Cara Elisabetta,
i nostri piccoli comuni possono svolgere un ruolo importante nel Pnrr e nel Next Generation EU a patto di guardare l'Italia con occhi meno pigri e distanti. Coesione e inclusione, transizione verde, innovazione e digitale sono infatti i temi che l'Europa pone al centro delle proprie politiche per affrontare la pandemia e la crisi climatica, puntando su un'economia di stampo umanistico e per questo più capace di futuro. Sono temi che hanno molto a che vedere con le nostre comunità, i nostri territori. Ne abbiamo parlato nell'incontro conclusivo del IX Festival della Soft Economy della Fondazione Symbola, organizzato con il Manifesto di Assisi di cui sono portavoce assieme all'amico padre Enzo Fortunato. Un incontro intenso cui hanno partecipato, oltre ai ministri Dario Franceschini e Mara Carfagna, molti dei protagonisti della lunga campagna che ha portato nella passata legislatura all'approvazione delle legge 158/2017 per la valorizzazione dei piccoli comuni a mia prima firma. Una legge che, approvata a larghissima maggioranza, rimane ampiamente inapplicata, nonostante contenga strumenti utilissimi per il nostro futuro.
Già oggi i nostri borghi presentano spesso esempi di un'economia più a misura d'uomo in tanti campi dal turismo, al Made in Italy, all'agricoltura di qualità. I piccoli comuni sono 5521 su un totale di 7977 ed hanno a che fare con il loro territorio il 92% delle produzione Dop e Igp e il 79% dei vini più pregiati, come risulta dal rapporto «Piccoli comuni e tipicità» di Coldiretti e Fondazione Symbola.