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I cambiamenti talvolta avanzano a scatti. Sotto la spinta del senso di insicurezza che aleggia in politica e in economia a livello nazionale e internazionale, i consumatori stanno esprimendo oggi comportamenti di scelta più netti. Nascono iniziative imprenditoriali o di comunità che portano il focus su temi di coesione e circolarità un passo in avanti, mentre le grandi aziende inseriscono ormai in maniera organica nei loro processi policy di sostenibilità ambientale e sociale, anche per andare incontro alla nuova sensibilità del cittadino-consumatore.

Si va diffondendo la convinzione che la strada per un futuro sostenibile e pacifico passi attraverso scelte individuali e che temi apparentemente buonisti siano a tutti gli effetti ambiti di business non solo meritevoli da un punto di vista sociale ma anche redditizi da un punto di vista economico. Forse uno spiraglio di luce in mezzo a questa situazione di grande incertezza mondiale.

Iniziamo guardando ai consumi alimentari e alle scelte che stanno ispirando i consumatori. Malgrado una crescente attenzione verso gli aspetti di convenienza e risparmio, gli atti di acquisto sono sempre più orientati alla ricerca di una qualità vera dei prodotti e questo attributo è sempre di meno legato alla firma del brand e sempre di più alla loro qualità intrinseca, comprensiva di contenuti storici e sociali.

Il 2024 è stato caratterizzato da un boom di prodotti italiani, sia per motivi di qualità percepita che di sostenibilità. I prodotti con un claim “100% italiano” hanno registrato vendite in crescita per il 13,8% a valore e il 7,3% a volume; quelli “Made in Italy/Prodotto in Italia” rispettivamente il 11,3% e il 4,8%. Le regioni italiane che più hanno beneficiato di questo trend per le loro produzioni tipiche sono state Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia e Campania, ma gli aumenti sono condivisi tra tutte le zone del Nord, Centro, Sud e Isole.

Le persone chiedono prodotti autentici appartenenti a comunità locali e a reti di produzione radicate su un territorio che merita di essere valorizzato. La diminuzione delle quantità acquistate dalle famiglie va in parallelo con la ricerca di maggior qualità: oggi si consuma meno ma meglio. E questo è un elemento di grande rilevanza e fonte di ottimismo sotto gli aspetti di sostenibilità ambientale, sociali, culturali e probabilmente anche economici.

Secondo una ricerca[1] dell’agosto 2024 il 45% dei consumatori italiani è propenso a scartare i prodotti con conservanti, il 66% predilige i prodotti bio e il 65% preferisce quelli di origine regionale e locale. Questa tendenza oltre a favorire piccoli produttori locali, spesso ancora a livello artigianale, e arricchire le comunità locali salvaguardandone anche il lascito culturale, favorisce un cambiamento nelle dinamiche commerciali classiche tra grande distribuzione e mondo dei produttori. In questo caso, infatti, è difficile riprodurre le logiche di contrattazione tipiche con l’industria di marca: i volumi sono ridotti, la concorrenza scarsa nel mondo delle tipicità, le azioni di marketing classiche (volantini, promozioni, etc) difficili.

La grande distribuzione si trova di fronte alla necessità di salvaguardare i fornitori di eccellenze locali, garantendone la sopravvivenza e in cambio beneficiando del loro referenziamento da un punto di vista di immagine e di risposta alle richieste della propria clientela.

Insegne di distribuzione e piccoli produttori di eccellenze locali si trovano a collaborare in modo diverso, meno focalizzato sul prezzo di cessione e più sulla sostenibilità, sulla qualità, sulla crescita e la tutela della controparte forse più fragile.

Molto spesso gli assortimenti delle specialità artigianali confluiscono sotto l’ombrello di marca privata premium di insegna: Fior Fiore di Coop, Terre d’Italia di Carrefour, Viaggiator Goloso di Finiper ma anche Regione che Vai di Aldi – poiché questo trend di consumi si riversa non solo sui supermercati tradizionali ma anche nel canale discount, oppure diventa un percorso guidato sul punto di vendita con una evidenziazione specifica (Da Noi a Noi di Dimar). Tanto per dare una idea, le referenze di Viaggiator Goloso sono oltre 1.250 e spaziano dalle bibite alle farine, dalle conserve ai salumi – coprendo di fatto tutte le categorie alimentari; Regione che Vai firma dal limoncello alle paste di semola di Gragnano, dallo speck Alto Adige IGP alle burratine DOP. Ogni prodotto è autentico e risalendo al produttore si scoprono storie e di artigianalità, attaccamento al territorio, storicità e valore.

