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In termini di eco-efficienza – sintesi dei quattro indici[1]  –  l’Italia si colloca in ottima posizione, in linea con quanto osservato negli anni precedenti. Con un indice pari a 129,7, il nostro Paese supera ampiamente la soglia comunitaria (100,0), collocandosi nell’area medio-alta della graduatoria. Questo risultato conferma la tradizione di un sistema produttivo capace di generare valore contenendo consumi energetici, materiali, rifiuti ed emissioni. L’Italia si posiziona davanti a economie di riferimento come la Francia (118,0) e la Spagna (120,4), avvicinandosi alla Germania (131,1).

In termini di eco-tendenza[2] l’Italia si colloca in penultima posizione, con un valore di 83,1 superiore solo a quello svedese (Figura 1). Ciò segnala come, nonostante l’elevata efficienza ambientale delle produzioni, il nostro Paese abbia comunque fatto fatica a tenere il passo degli altri, maggiormente protesi verso un futuro più sostenibile, almeno in ambito produttivo. Il profilo che emerge per l’Italia, quindi, è quello di un’economia strutturalmente efficiente che necessita di un continuo sostegno degli investimenti in tecnologie pulite, innovazione e politiche di accompagnamento alla transizione.

L’Italia mostra un andamento dell’indicatore relativo alla fase di input riguarda l’utilizzo di materia a fini di produzione, da 320 nel 2013 a poco meno di 230 tonnellate per milione di euro prodotto nel 2023, registrando un miglioramento significativo a partire da livelli già relativamente contenuti (Figura 6).

Anche in questo caso, il risultato nazionale si fonda su un modello produttivo basato su attività manifatturiere a minore intensità di input e su una crescente diffusione del riciclo che premia la circolarità e l’efficienza nell’uso delle risorse. Una strada da perseguire, ancora, soprattutto per via della necessità di ridurre ulteriormente la dipendenza da risorse estere che da sempre caratterizza l’economia italiana e quella europea.

Quale che sia la base dati, l’Italia risulta il Paese europeo con il più alto tasso di avvio a riciclo dei rifiuti totali (urbani e speciali).[3] Secondo l’indicatore Eurostat aggiornato al 2023, il tasso di riciclo (operazioni di riciclo di materia, recupero biologico e backfilling di materiali inerti) dell’Italia è pari a 92,6%, quello della Francia raggiunge l’81,5%, quello di Germania e Spagna è pari al 75,5%, mentre la media europea è pari al 60%.[4] L’Italia ha quindi un tasso di riciclo che è ancora il più alto d’Europa (tranne qualche microstato) superiore di 33 punti percentuali alla media europea, di 17 punti alla Spagna e alla Germania, di 11 alla Francia. Non solo. Anche se con un leggero arretramento rispetto al 2022, l’Italia è uno dei Paesi europei che dal 2013 al 2023 – nonostante un tasso di riciclo già elevato – ha comunque migliorato le sue prestazioni: nel decennio l’Italia cresce di 6,6 punti percentuali, meno della media UE (+ 10,6 punti percentuali) e della Spagna (+ 20,4 punti percentuali), ma più di Germania (+1,9 punti), e Francia (+4,5 punti) (fig 10).

I dati sul tasso di uso di materia circolare [5]  - calcolato come la percentuale di rifiuti riciclati sul totale di materia consumata - mostrano che, nel 2023, in Italia il 20,8% di materia consumata proviene da materia seconda (riciclo di rifiuti), il più alto valore in Europa dopo l’Olanda. Gli altri grandi Paesi europei hanno tassi di uso di materia circolare variabili tra il 17,6% della Francia e l’8,5 della Spagna. La prestazione dell’Italia è superiore di oltre il 75% rispetto alla media UE-27, che consegue nel 2023 un tasso di uso di materia circolare dell’11,8%. Negli ultimi 10 anni, il tasso di uso di materia circolare in Italia  è cresciuto del 30%, rispetto al 5% della media UE, un incremento senza eguali tra i grandi Paesi europei. (Fig 11).

 

[1] Data dalla media geometrica dei valori per unità di prodotto rapportati ai valori medi dell’Unione europea.
[2] Media geometrica dei numeri indice di ciascun Paese rispetto agli stessi registrati dall’Unione europea.
[3] Nel 2022, ultimo anno per cui si può fare un confronto, secondo la base dati Eurostat “env_wassd” il tasso di riciclo (backfilling incluso) dell’Italia è pari al 93,4%, mentre secondo la base dati “env_wastrt” è pari al 85,9%; a livello UE i valori sarebbero rispettivamente del 60,5% e del 55,4%.
[4] Per le diverse metodologie e normative presenti nei vari Stati membri, il tasso di riciclo deve essere considerato integrando recupero di materia e recupero biologico (compostaggio e digestione anaerobica), ma anche i rifiuti minerali (essenzialmente inerti da costruzione e demolizione) avviati a interventi di riempimento per sottofondi stradali e recuperi paesistici (il cosiddetto“backfilling”). I rifiuti inerti trattati per il recupero sono in Italia (e in alcuni altri Paesi, come l’Olanda) considerati come “riciclo”. In altri Paesi, ad esempio la Germania, una parte consistente di questi rifiuti recuperati è invece considerata come “backfilling”. Senza considerare il backfilling il differenziale tra il tasso di riciclo dell’Italia e quello di altri Paesi – già molto alto - diventerebbe abissale: nel 2023 avremmo un tasso di riciclo dell’Italia pari al 92,4% contro un tasso di riciclo della Germania solo del 45,4%.
[5] Misurato da Eurostat come rapporto tra i rifiuti riciclati (meno le importazioni + le esportazioni per il riciclo) e il consumo domestico di materia (+ le materie seconde usate). L’indicatore è basato su Eurostat “Circular material use rate (env_ac_cur)”. Il criterio di calcolo, escludendo le importazioni di materia seconda impiegate nel Paese, penalizza il risultato dell’Italia poiché grande importatore di materia seconda. I valori degli anni precedenti al 2023 sono stati revisionati da Eurostat, con cambiamenti importanti per vari Paesi, tra cui Italia e Francia.

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