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Dopo la frenata registrata nel 2023, nell’ultimo anno i posti di lavoro verdi – i cosiddetti green job – hanno ripreso a correre anche in Italia: sono 3,3 milioni, il 13,8% di tutti gli occupati. Il dato emerge dall’edizione 2025 di GreenItaly, l’ormai storico report curato dalla fondazione Symbola insieme a Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne.

Arrivato alla 16esima edizione, il rapporto documenta che nel 2024 i green job italiani sono in crescita a quota 3.298mila unità, segnando così +4,3% (+135mila unità) rispetto al 2023, con una quota sul totale degli occupati pari al 13,8%. Il risultato complessivo nell’ultimo biennio vede un consolidamento del dato sia assoluto sia relativo registrato nel 2022, con l’auspicio che quest’ultima rilevazione possa rappresentare una solida base da cui far partire nell’immediato futuro un virtuoso processo di crescita. Con riferimento alla distribuzione regionale dei green jobs, lo scenario resta pressoché immutato anche nel 2024, con l’affermazione del Nord-Ovest con il 32,8% del totale nazionale, seguito dal Nord-Est (23,6%), dal Mezzogiorno (23,1%) ed infine dal Centro (20,5%); unica area, quest’ultima, a segnare una flessione, seppur lieve, di lavoratori verdi rispetto all’anno precedente (-0,5%; +6,2% per il Nord-Ovest ed il Nord-Est; +4,0% per il Sud e Isole).

«I dati del 16° rapporto GreenItaly confermano la concretezza dell’invito del presidente Mattarella a fare della transizione verde e della decarbonizzazione un importante fattore di competitività. C’è un’Italia che può essere protagonista con l’Europa alla Cop30 a Belèm: fa della transizione verde un’opportunità per rafforzare – dichiara il presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci – l’economia e la società. Nel rapporto GreenItaly si coglie un’accelerazione verso un’economia più a misura d’uomo che punta sulla sostenibilità, sull’innovazione, sulle comunità e sui territori. La burocrazia inutile ostacola il cambiamento necessario, ma possiamo farcela se mobilitiamo le migliori energie del Paese senza lasciare indietro nessuno, senza lasciare solo nessuno, come recita il Manifesto di Assisi, promosso dalla fondazione Symbola e dal Sacro Convento».

Inoltre, nel periodo 2019-2024 sono state 578.450 le imprese extra-agricole che hanno effettuato eco investimenti pari al 38,7% del totale ovvero più di 1 impresa su 3. Nelle prime cinque regioni per numero di imprese che hanno effettuato investimenti green sono concentrate ben il 53,1% delle imprese che nel periodo esaminato hanno realizzato eco-investimenti (era il 52,2% nel periodo 2019-2023); oltre alla Lombardia, si confermano in questo gruppo il Veneto (54.970 imprese eco-investitrici), il Lazio (50.960 unità), la Campania (50.890 unità) e l’Emilia-Romagna (47.640 unità); nella graduatoria provinciale, anche nel periodo 2019-2024 continua il testa a testa tra le città metropolitane di Roma e Milano, rappresentative rispettivamente del mondo dei servizi e dell’industria.

«La transizione green non è più soltanto una scelta etica o ambientale: è il nuovo spazio dove si misurano competitività, produttività e capacità industriale dei Paesi – argomenta il presidente di Unioncamere, Andrea Prete – Oggi lo vediamo con chiarezza: le imprese che investono con oculatezza e concretezza in tecnologie net-zero, dall’efficienza energetica ai materiali circolari, dai sistemi fotovoltaici di nuova generazione all’idrogeno, non solo riducono le emissioni ma performano meglio. Nostre analisi recenti mostrano che le aziende europee che detengono brevetti in tecnologie green strategiche registrano in media un livello di produttività più alto del 17%, e questo effetto è ancora più marcato nei settori tradizionali. Il green, quindi, può rappresentare un moltiplicatore di valore. Il vero limite oggi -ha sottolineato il presidente- non è la volontà delle imprese, che in Italia stanno dimostrando di credere nella sostenibilità come leva di crescita, ma la disponibilità di professionisti qualificati. Le imprese incontrano difficoltà di reperimento per oltre la metà dei profili green jobs ricercati, e questo blocca gli investimenti. Per questo la sfida non è “se” fare la transizione, ma “come” farla diventare un fattore di competitività nazionale».

Nonostante gli strali del Governo Meloni, perseguire la transizione ecologica è nel primario interesse del nostro Paese. Come chiave di competitività e innovazione, per ridare fiato a filiere in affanno dall’automotive all’edilizia – l’analisi Unioncamere delinea un fabbisogno complessivo di 4 milioni di lavoratori con competenze green per il quinquennio 2025-2029 – ma anche per proteggerci dai sempre più devastanti impatti della crisi climatica in corso, che incrementa l’impatto e la frequenza degli eventi meteo estremi. Basti osservare che l’analisi Unioncamere delinea un fabbisogno complessivo di 4 milioni di lavoratori con competenze green per il quinquennio 2025-2029, destinato a coinvolgere ben due terzi del fabbisogno occupazionale del Paese: operai specializzati nel settore costruzioni, specialisti delle scienze gestionali, commerciali e bancarie, ingegneri, chimici e molte altre figure professionali.

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In Italia il lavoro verde è tornato a crescere, gli occupati sono 3,3 milioni: il 13,8% del totale | Greenreport.it

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