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Contributo realizzato in collaborazione con Pierangelo Soldavini – Giornalista esperto di tecnologia e innovazione, Sole 24 Ore

Per una banca fare la banca non basta più. Come accade in diversi settori economici, il digitale ha prodotto un generale abbassamento delle barriere d’accesso e un’integrazione delle competenze che finisce per sciogliere i confini tra mercati. Questo è tanto più vero per un ambito come quello dei servizi bancari, che è chiamato a superare i contorni delle attività tradizionali, finendo per confrontarsi con un incremento della competizione con l’ingresso nell’arena di nuovi attori. Al contempo, si assiste a una perdita progressiva della centralità della filiale fisica, ma in qualche modo anche di quella virtuale in-app, come luogo dove agganciare e servire i clienti, che si tratti di cittadini o, tanto più, per quanto riguarda le imprese.

Sia pur in un ambito tutelato e rigidamente regolamentato come quello finanziario, le aziende si trovano ad avere a disposizione una scelta più articolata e ampia di servizi, ma soprattutto sono assorbite in un clima di forte complessità, in rapida e continua evoluzione, di fronte al quale sono in preda a un crescente disorientamento, ben superiore rispetto a quello in cui un imprenditore si trova solitamente a operare. Si tratta infatti di una complessità che coinvolge diversi aspetti affondando le sue radici in un quadro geopolitico che negli ultimi anni si confronta con scenari di conflitto e di confronto che hanno irrigidito le supply chain mondiali, fondamentali per un’economia, come quella italiana, basata sulla trasformazione e sull’export e che ora deve fare i conti con violente tensioni commerciali che configurano un brusco e inatteso ritorno al protezionismo in tutto il mondo, che mette in discussione l’apertura all’insegna della globalizzazione che ha caratterizzato gli ultimi decenni.

È un quadro geopolitico talmente incerto nelle sue evoluzioni da avere effetti imprevisti e imprevedibili anche sullo scenario economico, tali da rendere inaffidabile qualsiasi tipo di previsione, in termini di inflazione, crescita dei mercati, costi delle materie prime, tassi di interesse, sia sul breve che sul più lungo termine. A questo si devono aggiungere anche gli effetti di un quadro normativo che, soprattutto in Europa, risulta particolarmente stringente, su fronti cruciali come la privacy, la fiscalità e la sostenibilità, ma che rischia di trasformarsi rapidamente sotto la spinta delle pressioni politiche.

Come se non bastasse, a complicare ulteriormente il quadro è la continua e rapida evoluzione della tecnologia che costringe le aziende a tenersi al passo e confrontarsi con innovazioni che faticano a comprendere, ma che si potrebbero rivelare decisive per il loro conto economico e per la loro competitività. Quello ricompreso sotto l’etichetta di trasformazione digitale è un cambiamento continuo che mette gli imprenditori di fronte a scelte tecnologiche e a investimenti che non sempre hanno impatti sul breve periodo e che devono essere valutati attentamente. L’intelligenza artificiale è l’esempio chiaro del nuovo paradigma che coinvolge le aziende in questi ultimi anni, rendendo, se possibile, ancora più elevato il grado di complessità operativa.

In questo scenario l’intera relazione tra banca e impresa si fa via via più variegato e interconnesso, andando oltre il semplice credito alle imprese, che comunque rimane fondamentale. Ma sempre più questa relazione si dipana secondo una logica di ecosistema in cui l’impresa è inserita, all’interno del quale anche la banca assume un nuovo ruolo, all’insegna dell’affiancamento “gentile” e della creatività in terreni inesplorati. Questo accompagnamento si inserisce in una logica sempre più improntata a un approccio multicanale attraverso cui si concretizza la vicinanza nei confronti delle realtà imprenditoriali. Tradizionalmente le banche hanno un forte radicamento territoriale, attraverso una presenza capillare e una sensibilità consolidata: in una realtà variegata e sempre più ibrida, questa vicinanza non può che andare sviluppandosi attraverso gli strumenti digitali che abilitano quella velocità e quella agilità cruciale anche per le imprese, senza però abbandonare la prossimità fisica che si estrinseca attraverso la rete di filiali, che rimane cruciale. Sempre comunque in una logica fluida e frictionless, in un flusso unico e indistinto.

