Una comunità energetica garantisce la generazione in proprio di energia da fonti rinnovabili per l’autoconsumo ed è uno strumento formidabile per affrontare la crisi climatica, abbassare le bollette e rendere l’Italia più libera da ricatti energetici, puntando semplicemente sulle rinnovabili.
In occasione della visita al cantiere della Gigafactory 3sun di Catania che entro il 2024 sarà la più grande fabbrica di pannelli solari d’Europa, con una capacità produttiva di 3GW all’anno, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha stimato che nel nostro Paese «arriveremo ad attivare tra le 15 e le 20mila comunità energetiche: una vera e propria azione di massa per il cambiamento del Paese. Con uno stanziamento di oltre 2 miliardi del Governo solo per l’avvio».
Dalle risorse del Pnrr, al Decreto che non c'è
Può diventare comunità energetica una qualsiasi associazione composta da privati cittadini, imprese, attività commerciali e amministrazioni pubbliche locali. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), tramite la componente M2C2.1, investimento 1.2, sono stati stanziati 2,2 miliardi di euro per finanziamenti al 100% per impianti fotovoltaici e configurazioni di autoconsumo collettivo e comunità energetiche rinnovabili (1.600 milioni alle comunità di energia rinnovabile e 600 milioni per l’autoconsumo collettivo), secondo l’Eurispes. Proprio a fine dicembre, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha reso noto come, di concerto con la Commissione Europea, tali risorse saranno erogate a fondo perduto.
Il ministro a poi detto che «a giorni si definiranno le modalità tecniche della Commissione per far arrivare questo decreto al Paese». Lo scoglio al momento è questo. Come accelerare l’iter burocratico ministeriale? Manca di fatto un decreto da hoc e poi ci sono le scadenze del Pnrr da rispettare.
In particolare, entro il 2025 bisogna stipulare i contratti per avviare gli interventi necessari per raggiungere il target dei 2.500 GWh di capacità installata nei Comuni con meno di 5.000 abitanti, entro il 2026 per tutti gli altri. Il decreto in questione consentirà di definire modalità e requisiti per accedere alle agevolazioni del 2023. I fondi dovrebbero essere disponibili già da marzo, ma il documento deve arrivare il prima possibile.
Come spiegato dal viceministro all’Ambiente e Sicurezza energetica, Vannia Gava, al Consumers’ forum di Roma, «Finalmente ci siamo. Il decreto attuativo delle Comunità Energetiche Rinnovabili è quasi pronto e sarà pubblicato nelle prossime settimane. Il percorso è stato articolato poiché è stata necessaria una lunga consultazione con Arera, l'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, oltre ad un partecipato confronto pubblico conclusosi nel dicembre scorso, che ha definito il contingente di 5GW e le quantità e modalità di calcolo. Ma posso dire oggi con ottimismo e soddisfazione che a brevissimo entrerà in vigore il decreto ministeriale”.
Secondo una ricerca Fondazione Symbola, gruppo Tea e Ipsos, tre imprese su quattro hanno sentito parlare (75%) di comunità energetiche, e nella popolazione solo una persona su sei (15%). Appena il 13% dei cittadini sembra conoscere bene il concetto di comunità energetica e il 32% delle imprese. Le principali opportunità nel partecipare a una comunità energetica, secondo la popolazione, sono il risparmio e la garanzia di indipendenza e sicurezza energetica sul territorio, citate quasi a pari merito.
Si rileva inoltre una scarsa informazione sulle modalità e sui tempi di realizzazione e sulla entità degli investimenti economici che lo strumento richiede, seguiti dalla difficoltà nel cambio di mentalità, dall’incertezza del quadro di norme e adempimenti burocratici. Segno che da parte del ministero non si è proceduto ad una adeguata informazione e comunicazione di quelli che sono i reali vantaggi di questo tipo di generazione energetica.
Le Comunità energetiche rinnovabili determinano numerosi benefici di tipo ambientale, economico e sociale per il territorio in cui nascono. I vantaggi ambientali sono legati all’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e alla limitazione dello spreco di energia in perdite di rete (che si verificano con il trasporto della stessa); quelli economici derivano dalla vendita dell’energia e dai meccanismi di incentivazione previsti dalla legge per promuovere la transizione energetica; quelli sociali, invece, sono collegati alla riduzione della povertà energetica, al miglioramento dell’ambiente in cui le stesse comunità vivono, alla promozione di una maggiore coesione tra gli individui.
Nel numero di novembre della rivista di VITA siamo andati al cuore di questi problemi e raccontiamo di una strada che poteva essere ben avviata, come altrove in Europa, e invece è appena iniziata: in Italia sono oggi solo 100 le comunità energetiche, contro le 7mila in Europa che associano 7 milioni di persone. VITA ne racconta nel dettaglio otto, da Nord a Sud:
- Magliano Alpi (Cuneo), dove si risparmia facendo comunità;
- Gubbio (Pg), dove sono le turbine eoliche a dare energia alle famiglie;
- Bologna, un capoluogo regionale che usa le Cer per alimentare il welfare;
- Biccari (Fg), che ha tagliatole bollette del 35%;
- Grezzana (Vr), paese che propone forme di energia di comunità già dal 1923;
- Berchidda (Ss) che punta sul futuro con la "smart grid";
- Napoli, nel quartiere periferico di San Giovanni a Teduccio (Na) che dà con la Cer un "calcio" alla polvertà energetica, ma non solo;
- Ferla (Sr), che con la sua comunità energetica rinnovabile è un modello per la Sicilia;