Prodotti sostenibili e di qualità che i cittadini-consumatori sono disposti a sostenere anche a costo di pagare un sovrapprezzo[2].

La richiesta di qualità vera e valore nel paniere dei prodotti alimentari, unita ad un desiderio di eticità e solidarietà, non è isolata: sempre più spesso associazioni di consumatori, coltivatori e allevatori chiedono che sia reso evidente al pubblico il prezzo di cessione (il margine) che viene retribuito a chi coltiva o alleva. Un modo più etico di intendere il consumo ma anche di costruire la propria distintività competitiva rispetto ai competitor per chi distribuisce.

Forse era da tempo che questa sensibilità si intravvedeva, ma è oggi che si percepisce in maniera più solida e forte: se guardiamo oltre il mercato nazionale, pensiamo ai notevoli risultati che stanno conseguendo in Canada i movimenti che si battono per il consumo di prodotti nazionali e il boicottaggio verso quelli statunitensi, oppure l’onda negativa delle vendite che sta coinvolgendo Tesla inteso come brand “non etico” malgrado gli attributi di performance del prodotto.

Il momento positivo delle eccellenze alimentari italiane, spinto da questa attenzione da parte dei consumatori, è testimoniato anche dalla proliferazione di portali di acquisto specializzati sul web.

Si stanno moltiplicando portali specializzati su prodotti territoriali come ad esempio Sapori Marchigiani, Bottega del Friuli, Prodotti Bergamaschi – frutto di collaborazioni a livello locale di imprese che uniscono le loro forze in modo proattivo (e l’obiettivo va anche oltre il mercato italiano). Oppure portali di eccellenze locali artigianali già pensati per proporre referenze per private label come Calabria & Calabria.

Un caso interessante è quello di Eatalico.it, anche questo un marketplace specializzato nel settore agroalimentare, che si distingue per il suo impegno nella valorizzazione e promozione delle eccellenze italiane. Oltre alla vendita diretta, Eatalico.it si impegna a promuovere la cultura enogastronomica italiana, raccontando la storia e le tradizioni che si celano dietro ogni prodotto. Questo approccio permette agli utenti non solo di acquistare alimenti e bevande di alta qualità, ma anche di scoprire le radici che rendono unico il patrimonio culinario italiano. Secondo i fondatori di Eatalico questa è la loro missione: non solo un luogo dove fare acquisti, ma un vero e proprio ecosistema dedicato alla promozione e alla salvaguardia del made in Italy. Ciò è reso possibile tramite la costruzione di una piattaforma basata sull'impiego della blockchain – un registro dati elettronico decentralizzato che rende massimamente trasparente e chiara la storia e la natura del prodotto.

Il produttore, infatti, per ottenere la certificazione da Eatalico.it, deve innanzitutto caricare su questo registro le informazioni circa il prodotto candidato e ogni minimo dato deve essere visibile e rintracciabile, dal reperimento delle materie prime alle fasi terminali del confezionamento. Una volta immesse nel sistema, queste informazioni sono inalterabili e immutabili per la natura stessa della blockchain. Nel caso in cui le materie prime non rispettassero il criterio fondamentale d'origine, il portale non genera la certificazione richiesta. Il secondo passaggio riguarda la valutazione della qualità del prodotto. Non basta, infatti, che il prodotto sia "italiano", ma deve anche possedere un livello qualitativo alto e di eccellenza per gli aspetti merceologici (relativi alla struttura di base di un prodotto, alle proprietà chimiche e fisiche, alle caratteristiche d'uso ecc.), tecnologici (circa le tecniche di lavorazione a cui viene sottoposto il prodotto), tossicologia (per garantire l'assenza di sostanze inquinanti, agenti chimici, fitofarmaci ecc., potenzialmente dannose per la salute del consumatore). I risultati di questi test di eccellenza vengono anch’essi immessi sulla blockchain. Se il prodotto supera questo esame, la piattaforma Eatalico.it genera una certificazione sotto forma di QRCode che si può stampare e applicare sulla confezione del prodotto in questione. Non solo questo meccanismo tutela e difende i reali produttori che cercano l'essenziale qualità e lavorano onestamente, ma dà anche al consumatore un nuovo strumento di trasparenza, consapevolezza e garanzia sui prodotti certificati.

