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Alex Langer, forse il più grande ambientalista italiano del Novecento, nel corso della sua breve ma indimenticata esperienza umana, lo ha testimoniato tenacemente: bisogna vivere in armonia con, e non contro, la natura. Ed occorre, perciò, rovesciare, culturalmente e politicamente, gli attuali modelli di sviluppo che non mettono al centro la dignità della persona, ma il profitto e l’idea che possa consolidarsi una società nella quale si possa fare a meno di valori come la lentezza, la gentilezza e la mitezza.

Alexander Langer nasce il 22 febbraio 1946 a Vipiteno/Sterzing, un piccolo paese a pochi chilometri dall’Austria. Nella sua biografia si intrecciano origini e provenienze culturali, linguistiche, religiose diverse.

Giornalista, traduttore, insegnante, collabora fin da giovanissimo con diverse riviste, associazioni, iniziative civiche. Di formazione cattolico-sociale, aderisce all’organizzazione comunista Lotta Continua, e ne dirige anche l’omonimo quotidiano. È quindi tra i protagonisti dell’esperienza della Neue Linke/Nuova sinistra di Bolzano; negli anni ‘80 è tra i promotori del movimento politico dei Verdi, di cui diventa primo capogruppo al Parlamento europeo nel 1989. Nel 1981 e 1991 si rifiuta di aderire al censimento nominativo che rafforza la politica di divisione etnica in Alto Adige/Südtirol. Decide di interrompere la propria vita il 3 luglio 1995, all’età di 49 anni.

Ma la sua proposta di una radicale "conversione ecologica" fondata sul rovesciamento del motto olimpionico «Citius, Altius, Fortius» (più veloce, più in alto, più forte) – da trasformare in «Lentius, Profundius, Soavius» (più lento, più profondo, più soave) – è oggi di ancora maggiore attualità.

«Il 3 luglio 1995 Alex Langer si toglieva la vita impiccandosi a un albero di albicocche a Pian dei Giullari, vicino Firenze – ricorda Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente e oggi alla guida della Fondazione Symbola – Un atto tragico, inaspettato, che pose fine a una vita ricca e generosa. E che privò la politica italiana di una delle sue menti più originali e brillanti. A latere di un incontro del direttivo di Legambiente, Alex e Massimo Scalia produssero il documento più importante nel processo che portò alla presentazione elettorale dei Verdi. Punto fermo era la certezza che il pensiero ambientalista dovesse svilupparsi come autonomo: il verde non poteva passare nella “cruna dell’ago del rosso”, diceva Alex. Per lui (e me) la narrazione della “catastrofe incombente” non bastava a spingere al cambiamento perché “la transizione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile”. È l’ispirazione su cui ha lavorato Legambiente e che anima l’azione di Symbola. Anche per questo non fu possibile raccogliere il suo invito a “non essere tristi” per la sua scomparsa, che ha reso più difficile “continuare in ciò che era giusto”».

«Alex Langer era il copresidente del Gruppo dei verdi europei – aggiunge Monica Frassoni, già co-presidente del gruppo dei Verdi e co-presidente del Partito Verde Europeo, oggi alla guida della European Alliance to Save energy e dell’European Centre for Electoral Support –, che allora era litigioso e complesso, molti convinti di essere i soli portatori della neonata cultura politica ecologista che ancora non aveva del tutto sviluppato la fede federalista che ne fece il gruppo più coeso, con il lavoro di Adelaide Aglietta, Paul Lannoye ma anche il grande contributo di Alex prima che decidesse di lasciarci nel mezzo di una attività frenetica; se ne andò nei giorni del l’orribile massacro di Srebrenica, dove 8000 uomini e ragazzi furono massacrati dai Serbi anche per l’inazione delle truppe olandesi con in testa il casco blu dell’ONU. L’eredità di Alex e’ forte e brillante e in questi tempi di guerre assurde e’ importante rileggere i suoi discorsi sui conflitti e l’Europa, ritornare alla sua idea di corpi civili di pace europei, ripensare ai suoi viaggi nella ex Yugoslavia, alle sue iniziative come un Ponte Per continuate ad agire anche dopo la sua morte. Io però oggi voglio ricordare anche un aspetto forse meno conosciuto. Quello dell’uomo di grande cultura, di un umorismo fine, dalle battute divertenti mai velenose e il sorriso aperto e gli occhi che brillavano ironici dietro gli occhiali».

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Lentius, Profundius, Soavius. La lezione indimenticata di Alex Langer, a trent'anni dalla sua morte | Greenreport.it

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