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Noi siamo i tempi "N oi siamo i tempi, visione, coraggio, comunità" è il titolo scelto per l'edizione 2024 del Seminario di Fondazione Symbola, in programma a Mantova dal 27 al 29 giugno presso il Teatro Scientifico Bibiena, prendendo a prestito una frase dí S. Agostino, che per esteso così recita: "Sono tempi cattivi, dicono gli uomini; vivano bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi". Un titolo scelto per richiamare le nostre responsabilità, le scelte culturali, economiche e sociali da prendere per affrontare le crisi davanti a noi: climatica, demografica, energetica e geopolitica. Un evento diventato «un appuntamento speciale per chi vuole bene all'Italia e vuole guardarla negli occhi. Persone e mondi diversi, interessati a confrontarsi per costruire insieme un futuro più a misura d'uomo», così Ermete Realacci presenta la XXII edizione, anche questa volta organizzata in una piccola città perché - spiega nell'intervista rilasciata a Mondo Padano - se lo fai nelle grandi città magari è più semplice dal punto di vista organizzativo, ma lo scambio informale risulta più difficile». Molti e qualificati i relatori, tra questi anche diversi "big" come Paolo Gentiloni, commissario europeo per l'economia, Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, Adolfo Urso, ministro delle imprese e del made in Italy, Guido Guidesi, assessore allo sviluppo economico di Regione Lombardia, il presidente del gruppo Tea, Massimiliano Ghizzi, Nando Pagnoncelli di Ipsos, Andrea Prete, presidente di Unioncamere, Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance, Maria Siclari, direttore generale lspra e molti, molti altri.