Questa nuova sensibilità sul fronte dei consumi non si limita all’ambito degli acquisti alimentari, ma spinge le aziende a sviluppare nuove offerte atte a rispondere all’esigenza di acquisti sensati, rispettosi di ambiente e comunità.

Una delle tendenze più evidenti nel campo dell’abbigliamento è lo sviluppo in Italia – ma anche in tutti i Paesi di economia sviluppata, dal Giappone alla Germania – di negozi di second hand. Oltre la metà degli italiani nell'ultimo anno ha acquistato capi di abbigliamento o accessori usati. Un vero e proprio boom che secondo un’indagine (settembre 2024)[3] vale ormai più di 6 miliardi di euro. Nel dettaglio, il 56% degli intervistati ha dichiarato di essersi rivolto, negli ultimi 12 mesi, alle piattaforme online di vendita di prodotti usati per i propri acquisti di moda: il 19% lo fa sempre (4%) o spesso (14%) – ma le percentuali salgono rispettivamente all'8% e al 19% tra i giovani tra i 18 ed i 34 anni – mentre il 37% qualche volta (22%) o raramente (15%). Forte anche la domanda di usato nei negozi fisici e nei mercati ambulanti, a cui dichiarano di rivolgersi il 51% dei consumatori di cui il 20% sempre o spesso (15%). Tra le nuove abitudini dei consumatori, si afferma anche la ricerca di capi prodotti con materiali riciclati: il 24% afferma di averli acquistati sempre o spesso, il 55% qualche volta nell'ultimo anno.

Dall’altro lato sono le stesse insegne di abbigliamento che si organizzano per fornire soluzioni di second hand o riciclo ai propri clienti e mantenerne quindi la fedeltà e la fiducia: citiamo ad esempio Zara Pre-Owned e Mango Likes You (con sezioni dedicate sui siti di insegna con funzioni di compra e vendita). H&M invece con il Garment Collective Program raccoglie gli abiti usati per riciclarli e produrre capi nuovi, premiando il cliente che collabora al progetto con buoni sconto.

Il passaggio dalla quantità alla qualità, nelle scelte di acquisto dei clienti, vale anche nel mondo dei gioielli, come racconta la storia di Lil Milan. Il marchio di gioielli disegnati e realizzati a mano in Italia si è distinto proprio grazie al racconto della qualità e dell’unicità che c’è dietro ogni prodotto. Una scelta vincente, data la crescita del giro d’affari del brand, che nel 2021 ha superato il milione di euro.

Il coinvolgimento e l’ascolto dei clienti possono avere diversi benefici per l’impresa, come accelerare lo sviluppo di innovazioni o portare all’ideazione di nuovi prodotti. Una dinamica che vale pure nel mondo B2B, come nel caso di Brembo, cui clienti sono anche le scuderie di MotoE, MotoGP e Formula 1. Realizzare soluzioni personalizzate per ciascuna scuderia ha fatto diventare Brembo un partner imprescindibile: anche per il campionato mondiale di Formula 1 2025 i tecnici di Brembo hanno collaborato con ognuno dei team in gara, dando vita a soluzioni personalizzate per ciascuna monoposto. In questo modo Brembo può ricevere feedback immediati sulle prestazioni dei suoi prodotti dai clienti, facilitando un ciclo di miglioramento continuo, mentre le scuderie ottimizzano le prestazioni delle loro vetture, mantenendo un alto livello di competitività.

La Coesione (coeṡióne) s. f. [der. del lat. cohaesus, part. pass. di cohaerere; v. coerente] è definita da Treccani come la proprietà dei corpi di resistere a ogni azione che tenda a staccarne una parte dall’altra. Piace pensare a questa visione un po’ scientifica per chiosare queste riflessioni sulle tendenze dei consumi attuali: di fronte all’incertezza politica ed economica mondiale, alla crescente fragilità percepita delle comunità di appartenenza, il “fare fronte” unendo le forze e cercando nuovi territori di resilienza, rafforza il senso di appartenenza ad una comunità di valori, di storia e di “sentire”. In sostanza da senso alla vita del singolo e della collettività.

Coesione è competizione, ma è anche ragione dell’essere nella società.

[1] Fonte: Rome Business School.

[2] https://symbola.net/approfondimento/la-coesione-come-nuova-modalita-per-rispondere-alle-crisi-ed-essere-piu-competitivi/

[3] Fonte: Confesercenti-Ipsos.

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