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Un'economia a misura d'uomo contro la crisi climatica è il sottotitolo del Manifesto di Assisi, presentato lo scorso 24 gennaio nella città di San Francesco. Una dichiarazione d'intenti che non lascia spazio a dubbi o tentennamenti, la crisi climatica si affronta da un punto di vista economico. Non bastano le buone intenzioni, servono azioni concrete e una nuova economia a misura d'uomo. Sembra di rileggere le parole di Federico Caffè, «noi dobbiamo riscoprire l'economia degli affetti non delle regole», che sempre poneva la condizione materiale delle persone prima di ogni considerazione economica. Una conseguenza di questa affermazione è che la crisi climatica non va affrontata solo come una sfida, necessaria e imprescindibile, ma deve essere colta come un'opportunità, una delle ultime forse, per costruire un mondo migliore partendo proprio da un'economia altra e più giusta. Mettendo in discussione dalle fondamenta lo stato delle cose. Nel Manifesto di Assisi si fa riferimento esplicito all'Enciclica Laudato si' di Papa Francesco, l'ultimo grande progetto politico globale, che in uno dei suoi passaggi più belli recita così, «Se teniamo conto del fatto che anche l'essere umano è una creatura di questo mondo, che ha diritto a vivere e ad essere felice, e inoltre ha una speciale dignità, non possiamo tralasciare di considerare gli effetti del degrado ambientale, dell'attuale modello di sviluppo e della cultura dello scarto sulla vita delle persone». Degrado ambientale, modello di sviluppo e cultura dello scarto, le parole del Papa tracciano una rotta precisa da intraprendere, non sono ambigue. Se una rotta è stata tracciata vuol dire che c'è un obiettivo da raggiungere e delle azioni da svolgere e ciò che è successo ad Assisi va proprio in questa direzione: chiama tutti all'azione. Chiede un'assunzione di responsabilità perché lì, nel cuore dell'Italia, sull'Appennino, sono convenuti e hanno aderito convintamente rappresentanti di mondi diversi. Dell'economia, della società, delle istituzioni. C'era il presidente Giuseppe Conte a testimoniare la presenza del governo italiano e la grande attenzione che ha suscitato e suscita l'iniziativa promossa Ermete Realacci (presidente della Fondazione Symbola), padre Mauro Gambetti (Custode del Sacro Convento di Assisi), padre Enzo Fortunato (direttore della rivista San Francesco), Ettore Prandini (presidente di Coldiretti), Vincenzo Boccia (presidente di Confindustria), Francesco Starace (Amministratore Delegato Enel) e Catia Bastoli (Amministratore Delegato Novamont). Gli impegni assunti ad Assisi fanno emergere una considerazione su tutte, per vincere questa sfida non si può giocare in difesa o peggio ancora agire in preda alla paura, al contrario occorre avere fiducia, progettualità e positività per mettere in atto un cambiamento necessario per la sopravvivenza del genere umano. Impegni concreti come per esempio azzerare il contributo netto di emissione dei gas serra entro il 2050, un impegno che deve riguardare tutta l'Europa con l'Italia che può svolgere un ruolo da protagonista assoluta così come già lo svolge nell'economia circolare e sostenibile. Il messaggio che parte da Assisi è, anche per queste ragioni, un messaggio universale che riguarda tutti e rilancia un concetto molto caro ad Ermete Realacci, maître à penser di Symbola, ovvero che quando l'Italia fa l'Italia non teme nessuno. «Conosciamo i nostri mali antichi: non solo il debito pubblico ma l'illegalità, le disuguaglianze, una burocrazia spesso soffocante, parte del Sud che arretra, il rancore e la paura che corrodono i legami sociali. Possiamo affrontarli solo se mettiamo in campo una nuova visione e se siamo convinti che non c'è nulla di sbagliato in Italia che non possa essere corretto con quanto di giusto c'è in Italia». Sono già tremila le persone che hanno firmato il Manifesto di Assisi, una buona base di partenza che aiuta a consolidare la consapevolezza che solo lavorando tutti insieme ce la possiamo fare e ce la faremo. «Abbiamo una scadenza di trenta, quaranta, massimo cinquant'anni, se non riusciamo a porci dei limiti, oltrepasseremo le nostre possibilità. Al ritmo attuale le foreste tropicali scompariranno entro l'anno 2030, a eccezione dei bacini dell'Amazzonia e del Congo. In 40 anni dobbiamo limitare i nostri consumi e adottare uno stile di vita sostenibile. Dopo sarà troppo tardi», lo sostiene Jared Diamond l'autore di Armi, acciaio e malattie, vincitore del Premio Pulitzer per la saggistica. Conviene a tutti dargli credito.

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L’Italia unita nel Manifesto di Assisi - Oscar Buonamano | L'Espresso

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