Ermete Realacci: «Per capire l'Italia, servono occhi nuovi». Così la crisi climatica diventa un'occasione per migliorarsi di Mauro Faverzani Ravello, Montefalco, Bevagna, Guardiagrele/Chieti, Monterubbiano, Montepulciano, Treia. Tutte realtà piccole e belle, quelle dove Fondazione Symbola ha realizzato negli anni il proprio seminario estivo: «Sì, perché se lo fai nelle grandi città, magari è più semplice dal punto di vista organizzativo, ma lo scambio informale risulta più difficile», commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione. Ed ora, da due anni a questa parte, lo scorso e questo, a Mantova: «Certo, perché è così raccolta da favorire questa relazione col territorio e con le persone». Molti e qualificati i nomi dei relatori, tra questi anche diversi "big" come Paolo Gentiloni, commissario europeo per l'economia, Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, Adolfo Urso, ministro delle imprese e del made in Italy, Guido Guidesi, assessore allo sviluppo economico di Regione Lombardia, il presidente del gruppo Tea, Massimiliano Ghizzi, e poi Nando Pagnoncelli di Ipsos, Andrea Prete, presidente di Unioncamere, Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance, Maria Siclari, direttore generale Ispra, e poi molti, molti altri. "Noi siamo i tempi" è il titolo scelto per l'edizione 2024 del grande evento, prendendo a prestito una frase di S. Agostino, che per esteso così recita: "Sono tempi cattivi, dicono gli uomini; vivano bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi". Presidente, perché questo richiamo già nel titolo? «La bellissima frase del grande filosofo da un lato critica il disfattismo e dall'altro inneggia alla responsabilità. È un invito ad agire insieme per cambiare le cose. Non a caso, a commento di tutto questo abbiamo posto tre parole: visione, coraggio, comunità». Quali sono le scelte che abbiamo di fronte? «Affrontare i mali che conosciamo, ma soprattutto usare la forza dei talenti del Paese, dei territori, delle comunità, delle imprese, per costruire un mondo, in cui sia più piacevole vivere. Lo diceva già il Manifesto di Assisi, promosso da Fondazione Symbola assieme al Sacro Convento di Assisi. Già all'inizio afferma: "Affrontare con coraggio la crisi climatica non è solo necessario, ma rappresenta una grande occasione per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d'uomo e, per questo, più capaci di futuro"». In che senso una "grande occasione"? «In questo senso: possiamo usare i problemi che abbiamo davanti per cambiare noi stessi e per costruire un mondo migliore. In chiusura, il Manifesto di Assisi propone un impegno a costruire un mondo più pulito, più civile e più gentile. Allora la parola "gentilezza" non era stata ancora "sdoganata" dall'enciclica "Fratelli tutti", anzi mi ricordo che alcuni dei primi firmatari del Manifesto mi dissero che sembrava loro un po' leggero il riferimento alla "gentilezza" rispetto alla durezza delle sfide che dobbiamo affrontare, invece non è così: la gentilezza è un concetto molto forte, se usato per relazionarsi agli altri». A chi si rivolge il seminario di Symbola? «Chiama a raccolta quelli che scommettono in quanto di buono vi sia nei nostri cromosomi e anche sulla diversità, perché lo si vede dai relatori ed, ancor più, dai partecipanti: c'è un incrocio tra mondi molto diversi, tra rappresentanti di grandi imprese, piccoli Comuni e associazioni della società civile, che si sentono però parte di un tessuto comune». Quella coesione tra le varie forze, pur eterogenee, è finalizzata ad essere competiti«Assolutamente sì. Noi abbiamo sempre scelto di approcciare i vari problemi, mettendo assieme grandi soggetti produttivi ed iniziative culturali. Abbiamo sempre preferito un'ottica più induttiva che deduttiva, cioè partire dall'Italia che c'è. Cerchiamo di capire quali siano le radici del futuro nel Paese in cui viviamo e quello che abbiamo scoperto è che poi, alla fine, se tu con rigore guardi negli occhi il Paese, scopri che essere buoni conviene, cioè che quelle pratiche, che incrociano di più i valori, sono anche quelle che rendono più forti anche le imprese». In che senso "più forti"? «Le imprese, che negli ultimi cinque anni hanno fatto investimenti relativi all'ambiente, sono quelle che vanno meglio: innovano di più, esportano di più, producono più posti di lavoro. Queste imprese, che noi chiamiamo coesive ovvero quelle che hanno rapporti migliori con i lavoratori, con la comunità, con il territorio, sono quelle che vanno meglio. È un'Italia che fa l'Italia. La parte migliore, la parte più forte del nostro sistema produttivo fa dei valori un elemento di potenziamento delle proprie qualità ed in questo incrocia una sensibilità crescente dei cittadini. Queste cose le capisci se hai empatia con il Paese...». Ma vale anche per le piccole imprese? «Le piccole imprese, se stanno in rete, hanno una capacità di legami e di velocità nel cambiamento superiore a quella delle imprese che si sclerotizzano. C'è un'attenzione crescente verso la sostenibilità, ma i tre driver qui sono: uno etico (solido, ma piccolo percentualmente); poi c'è un driver molto più esteso, legato alla preoccupazione (gli eventi meteorologici estremi, le migrazioni) e ad altre paure (per esempio, la guerra); ma la cosa che pesa di più nella sensibilità crescente è la percezione da parte dei cittadini che, se un prodotto è sostenibile, è meglio anche per loro. La sostenibilità diventa un sinonimo della qualità. La percezione è che un'azienda sostenibile sia più degna di fiducia. E questo driver vale più del 60%. Non è solo marketing... Le imprese tendono a presentarsi come sempre più sostenibili e sempre più attente a questi temi, perché capiscono che lì incontri la sensibilità delle persone. Tutto questo insieme di fattori consente di leggere in un'ottica diversa la nostra economia». Può fare qualche esempio? «Io, quando penso ad Arvedi, penso alla grandissima qualità tecnologica, all'innovazione, alla neutralizzazione - unica, grande acciaieria al mondo delle emissioni di CO2, ma penso anche alla realtà che rifà il museo diocesano, fa il Museo del Violino, porta l'università e, perché no?, sostiene la Cremonese. Questa non è cosa diversa dalla capacità di Arvedi di competere. In realtà, tale sensibilità è molto più diffusa di quanto non si pensi, vale per molte imprese». Ci saranno anche delle premiazioni nella cornice del seminario estivo... «Certo: contestualmente alla presentazione del rapporto "Coesione è competizione" si tiene la premiazione con menzione di un'azienda vinicola di grandissima qualità, l'azienda Caprai di Montefalco, che fa dei vini straordinari, in particolare un grandissimo Sacrantino: quest'impresa ha sviluppato un programma avanzatissimo ed efficacissimo, assieme alla Caritas, per riunire i richiedenti asilo nei lavori delle vigne, risolvendo così più di un problema, da una parte professionalizzando quei lavoratori, spesso giovani, ma dall'altra affrontando il problema della carenza di manodopera. Giovedì 27, invece, nell'ambito del convegno "Acqua futura" abbiamo premiato una cooperativa tra le più vecchie d'Italia, la Cab, che ha accettato di far allagare i propri terreni dal fango, per evitare che fosse distrutta Ravenna. Questo avere fiducia nei talenti positivi del Paese credo che sia una delle caratteristiche di base di Symbola, dei suoi soci, di quanti con essa collaborano, per affrontare i problemi, che abbiamo davanti». C'è, a suo giudizio, una frase che può riassumere lo spirito di questo seminario estivo? «Sì, c'è una bella frase di Proust, che dice: "Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre, ma avere nuovi occhi". Se vuoi capire l'Italia, devi avere questi nuovi occhi».

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Ermete Realacci: «Per capire l'Italia, servono occhi nuovi» - Mauro Faverzani | Mondo Padano

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