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La gestione sia dei rifiuti urbani che dei rifiuti speciali – e in particolare dei rifiuti di costruzione e demolizione e dei rifiuti manifatturieri – è ormai dominata dall’orientamento al riciclo e al recupero di materia. Per la quasi totalità delle diverse tipologie di rifiuto, l’avvio a riciclo è la forma prevalente di gestione. Nel 2023, nel comparto dei rifiuti speciali, sono stati trattati per il recupero di materia[1] 149,4 milioni di tonnellate di rifiuti (inclusa la quota posta a riserva per operazioni di recupero)[2] equivalenti all’83,5% dei rifiuti speciali trattati.[3]

Per quanto riguarda invece i rifiuti urbani (che ricordiamo essere solo il 15,1% del totale dei rifiuti prodotti nel 2023), la quota avviata a recupero di materia (riciclo di materia e biologico)[4] è pari a 15,9 milioni di tonnellate, equivalente al 55% del totale dei rifiuti urbani[5] , composto da 8,6 milioni di tonnellate a recupero di materia e 7,2 milioni di tonnellate a recupero biologico tramite compostaggio e digestione anaerobica (includendo la stima di compostaggio domestico).

Dopo il 2020 si è registrata una ulteriore forte accelerazione del tasso di impiego di materie seconde (anche da importazione) in sostituzione di materie prime vergini, crescita che continua anche nel 2023 e 2024.
Tra il 2019 e il 2023 nella produzione siderurgica l’impiego di materia seconda è passato dall‘80% al 88,8% (era 86% nel 2022), nella produzione di alluminio dal 71% al 77,4%, nella produzione di vetro cavo dal 52,7% al 57,6%. Anche in altri due settori, basati essenzialmente su materie seconde post-consumo, la crescita nell’impiego di materie seconde è stata molto rilevante: tra il 2019 e il 2023 nella produzione di plastica si è passati dal 19,2% al 22,9% e nella produzione di carta si è addirittura passati dal 56,8% al 67%.[6]

 

2019 2022 2023
Acciaio 80,0% 86,2% 88,8% fabbisogno d'acquisto rottame/produzione
Alluminio 71,1% 77,0% 77,4% fabbisogno d'acquisto rottame/produzione
Piombo 79,4% 80,7% 90,9% produzione secondaria/produzione totale
Zinco 60,6% 100% 100% produzione secondaria/produzione totale
Carta 56,8% 62,3% 67,0% fabbisogno d'acquisto rottame/produzione
Plastica 19,2% 21,6% 22,9% materia seconda/materia totale
Vetro cavo 52,7% 56,8% 57,6% fabbisogno d'acquisto rottame/produzione
Cemento 6,0% 7,8% 8,3% materia seconda/materia totale

*Quando il valore è espresso come "fabbisogno d'acquisto rottame/produzione”, si consideri che la voce “fabbisogno d’acquisto rottame” è intesa come la quantità impiegata di rifiuti commercializzati (materie prime seconde, rottami, maceri etc.) , escludendo i ricicli di scarti interni ai siti di produzione; questa quantità è rapportata al totale della produzione nazionale.   Quando il valore è espresso come “produzione secondaria/produzione totale” si consideri che questo è il rapporto tra la produzione da riciclo (secondaria) e la somma della produzione secondaria e primaria. Quando il valore è espresso come “materia seconda/materia totale”, il valore misura il rapporto tra la quantità di materia seconda sul totale delle materie (prime e seconde) impiegate nella produzione. Purtroppo, la disponibilità di dati non consente una forma omogenea di espressione del tasso di utilizzo.

