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di Fondazione Symbola e MASAF

Cuore industriale ed economico del Paese, la Lombardia è la prima regione italiana per popolazione e la quarta per estensione geografica. Il suo paesaggio varia dagli sterminati campi della Pianura Padana ai valichi alpini, passando per alcune delle valli più note in Italia per gli straordinari prodotti enogastronomici tipici, come la Valtellina, la Val Camonica e la Val Brembana. Nella regione sono presenti anche i tre laghi più grandi d’Italia, ovvero il Lago di Garda, il Lago Maggiore e il Lago di Como.

Foreste e boschi

Da un punto di vista morfologico, la regione può essere divisa in 4 macroaree principali: andando da nord a sud troviamo la zona alpina, con le Alpi Orobie, le Alpi Retiche e le Alpi Lepontine caratterizzate dalle loro ampie vallate. Dalle Alpi si passa alla fascia prealpina, quella dove si trovano i grandi laghi, che precede la Pianura Padana, che occupa quasi la metà del territorio lombardo (47%). Nella parte più meridionale della regione, nell’Oltrepò Pavese, si trova una piccola porzione di fascia appenninica. Su un totale di 23.863 kmq di territorio della Lombardia, sono 6.922 quelli ricoperti da boschi e foreste. L’incidenza forestale nel territorio della regione è quindi del 29%. Nella fascia alpina si trovano i boschi e le foreste del Parco dello Stelvio, dove sui pendii delle Alpi dell'Ortles crescono rigogliose foreste dominate dagli abeti rossi e dai larici, seguiti dai pini cembri e da qualche esemplare di abete bianco. Se a valle il paesaggio risulta fortemente antropizzato, più in quota queste foreste costituiscono l’habitat ideale per mammiferi quali stambecchi, cervi, caprioli, camosci, volpi e uccelli come l’aquila reale, il gracchio alpino e il gallo cedrone. Nella Pianura Padana, dove un tempo cresceva rigogliosa un’enorme foresta planiziale che venne disboscata già al tempo dei romani, sopravvivono poche ma preziose testimonianze di questi antichi boschi. Una di queste è rappresentata dal Bosco Fontana, nel comune di Marmirolo, in provincia di Mantova, che già nel XII secolo veniva utilizzato come riserva di caccia dai Gonzaga. Il bosco, da cui prende il nome la riserva naturale che si estende per 233 ettari, è costituito principalmente da farnie e carpini bianchi, ma sono presenti anche ornielli, cerri, ciliegi selvatici e frassini, mentre nel sottobosco gli arbusti più diffusi sono il nocciolo, il sambuco nero e il biancospino. Nel cuore della riserva è presente una palazzina del ‘500 fatta costruire dal Duca Vincenzo I di Gonzaga con funzione di casina di caccia. Nell’Oltrepò Pavese si trovano invece i boschi della riserva naturale di Monte Alpe, 328 ettari ad un’altitudine compresa tra i 700 e i 1.250 metri all’interno dei piccoli comuni di Menconico, Varzi e Romagnese, tutti in provincia di Pavia. Da un punto di vista boschivo l’area è separata da tre ambienti diversi. Da un lato il bosco ceduo, nella parte più a ovest della riserva, costituito per lo più da faggi e abeti bianchi alle altitudini più elevate e da carpini neri, roverelle e ornielli man mano che si scende di quota. Dall’altro la pineta artificiale, che copre oltre 180 ettari, realizzata negli anni ’30 dal Corpo Forestale dello Stato per risolvere il grave stato di dissesto idrogeologico in cui versava la zona, quando vennero piantati migliaia di pini neri e pini silvestri che attecchirono ottimamente. Altra bellissima foresta lombarda è quella dei Bagni di Masino, nel piccolo comune di Masino (SO), 23.000 ettari di faggi e abeti che crescono fitti e serrati tra loro, favorendo quindi la crescita del muschio che ricopre i numerosi massi di roccia ai piedi degli alberi. Meta di fotografi e appassionati di foliage, in autunno la foresta offre uno spettacolo cromatico con sfumature che spaziano dall’arancio al rosso acceso, passando per il giallo e il beige.

Alberi Monumentali

Gli alberi monumentali censiti in Lombardia sono 366 di cui 82 all’interno di comuni con popolazione pari o inferiore ai 5.000 abitanti. Quelli più rappresentati sono il cedro dell’Himalaya, il bagolaro e l’ippocastano. Nel piccolo comune di Ponte in Valtellina, in provincia di Sondrio, si trova un gelso bianco secolare, conosciuto dagli abitanti del paese con il nome dialettale di “muruné”. L’albero, che si ritiene avere circa 600 anni, racconta dell’antica tradizione lombarda dell’allevamento del baco da seta, che veniva nutrito appunto con le foglie di gelso. Il gelso, che misura 10 metri in altezza e ha una circonferenza di 444 cm, deve la sua particolare forma, con una chioma irregolare costituita da tanti piccoli getti, proprio alla bachicoltura. Il taglio a capitozzo, o capitozzatura, era infatti la potatura che consisteva nel tagliare di netto i rami nel punto di intersezione con il tronco principale e veniva adottata per avere sempre nuove foglie da dare ai bachi. Nel piccolo comune di Roncobello (BG) nella valle del torrente Valsecca, laterale dell’Alta Val Brembana, c’è un abete bianco che svetta per dimensioni rispetto agli altri alberi che lo circondano. Le leggende di montagna raccontano che un giovane pastore, trovandosi davanti all’albero mentre pascolava il suo bestiame, vi incise il proprio nome. Chiamato in guerra allo scoppio del primo conflitto mondiale, il ragazzo morì al fronte e quando suo padre seppe che il lotto di abeti, tra cui quello con inciso il nome del figlio, stava per essere tagliato, si decise ad acquistare l’albero per impedirne l’abbattimento. Gli alberi attorno vennero quindi tagliati ma l’abete bianco rimase intatto e oggi, con i suoi 50 metri di altezza, si staglia maestoso sulla valle. Ed è ancora la guerra, nella sua tragicità, ad essere raccontata da un altro celebre albero monumentale lombardo. Si tratta del pioppo bianco di Campoferro, frazione di Voghera (PV), conosciuto come il pioppo della piccola vedetta lombarda, la cui storia è riportata da Edmondo De Amicis nel celebre libro Cuore. L’episodio racconta di un bambino di 12 anni che nel 1859, durante la seconda guerra di indipendenza italiana, si arrampica su un albero per segnalare ai piemontesi i movimenti degli austriaci, ma viene centrato dalle pallottole di questi ultimi morendo in seguito alle ferite. La veridicità dell’episodio, che prima si riteneva fosse soltanto frutto dell’immaginazione dello scrittore, è stata confermata nel 2009. Grazie al prezioso lavoro di ricerca di due appassionati di storia, Daniele Salerno e Fabrizio Bernini, è stato possibile identificare con certezza l’albero e dare un nome alla piccola vedetta lombarda, che si chiamava Giovanni Minoli, era nato nel 1847 e morì dopo 6 mesi per via delle ferite. Quando venne avanzato un progetto che prevedeva l’allargamento della tangenziale e il conseguente abbattimento della pianta, la popolazione locale insorse e l’albero venne salvato. Oggi il secolare pioppo bianco della piccola vedetta lombarda, con i suoi 30 metri di altezza, è visibile dalla strada che collega Casteggio, sempre in provincia di Pavia, e Voghera.

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