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di Domenico Sturabotti e Alessandro Magini

Come nasce il Gruppo Caviro?

Caviro nasce nel 1966 da una intuizione del mondo agricolo di allora, che aveva portato i coltivatori a unirsi per valorizzare le uve del territorio e i sottoprodotti generati dal processo di vinificazione. Attraendo sempre nuovi soci, siamo diventati oggi la prima cantina d’Italia.

Oggi il Gruppo Caviro è infatti tra i principali player mondiali del settore vitivinicolo. Come siete strutturati? Quali sono le dimensioni del gruppo?

Siamo una cooperativa di secondo grado, con 28 soci di cui 26 cantine situate in 7 regioni d’Italia, cui conferiscono 11.100 viticoltori per oltre 600.000 tonnellate di uva, l’8,5% di tutta l’uva prodotta nel nostro Paese. Sono 37.500 gli ettari coltivati, circa il 5% della superfice vitata nazionale. Lavoriamo circa 175 milioni di litri di vino all’anno, esportiamo in oltre 80 Paesi cercando di diversificare i prodotti per incontrare i gusti dei mercati internazionali.

Oltre ad essere la più grande cantina d’Italia, siete anche noti per essere una “cantina sostenibile”. Tra le varie aziende del Gruppo Caviro, ad esempio, c’è Enomondo, una partnership con Hera Ambiente per la produzione di energia green da fonti organiche. Come funziona?

Assieme ad Enomondo, partecipata al 50% da Herambiente SpA e al 50% da Caviro Extra SpA, recuperiamo circa 600.000 tonnellate di scarti all’anno e li trasformiamo in prodotti nobili, energia e ammendanti per l’agricoltura. Siamo un punto di riferimento per il recupero di reflui del settore agroalimentare e per il recupero di sfalci e potature del verde pubblico e privato. In particolare i frammenti legnosi, una volta puliti, sminuzzati e selezionati, diventato una biomassa combustibile che trasformiamo in energia termica ed elettrica, per l’autoconsumo e la pubblica utilità attraverso l’immissione in rete. La parte costituita dagli sfalci d’erba e dal terriccio, invece, viene compostata e torna in natura sottoforma di ammendante compostato verde. Al termine di tutti questi processi, soltanto lo 0,4% di tutto ciò che entra viene conferito a smaltimento.

Quella di Enomondo è però soltanto la parte finale della chiusura di un cerchio. Oltre alle dimensioni, infatti, uno dei punti di forza del Gruppo Caviro è sicuramente quello di aver realizzato un ciclo virtuoso in cui ogni scarto e sottoprodotto della vinificazione viene trasformato in un nuovo prodotto. Come funziona questo ciclo a partire dal processo di vinificazione?

Il processo di vinificazione genera residui, ovvero fecce e vinacce, e mosti. Questi ultimi confluiscono nel mercato dell’aceto balsamico, in quello enologico ed alimentare in generale. Dalle vinacce, estraiamo alcol, enocianina - un colorante naturale utilizzato dall’industria alimentare - e i vinaccioli, da cui si ricavano i polifenoli, antiossidanti impiegati per uso nutraceutico e cosmetico. Infine, la vinaccia esausta, da cui abbiamo estratto tutto, diventa biomassa combustibile. Dal processo di combustione si generano le ceneri che vengono impiegate per la produzione di sottofondi stradali e conglomerati cementizi.

E dalla feccia? Cosa si ottiene?

Le fecce vengono lavorate per estrarre alcol e tartrato di calcio, da cui si ottiene l’acido tartarico. Se all’estero, soprattutto in Cina, l’acido tartarico è ottenuto da processi di sintesi chimica, il nostro è un acido tartarico completamente naturale e siamo tra i leader mondiali con una produzione di circa 4.000 tonnellate all’anno. Si tratta di un prodotto che grazie alle sue proprietà viene impiegato in una moltitudine di ambiti: farmaceutico, dove diventa l’eccipiente per sprigionare il principio attivo del medicinale, nel settore alimentare, utilizzato come agente lievitante e conservante, in ambito enologico, dove viene impiegato come correttore dell’acidità del vino, nel settore dell’edilizia, utilizzato come ritardante nella presa dei cementi, e in ambito industriale chimico e della microelettronica. Gli scarti liquidi di queste lavorazioni sono particolarmente ricchi di sostanze organiche, avviati in digestione anaerobica producono biogas, da cui si ricava biometano per il settore dei trasporti e anidride carbonica per il mercato delle bevande e tecnico, per la produzione ad esempio di ghiaccio secco.

Dopo aver prodotto energia rinnovabile e aver recuperato gli scarti della produzione del vino, trasformati a loro volta in una miriade di sottoprodotti destinati ai più disparati ambiti industriali, la chiusura completa del cerchio è data dai fertilizzanti che tornano alla terra. Come avviene quest’ultimo passaggio?

Dalla digestione anaerobica, oltre al biogas di cui sopra, esita un residuo solido, il digestato, che lavorato negli impianti di compostaggio di nostra proprietà, ritorna alla terra sottoforma di fertilizzante naturale, cosiddetto ammendante. In definitiva, tutto comincia dalla terra con la coltura delle viti e lì si torna con gli ammendanti, attraverso un ciclo virtuoso in cui recuperiamo oltre il 99% di quanto entra in lavorazione.

Questa capacità di recupero e di generazione di energia rinnovabile come si traduce in numeri? Che percentuale avete in termini di autosufficienza energetica e a quanto ammonta il risparmio di CO2?

Siamo autosufficienti al 100% per quanto riguarda l’utilizzo di energia elettrica e termica. Da un’accurata analisi dei dati possiamo dire che se tutta l’energia verde che produciamo, in termini di termico, elettrico e biocarburanti, derivasse da una fonte convenzionale non rinnovabile, come il metano, si emetterebbero 82.000 tonnellate di CO2 all’anno. Relativamente ai consumi idrici, abbiamo efficientato i processi, effettuato una precisa analisi dei consumi installando molti contatori e incrementato i recuperi delle acque che depuriamo internamente reimmettendole nei nostri cicli produttivi. Il connubio di queste tre azioni ci consente di affermare che il 40% del consumo di acqua necessario alle nostre attività viene soddisfatto attraverso i recuperi interni.

L’intera azienda è quindi caratterizzata da una circolarità totale, frutto di una visione strategica che se in un primo momento avrà comportato investimenti, alla fine avrà restituito vantaggi competitivi. Da cosa nasce, in Caviro, questo approccio?

I temi della transizione energetica e della decarbonizzazione, oggi al centro dei dibattiti quotidiani, sono in realtà strettamente interconnessi con la competitività d’impresa. Immaginate cosa avrebbe comportato per un’azienda delle nostre dimensioni il fatto di non essere energeticamente autosufficienti, l’aumento dei costi registrato negli ultimi anni sarebbe stato difficilmente sostenibile. Una governance forte ed una visione strategica illuminata ci ha reso resilienti e ci consente di affrontare le sfide del mercato con solide radici.

 

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