Anche nel 2024 l’Italia continua a presentarsi come eccellenza europea nella raccolta e rigenerazione degli oli minerali usati. L’olio minerale usato raccolto è stato pari a 188 mila tonnellate - un valore sostanzialmente uguale al totale teorico dell’olio lubrificante residuato dall’uso- destinate quasi integralmente a riciclo (98%). Le imprese di rigenerazione hanno ottenuto 121 mila tonnellate di basi rigenerate e 35 mila tonnellate di altri prodotti, tra cui gasoli e bitumi (Figura 10).[7]

Il Consorzio Nazionale degli Oli minerali Usati, CONOU, è un punto di riferimento per l’economia circolare in Europa, in cui la quota di olio minerale usato destinato a rigenerazione è pari al 61% (contro, appunto il 98% italiano).[8] Sostanzialmente, nel resto d’Europa, oltre il 40% circa dell’olio usato è destinato alla semplice combustione, a fronte del 2% in Italia

Con il contributo del CONOU, nel solo 2024, si è evitata l’immissione in atmosfera di 90 mila tonnellate di CO2 e si è ridotto il consumo di circa 7,4 milioni di GJ di combustibili fossili, circa 49 milioni di m3 di acqua, ma soprattutto, grazie ad un approccio realmente circolare del sistema si è anche conseguito un risparmio di circa 115 milioni di euro per importazioni di greggio.[9]

Uno degli aspetti più rilevanti della filiera del riciclo – oltre alla riduzione del consumo di materia e dei fabbisogni di smaltimento – è il contributo alla riduzione dei consumi energetici e delle emissioni climalteranti.

In termini di risparmio energetico – o meglio, di consumi energetici evitati[10], calcolati sull’intero ciclo di vita della materia e quindi non attribuibili solo a quelli evitati dalla produzione in Italia – dall’impiego di materia seconda nell’industria manifatturiera e per la produzione di compost e biogas[11] deriva un risparmio pari a 16,4 milioni di Tep, equivalente al 11,9% del totale dell’energia primaria consumata in Italia nel 2023. Il contributo principale al risparmio viene dalla produzione siderurgica (52%), dall’alluminio (23%) e dalla plastica (10%) (fig 11).

In termini di emissioni climalteranti evitate[12] (come CO2eq), sempre considerando l’intero ciclo di vita, l’impiego di materia seconda nella produzione manifatturiera italiana e per la produzione di compost e biogas determina una riduzione pari a 55,1 milioni di tonnellate di CO2eq, una quantità pari al 14,3% delle emissioni lorde italiane del 2023. Il contributo principale alle emissioni climalteranti evitate viene dalla produzione siderurgica che impatta per il 52% sulle emissioni evitate, dalla produzione di alluminio per il 29%, dalla carta per l’8%.

Anche nel 2024 l’Italia continua a presentarsi come eccellenza europea nella raccolta e rigenerazione degli oli minerali usati. L’olio minerale usato raccolto è stato pari a 188 mila tonnellate – un valore sostanzialmente uguale al totale teorico dell’olio lubrificante residuato dall’uso – destinate quasi integralmente a riciclo (98%). Le imprese di rigenerazione hanno ottenuto 121 mila tonnellate di basi rigenerate e 35 mila tonnellate di altri prodotti, tra cui gasoli e bitumi (Figura 10).

Il Consorzio Nazionale degli Oli minerali Usati, CONOU, è un punto di riferimento per l’economia circolare in Europa, in cui la quota di olio minerale usato destinato a rigenerazione è pari al 61% (contro, appunto, il 98% italiano). Sostanzialmente, nel resto d’Europa, oltre il 40% circa dell’olio usato è destinato alla semplice combustione, a fronte del 2% in Italia.

Con il contributo del CONOU, nel solo 2024, si è evitata l’immissione in atmosfera di 90 mila tonnellate di CO₂, e si è ridotto il consumo di circa 7,4 milioni di GJ di combustibili fossili, circa 49 milioni di m³ di acqua, ma soprattutto, grazie ad un approccio realmente circolare del sistema si è anche conseguito un risparmio di circa 115 milioni di euro per importazioni di greggio.