“Il tuo futuro è la nostra impresa”, sintetizza in maniera efficace, giocando sui termini, il programma lanciato da Intesa Sanpaolo per affiancare, non a caso, PMI e aziende di minori dimensioni per aiutarle a individuare buone performance in grado di sviluppare strategie sostenibili e di lungo termine. Il programma mette a disposizione 120 miliardi di euro al 2026 per accompagnare la progettualità delle imprese a tutto tondo, affrontando i nodi della transizione 5.0 e di quella energetica, dello sviluppo di nuovi mercati, della digitalizzazione, fino a temi specifici, ma molto sensibili, come la cybersecurity.

Anche UniCredit prosegue con il suo piano “UniCredit per l’Italia”, con una componente interamente dedicata alle imprese composta da un pacchetto di soluzioni finanziarie, assicurative e consulenziali mirate ad aiutare le piccole e micro imprese italiane a crescere, affrontare la transizione e, alla fine, diventare più competitive, con focus sulla transizione ESG e sui settori dell’agribusiness e del turismo.

La banca si trova quindi a entrare nell’ecosistema di imprese che non si muovono più come monadi, ma all’interno di community integrate, facendosi carico di un ruolo che punta a sciogliere le complessità, con soluzioni ispirate alla concretezza e alla semplicità. D’altra parte, se è vero che i player alternativi del fintech non sembrano aver fatto breccia mettendo in discussione il ruolo tradizionale delle banche nell’accesso al credito, è anche vero che il credito delle banche al sistema industriale è su una china calante, mentre le formule alternative di finanziamento – dalla Borsa al private equity ai bond – non sfondano tra le imprese. Per le banche diventa quindi cruciale questo affiancamento delle imprese equiparabile a una forma di credito surrettizio, andando anche a controllare e ridurre il profilo di rischio delle imprese, salito di fronte alla crisi e al calo del costo del denaro più lento del previsto.

Peraltro qualche insidia sul fronte dei nuovi player si evidenzia comunque. Un attore come TeamSystem, specializzato nel software, ha approfittato della sua presenza capillare nei gestionali delle PMI per allargarsi offrendo servizi integrati di contabilità e accesso al credito, grazie all’ottenimento di licenze specifiche per i servizi finanziari, entrando di fatto nel business bancario.

In uno scenario in cui la corporate finance si va sviluppando sempre più in un’ottica di supply chain finance, la finanza di filiera si conferma come il sistema che si va consolidando per le imprese come strumento abilitante per il supporto in termini finanziari di reti di aziende legate da vincoli di fornitura, grazie a garanzie che vanno a semplificare il processo di credit scoring per il sistema bancario. La supply chain finance si va evolvendo, andando oltre gli strumenti tradizionali come il factoring, puntando su metodi innovativi come il confirming che agisce come facilitatore per l’accesso al credito dei fornitori che beneficiano dello standing creditizio della capofiliera. Un caso peculiare di finanza di filiera è rappresentato dal finanziamento di Intesa Sanpaolo a ICAM, società specializzata nella produzione di cioccolato, finalizzato a rafforzare gli investimenti sui mercati internazionali in un contesto di rialzo dei prezzi delle materie prime, con effetti su competitività e sostenibilità grazie a un focus specifico sulle catene di approvvigionamento e all’adozione di pratiche agricole più efficienti, con una soluzione che ambisce a integrare la relazione consolidata negli anni con le cooperative di fornitori con gli aspetti legati alla sostenibilità e alla geopolitica. Una prima tranche da 30 milioni di euro per l’espansione all’estero è stata fornita da Intesa Sanpaolo con garanzia SACE Futuro, più altri 56 milioni di euro – di cui 40 destinanti all’ingrandimento dello stabilimento produttivo e 16 al rifinanziamento del debito per migliorare la stabilità patrimoniale dell’impresa – sono arrivati da un pool di istituti bancari. In questo caso il ruolo di Intesa Sanpaolo è stato anche di coordinamento e ha permesso di accelerare i tempi dei finanziamenti, segnando un’evoluzione verso la coesione nelle relazioni tra banca e cliente.

