La sostenibilità di un’azienda non si sostanzia e non si risolve nella sola declinazione ambientale ed economica, perché un’impresa, a maggior ragione se agricola, e ancora di più se di vino, è parte integrante ed attiva del territorio, protagonista anche della sua sostenibilità sociale. È la presa di coscienza che ha spinto Marco Caprai, alla guida della griffe che ha “creato” il distretto del Sagrantino di Montefalco, ad alzare l’asticella del suo impegno in tal senso. Dal 2016, infatti, l’azienda umbra ha iniziato un percorso di collaborazione con la Caritas di Foligno ed altre associazioni locali per l’inserimento dei migranti nel mondo del lavoro. Un impegno che, nell’arco degli ultimi tre anni, ha dato la possibilità a più di 30 richiedenti asilo provenienti dal Nord e dal Centro Africa di lavorare in vigneto in diversi periodi dell’anno, dando vita ad una sinergia capace di dare un bel segnale a tutto il territorio. Specie da un punto di vista culturale, scardinando, uno ad uno, ogni pregiudizio sui ragazzi che scappano dai Paesi poveri in cerca di un’opportunità.
“La cornice - racconta Marco Caprai a WineNews - è quella della sostenibilità, che non è soltanto quella ambientale, uno degli ambiti più importanti è quello sociale, nel cui ambito rientra questo progetto. La Caritas, da quando abbiamo iniziato questo percorso, ci segnala i giovani disponibili a lavorare tra i nostri filari, facendo incontrare due necessità oggettive, perché da quando è stato istituito il reddito di cittadinanza è diventato difficile trovare manodopera. L’attività agricola è tipicamente stagionale, legata all’andamento climatico e alle diverse fasi delle lavorazioni, e in questo senso è difficile offrire contratti a tempo indeterminato. La campagna, del resto, per molti non è la prima scelta per i giovani, e il Covid-19 ha persino peggiorato questa condizione”, dice Marco Caprai, inquadrando la situazione anche da un punto di vista lavorativo e pratico.
“Negli ultimi anni siamo cresciuti dimensionalmente, avendo quindi la necessità di manodopera, ma anche la ferma volontà di affidarci a pratiche contrattuali limpide e giuste, evitando, ad esempio, di affidarci a cooperative che non conosciamo: il welfare è un tema importante e serio per un’impresa che voglia essere realmente sostenibile”, riprende Marco Caprai, che poi ripercorre le tappe vissute dai ragazzi “arrivati in Italia con i famosi barconi, e poi redistribuiti nei diversi centri in giro per il Paese. La parte innovativa del nostro progetto è nella capacità di mettere a sistema le attività della associazioni di volontariato, come la Caritas di Foligno, con la nostra azienda. Il terzo settore, nel futuro, sarà sempre più importante”.
Ed è questo l’effetto più importante di questo progetto (una case history che traccia una linea e si fa esempio di quelle pratiche “giuste” raccontate, ogni settimana, dalle “Buone Notizie”, l'inserto del martedì del Corriere della Sera, una delle principali testate del panorama giornalistico italiano, di cui domani il progetto di Marco Caprai sarà la storia di copertina, ndr), come scritto in apertura: distruggere, con l’esempio pratico, i pregiudizi su un fenomeni complessi come quelli dell’immigrazione e dell’integrazione. “Sono ragazzi che si prestano al sacrificio, arrivano alle 6 di mattina, tanti di loro in bicicletta, facendo 6-7 chilometri, alcuni in motorino, e via via che le condizioni economiche lo permettono in automobile. Sono una risorsa importante, e spesso e volentieri sono la parte migliore dei Paesi da cui scappano: molti di loro - ricorda Marco Caprai - hanno studiato, ed è bello vedere che qui hanno trovato un’opportunità, un posto in cui mettere radici. È una storia che sfata il mito dell’immigrazione che è soltanto un problema: non è così, nessuno arriva dal Centro Africa per rubare il lavoro agli italiani o per delinquere”. Ma, al contrario, per costruirsi una vita basta sul lavoro. “La sfida - conclude Caprai - è sulla trasparenza, che crea un valore aggiunto per le aziende e per i territori”.