[1] Non equivale all’immediato impiego in un processo produttivo.
[2] Si intendono stoccati per una successiva operazione di recupero.
[3] A causa della presenza di processi multipli a cui vengono sottoposti i rifiuti e di stoccaggi, il totale dei rifiuti speciali trattati è sistematicamente superiore alla quantità di rifiuti speciali generati nell’anno, che a loro volta già includono rifiuti secondari derivanti da processi di trattamento dei rifiuti (nel 2023 Ispra registra 179 milioni di tonnellate di rifiuti speciali trattate contro 164 milioni prodotte). Eurostat, biennalmente, opera una riaggregazione dei dati sulla gestione dei rifiuti e, annualmente, una analoga ricostruzione (che esclude alcuni flussi) impiegata anche per l’indicatore “tasso di circolarità di materia”.  Pertanto, i dati presentati nel capitolo 2.1 non sono direttamente comparabili a quelli di Ispra. I valori di riciclo presentano degli scostamenti perché Eurostat, escludendo alcuni doppi conteggi, riduce il quantitativo dei rifiuti trattati considerati rispetto a Ispra. Nel 2022 (per un confronto più corretto) ad esempio il totale dei rifiuti trattati (urbani + speciali) secondo Ispra era di oltre 205 milioni di tonnellate, mentre il valore Eurostat era pari a 160 milioni. Poiché le quantità a recupero di materia presentano un minore scostamento rispetto ai rifiuti generati, il valore Eurostat (che ha un denominatore più piccolo) determina sempre un tasso di riciclo in Italia superiore a quello derivante dalla valutazione Ispra.
[4] Calcolata al netto degli scarti e delle frazioni di raccolta differenziata (RD) non avviate a riciclo. Nel 2023 lo scarto tra quantità di RD e quantità avviata a riciclo è di circa 3,2 mln t (in aumento rispetto al 2022), il 16,9% della RD. Ciò dipende in piccola parte dal computo in RD di frazioni che sono differenziate ma non riciclabili (farmaci scaduti, scarti della raccolta multimateriale che vengono contabilizzati nella RD) e in larga parte dalla presenza di frazioni che sono solo parzialmente riciclate o per fattori tecnico-economici (il caso della plastica) o per la qualità della raccolta. Significativo il caso della frazione organica da RD che viene effettivamente riciclata (in compostaggio o digestione anaerobica) solo per l’80,9%.
[5] Per convenzione Eurostat, in questo calcolo vengono esclusi dalla quota di rifiuti urbani (sia prodotti che riciclati) i rifiuti da costruzione e demolizione (429 mila tonnellate). Il compostaggio domestico è incluso nel calcolo ed è stimato pari a 333 mila tonnellate, l’1,1% dei rifiuti urbani.
[6] Dati al 2023, fonte Federacciaio, Assomet, Assocarta, IPPR, Assovetro, Federbeton.
[7] Conou (2025), Rapporto di Sostenibilità 2024.
[8] Commissione Europea, febbraio 2022.
[9] Conou (2025), Rapporto di Sostenibilità 2024.
[10] Il nostro calcolo assume che la quantità di materie seconde (anche di importazione, ma in massima parte italiane) impiegate nella produzione manifatturiera e nella produzione di compost e biogas in Italia, sostituisca una corrispondente quantità di produzione da materie prime (con fattori di efficienza variabili a seconda dei materiali e dei prodotti, di norma inferiori a un rapporto 1:1, cioè l'impiego di 1 t di materia seconda generalmente sostituisce un po' meno di 1 t di materia prima).  In quanto le emissioni o consumi sno calcolati sul ciclo di vita, le quantità evitate derivano da processi localizzati sia in Italia che in altri Paesi.  Nella valutazione di queste stime, derivate da analisi del ciclo di vita, si dovrebbe sempre considerare l’esistenza di un ampio range di valori di consumi energetici e di emissioni; i coefficienti utilizzati per la stima “di riferimento” non corrispondono né ai valori minimi né ai valori massimi di letteratura. La quantità di materie seconde impiegata per la valutazione è pari a 42,7 milioni di tonnellate impiegate in Italia, e non include se non in minima parte (impiego diretto nei cementifici) le quantità di inerti derivanti da costruzione e demolizione prevalentemente impiegate in opere infrastrutturali o in sottofondi edili. Non include neanche i recuperi di alcuni metalli, di solventi esausti, di tessili. Include invece i recuperi di frazione organica, non solo urbana, per la produzione di compost e biogas negli impianti di compostaggio e digestione anaerobica dei rifiuti urbani.
[11] La “materia seconda” per la produzione di compost e biogas sono frazione organica e residui a trattamento biologico.
[12] ibidem

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