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Città e borghi d'arte una ricchezza diffusa I1 viaggio alla ricerca di bellezza e creatività nel 2023 ha mosso oltre il 40% dei flussi per un indotto di 40,7 miliardi, il 48,1% del totale. Lorena Credaro, presidente di Isnart: «Ma il turismo non va declinato solo in termini di presenze. Il vero valore è il territorio» adova è caso esemplare. Ha ricevuto nel 2021 il riconoscimento Unesco per i Cicli di affreschi del XIV secolo. Nel 2022 ha visto crescere le presenze turistiche del 41% sull'anno precedente, poi salite di un ulteriore 16% nel 2023. «La presenza di un bene patrimonio Unesco dona alle destinazioni senza dubbio un plus in termini di visibilità e di atti attività: non a caso, dalle nostre indagini, emerge come nell'estate di quest'anno il 37% dei turisti italiani e stranieri abbiano visitato almeno un sito», sottolinea Loretta Credaro, presidente di Isnart, Istituto nazionale ricerche turistiche. Subito una riflessione: «Va detto che, per troppo tempo, il turismo è stato declinato solo in termini di presenze. Un approccio che rischia di mettere in secondo piano il suo vero valore che è il territorio stesso e il suo aprirsi a nuovi mercati. E l'Italia è un mosaico di territori da valorizzare». Destinazione cultura. Se ne è parlato a Pesaro 2024, Capitale italiana della cultura, all'evento a tema di Impresa Cultura Italia Confcommercio. Un quesito a monte, posto dal presidente Carlo Fontana: «Viene prima il turismo o la cultura? Io sono dell'idea che cultura e turismo siano la stessa faccia di due entità diverse e nessuna delle due sia superiore all'altra». Ripartiamo da qui. Un altro dato ancora. «Negli ultimi dieci anni -aggiunge la presidente Credaro-, la motivazione di vacanza legata alla fruizione del patrimonio culturale è passata dal settimo al primo posto, facendo presa soprattutto sulla domanda turistica internazionale, che è il 55,5%, e su quella più alto spendente». La bellezza e la creatività come volàno di ricchezza economica, ma anche di connessione sociale. Dalle grandi città ai piccoli centri. I dati elaborati da Isnart per l'Osservatorio sull'Economia del turismo dicono che il turismo nelle città d'arte muove il 40,4% dei flussi stimati in Italia nel 2023, oltre 344 milioni di presenze, per un indotto di 40,7 miliardi di euro, il 48,1% del totale. «Risulta nei fatti - sottolinea Credaro -come il turismo culturale sia il vero e strategico posizionamento della filiera turistica italiana». Tra rischio overtourism e richiesta di una sempre maggiore sostenibilità. «Quando si parla di overtourism - spiega la presidente - è importante fare un primo distinguo tra grandi città d'arte come Roma, Venezia, Firenze e le destinazioni cosiddette minori. Prendiamo il caso della Capitale che si appresta ad accogliere, per il Giubileo 2025, 35 milioni di turisti. La capacità ricettiva di Roma è oggi caratterizzata da un tasso medio di assorbimento degli arrivi pari al 66%. Con 105 milioni di presenze stimate complessivamente nel corso dell'anno, ovvero il doppio delle attuali, è praticamente certo il rischio dell'overbooking». Da rischio a opportunità, allora, in ottica di «decentralizzare molti dei flussi verso la macroarea che va dal resto della regione all'Umbria, fino all'Abruzzo». Il tema della sostenibilità è al centro, ormai «importante leva di marketing per imprese e territori, in particolare per la domanda "millennial", quella più alto spendente e interessata al cosiddetto turismo esperenziale». Destagionalizzare e reindirizzare. «Già oggi il turismo rappresenta un volàno di sviluppo economico e sociale per le aree interne: tra il 2019 e il 2023, gli arrivi sono cresciuti del 6,9%, contro 1'1,3% nel resto del Paese. Anche il dato di permanenza media risulta più alto: 4 notti contro 3, a conferma del fatto che questi territori offrono un mix tra qualità dell'offerta percepita e costo dell'esperienza assolutamente competitiva. Un potenziale di mercato che, secondo le nostre stime, vale 23 miliardi di euro, il 38% circa del totale speso dai turisti nel nostro Paese nel 2023. Se saremo bravi a riorientare parte degli attuali flussi, probabilmente parleremo meno di disagi da overtourism e più di rinascita turistica di tanti nostri borghi a rischio desertificazione sociale ed economica», spiega la presidente. Impatto anche in termini di occupazione. Oltre la pandemia. «La filiera turistica ha evidenziato una notevole forza anticiclica - aggiunge Credaro - Dai dati del Registro Imprese emerge come le imprese attive siano cresciute negli ultimi 10 anni dell'll,7%, mentre nel resto dell'economia sono calate del 4. Questo settore, poi, gioca un importante ruolo