D’altra parte proprio la sostenibilità, soprattutto sotto il profilo della compliance regolamentare, rappresenta uno degli snodi di quella complessità che alimenta il disorientamento delle imprese. Da tempo tutte le banche hanno avviato programmi di affiancamento sulla reportistica specifica e sull’adeguamento agli standard richiesti a livello di CSRD europea, con percorsi che devono fare i conti con i cambiamenti intervenuti a livello europeo nei primi mesi dell’anno per mitigare l’impatto per il business di fronte ai criteri ESG, con iniziative che puntano anche sempre più al miglioramento della misurazione e delle performance in ambito sostenibile a tutto tondo. Così sempre Intesa Sanpaolo ha siglato un accordo con Acea finalizzato a supportare le iniziative di aziende e operatori della filiera idrica nella gestione efficiente dell’acqua nei processi produttivi.

La sfida green è uno dei cardini della strategia di accompagnamento anche per Credem, con il Sustainability Linked Loan, che prevede un vantaggio economico legato al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità predeterminati e misurabili.

L’affiancamento si è esteso anche agli aspetti tecnologici che in misura crescente rappresentano un ostacolo per le aziende, sotto il profilo operativo ma anche finanziario. La stessa Credem, attraverso la sua tech company Credemtel, offre soluzioni specifiche per la digital transformation, ottimizzando processi amministrativi, organizzativi e finanziari. Un esempio concreto è il progetto realizzato per Caleffi Hydronic Solution, azienda attiva nella componentistica per impianti di riscaldamento, raffrescamento e tecnologie a energia rinnovabile che Credemtel ha guidato nel percorso di digitalizzazione del procurement, implementando la piattaforma collaborativa che permette di gestire il flusso comunicativo con tutti i fornitori qualunque siano le loro dimensioni, livelli organizzativi o competenza tecnologica in logica data-driven.

Nell’ambito del Laboratorio ESG di Intesa Sanpaolo è partita dalle Marche un’iniziativa mirata all’impatto di una tecnologia cruciale come l’intelligenza artificiale sulle risorse umane e sulla loro formazione. Da parte sua UniCredit rilancia l’iniziativa Open-es di supporto alla transizione in chiave sostenibile, con la conclusione di una partnership con Eni per dare vita a un progetto di sistema che coinvolge più di 10mila aziende per rafforzare la collaborazione tra imprese accompagnandole nella misurazione e nel miglioramento della propria performance ESG. Su questi aspetti, dal digitale alla formativa all’ESG, le banche sono chiamate a svolgere un servizio concreto di education delle imprese.

Un ultimo aspetto in cui si va espandendo l’affiancamento alle imprese è quello del supporto delle eccellenze del made in Italy. In considerazione della sua presenza territoriale, Credem ha un occhio di riguardo per il settore agroalimentare, ambito in cui propone finanziamenti assistiti da pegno rotativo non possessorio su merci, una soluzione che consente di trasformare i prodotti DOP e IGP stoccati in magazzini e cantine, a partire dalle forme di parmigiano reggiano, in nuovo credito per le filiere produttive locali, senza doverli spostare. In ambito tessile, Gruppo Sella mette a disposizione il suo ecosistema di innovazione a favore di MagnoLab, rete di imprese biellesi del settore, con l’obiettivo di accelerare lo sviluppo nel segno dell’open innovation.

Dando seguito al progetto “Economia della Bellezza”, Banca Ifis ha annunciato di essere al lavoro su un “Venezia Bond”, nuovo strumento finanziario a servizio dell'economia e dell'artigianato veneziano per sostenere piccole aziende e artigiani che hanno subito il contraccolpo di inflazione e alti tassi. L’obiettivo è sostenere il made in Italy per consentire all’Italia e alle sue imprese di mantenere elevata la competitività internazionale.

In fin dei conti, dal futuro dell’impresa dipende anche quello della banca.

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