Nonostante la retorica contro il Green deal alimentata dal Governo Meloni, l'Unione italiana delle Camere di Commercio documenta come l’economia reale si muova in direzione ostinatamente contraria: le imprese italiane hanno un gran fame di lavori verdi, i cosiddetti green job.
In base alle rilevazioni Unioncamere, nell’ultimo anno le imprese italiane ricercavano quasi 1,9 milioni di professionisti dell’economia verde, pari a oltre il 34% delle entrate programmate nel 2024. Si tratta di profili emergenti capaci di utilizzare tecnologie e nuovi materiali sostenibili, ma anche figure tradizionali chiamate a contribuire agli obiettivi ambientali attraverso nuove competenze.
«La transizione energetica rappresenta una delle più profonde trasformazioni economiche e industriali del nostro tempo. Si tratta di ripensare interi processi produttivi, di innovare filiere, di costruire nuove competenze», spiega il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. E proprio il tema delle competenze tocca un tasto dolente, perché oltre la metà di questi 1,9 milioni di professionisti risultava difficili da trovare.
Non si tratta di una novità: come già emerso dall’ultimo rapporto GreenItaly, elaborato dalla Fondazione Symbola proprio insieme a Unioncamere, c’è un crescente disallineamento tra domanda e offerta di lavoro: «La quota delle aziende che investono nel green è in continua crescita – argomenta Prete – Ben l'88% mira ad introdurre tecnologie strategiche net zero, ma questa spinta all'innovazione genera nuovi fabbisogni professionali e richieste di competenze green che le stesse imprese faticano a trovare per più di un’assunzione su due».
Questo problema, unito alle politiche del Governo che hanno tirato il freno a mano sull’economia verde, ha portato nel 2023 – il primo segnato dall’esecutivo Meloni – a un piccolo calo dei green job attivi in Italia: dai 3,222 milioni registrati nel 2022 ai 3,163 milioni del 2023 (-1,8%, pari a -58 mila unità), nonostante nel 2024 le imprese cercassero altri 1,9 milioni di lavoratori verdi.