sociale, contribuendo a mitigare le differenze di genere e garantendo occasioni di crescita economica a fasce che storicamente hanno maggiori difficoltà a entrare nel mondo del lavoro: penso alle donne, ai giovani e alle comunità straniere, vere protagoniste di una nuova imprenditorialità turistica». IL MOLTIPLICATORE La cultura come attivatore di economia. Ricostruisce il rapporto Io sono cultura 2024 - di Symbola, Unioncamere, Centro studi Tagliacarne e Deloitte - come cresca il sistema produttivo culturale e creativo, che nel 2023 conta 104,3 miliardi di euro di valore aggiunto (+5,5%) e 1,5 milioni di addetti (+3,2%). Con un moltiplicatore di 1,8 in settori economici diversi, come i trasporti e il turismo appunto, si generano altri 192,6 miliardi di ricchezza, portando il valore aggiunto complessivo a 296,9 miliardi. Economia e cultura, sinergia che «valorizza l'identità regionale, contribuendo al rafforzamento del posizionamento del territorio a livello nazionale e internazionale», ha sottolineato Roberta Angelilli, vicepresidente di Regione Lazio, facendo il punto al primo Festival dell'economia della cultura organizzato da Lazio Innova a Viterbo e a Zagarolo. Obiettivo, proprio promuovere il ruolo della produzione culturale e creativa come volàno sociale ed economico. Ma anche in termini di «diplomazia culturale, strumento di crescente importanza nelle relazioni internazionali e l'Italia, grazie a un poderoso patrimonio materiale e immateriale, è all'avanguardia», è stata una delle riflessioni di Alessandro de Pedys, direttore generale per la Diplomazia pubblica e culturale del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale. Occasione di sviluppo capillare. «È determinante - sottolinea il rettore Stefano Libertini, che al Festival ha portato l'esempio dell'Università della Tuscia - In tutto il Paese ci sono aree interne con valori artistici, storici e culturali incommensurabili. L'opportunità è valorizzare queste aree creando connessioni con i grandi centri urbani. Nel nostro caso, l'opportunità è avere Roma a 70-80 chilometri. Certo, l'altro problema delle aree interne sono poi i collegamenti, scarsi». Un esempio ancora di valorizzazione, dagli atenei. «Una Università come la nostra, ma ce ne sono altre nelle aree interne del Paese, crea un'ulteriore valorizzazione con campus diffusi dove studiare in ambienti tranquilli, non appesantiti da frenesia, affollamento e alti costi. Possono esserci centri di ricerca, istituti culturali, luoghi di lavoro in grado di creare residenzialità». Aggiunge Libertini: «Negli Stati Uniti sono state realizzate università come cittadine sullo stile medievale. Noi le abbiamo già, vere. Da quando abbiamo investito sui corsi internazionali, nel 2019, l'Università della Tuscia conta 1.000-1.500 studenti da oltre 50 Paesi nel mondo. Nella sede dell'ex monastero di Santa Maria in Gradi, i ragazzi vengono a studiare anche attratti da questo tipo di realtà». Alessandro Ruggieri, professore ordinario di Management della qualità e della sostenibilità all'Università della Tuscia, incrocia dati e riflessioni. Calcola Io sono cultura che nella sua accezione più ampia il macro settore cultura partecipa al 15,8% dell'economia nazionale, con ricadute importante sui territori. In Lombardia si è generato nel 2023 un valore aggiunto di 29,2 miliardi. Nel Lazio di 15,4 miliardi. Nel Veneto di 9,4. Patrimonio storico, design, arti visive, software, videogiochi. «Quella culturale e creativa è un'industria che comprende molti ambiti e i dati dimostrano come anche i diversi settori contribuiscono in modo significativo al Pil nazionale» spiega Ruggieri. Impatto sociale, dicevamo. «La ragione più semplice è legata al turismo sottolinea - La seconda ragione è la coesione territoriale: se le grandi città hanno bisogno di armonizzare, le aree interne o vicine alle realtà maggiori possono sviluppare economia culturale non solo in termini di turismo ma di eventi, senso di appartenenza e promozione in forma associativa degli eventi. Un processo che include le fasce deboli e meno agevolate». E passa per l'innovazione. E così che sempre più imprese ci investono. Ricostruisce lo studio Economia della Bellezza 2024 di Banca Ifis come arte e cultura siano asset strategici per la competitività: le imprese italiane che investono nel settore sono 732, producono nel complesso 192 miliardi di ricavi annui e registrano una produttività superiore di 1,4 rispetto alla media, che sale a oltre 3 nel settore bancario.

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Destinazione cultura città e borghi d'arte, un'occasione di ricchezza diffusa | Il Messaggero

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