelle per cui ancora le tecnologie non riescono a generare valore. Conoscere l’AI e utilizzarla per potenziare quello che so fare o evitare di fare quello che lei fa meglio di me. In questo senso è come i siti web: c'è stato un decennio, forse di più, in cui c'erano i web developer e web designer che facevano pagare prezzi altissimi. Poi sono arrivati i siti fai da te drag and drop: puoi costruire il tuo sito facilmente e tante aziende hanno smesso di usare i web designer. Cosa è cambiato? Niente, sempre Internet. Però è cambiata la tecnologia a supporto di quell'attività. Dopodiché, il sito fai da te è buono quanto quello di un web designer che ha studiato per una vita? Probabilmente no, ma molte aziende hanno aspettative più basse.

L'intelligenza artificiale, nel realizzare un'immagine, può tenere conto di come viene percepita rispetto a tutta la cultura di riferimento o è più un risultato tecnico?

Dipende da come chiedi le cose. Per quanto riguarda il tema del target, se non lo chiedi, sicuramente l'intelligenza artificiale non te lo propone. Il livello di personalizzazione è buono a seconda della conoscenza di chi guida questo strumento e della sua capacità di trasferire le sue conoscenze in modo chiaro attraverso i prompt. In parallelo, ci sono alcune attività che non richiedono particolari conoscenze: ad esempio, se devi fare una campagna pubblicitaria sul tuo territorio che conosci bene, utilizzando questo tipo di strumenti l’IA produce risultati molto buoni.

L’adozione di soluzioni di AI offrirà maggiori opportunità in futuro?

Crescerà nell'ambito dell’Interaction Design e del Product Design. Abbiamo notato sul prodotto, nell'arco di sei mesi, un miglioramento dell'output. Essendo dei sistemi di apprendimento che si nutrono di feedback, privi di diritti intellettuali, c’è stato un miglioramento nell'output grazie agli algoritmi deep learning che migliorano: più il prodotto viene utilizzato e gli utenti danno feedback, più vengono inseriti nuovi database, nuove sorgenti di conoscenza, e più l'algoritmo si perfeziona. Sistemi che sono sempre più affinati e funzionali.

Quali sono i principali vantaggi che l’adozione dell’AI offre ai suoi clienti in termini di competitività?

Riduzione dei tempi di sviluppo, assistenza al processo di creazione e collaborazione virtuale. Ci sono delle start-up che stanno lavorando sull’identificazione di trend: si basano sul fatto che alcune tecnologie hanno dei pattern nel passato e, data la mole di dati e la complessità dello scenario molto ampia, l’essere umano non riesce a individuare questi pattern. L’IA, masticando a una certa velocità tutti questi dati, riesce a fornire dei trend.

L’introduzione dell'intelligenza artificiale può stimolare una riedizione del concetto di Human Centered Design, tenendo più in considerazione l'utente finale?

Noi facciamo un massiccio impiego dell'approccio design thinking. Su progetti complessi o che prevedono innovazioni radicali bisogna partire dalle esigenze, dal problem framing, dal design thinking. Su questo tipo di indagini con componenti psicologiche, il valore aggiunto dell’essere umano sulla macchina è ancora insostituibile. Difficile, ad esempio, pensare che dei software basati sull’AI attraverso delle interviste qualitative riescano a scavare così a fondo come farebbe un essere umano, fornendo degli input utili alla generazione di un progetto.

Anche se so che ci sono anche delle IA che fanno supporto psicologico: chatbot basati su IA validati dagli psicologici.

Ciò che l’AI non può ancora sostituire è l’empatia. Per questo oggi è utile insegnare non soltanto le STEM ma anche le materie umanistiche, attraverso le quali è possibile apprendere soft skills come l’empatia, ossia competenze “immateriali” su cui i robot fanno più fatica ad attrezzarsi.

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