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di Pierangelo Soldavini – Giornalista esperto di tecnologia e innovazione, Sole 24 Ore

In Germania la Hausbank – letteralmente “banca di casa” – non è solo la banca principale della singola azienda, ma quasi una divisione interna per le principali operazioni finanziarie. Questo modello di banca, peculiare del sistema tedesco, si propone come qualcosa di più di un semplice fornitore di servizi finanziari: tra Hausbank e impresa si instaura una relazione di fiducia basata sulla reciproca conoscenza che si concretizza in una consulenza ad ampio raggio, che va oltre la semplice gestione dei servizi bancari tradizionali, spesso cementata anche da una partecipazione azionaria.

Dopo un periodo di appannamento, il ruolo della “banca di casa” è tornato in auge negli ultimi anni. E non è un caso, perché anche – o, forse, soprattutto – in Germania, le aziende si trovano a dover affrontare un mercato sempre più complicato e carico di sfide in continua evoluzione. Dall’emergenza epidemica il sistema economico mondiale è uscito con nuove fragilità che condizionano in maniera diretta l’attività imprenditoriale. Quella che con un brutto neologismo viene definita come “permacrisi” si estrinseca in un quadro di incertezza che coinvolge lo scenario congiunturale, l’irrigidimento della politica monetaria, le evoluzioni geopolitiche, lo scoppio di conflitti in aree sensibili con prospettive inquietanti, le conseguenze sulle catene di fornitura globali, l’accelerazione continua della tecnologia, il cambiamento climatico, le complicazioni regolamentari.

Di fronte a questo nuovo scenario di trasformazione permanente dei fattori competitivi le imprese hanno sempre più bisogno di un supporto fatto di conoscenza, assistenza e accompagnamento. Non c’è dubbio che la complessità sia aumentata negli ultimi anni e che appaia destinata a crescere ulteriormente per il mondo aziendale che si trova in una situazione crescente di disorientamento, quantomeno superiore a quella che ha caratterizzato il recente passato: fare impresa sembra oggi più complicato che mai. È vero che è sempre stato così, ma oggi la complessità aumenta intersecandosi con la rapidità del cambiamento su diversi fronti, a partire da quello tecnologico.

In quest’ottica i fornitori di servizi finanziari hanno un ruolo sempre più centrale, che travalica quello legato al mero credito: ancora oggi le banche possono vantare un patrimonio di fiducia in buona parte intaccato che, accompagnato dall’asset inestimabile rappresentato dalla massa di dati e informazioni che aiutano a comprendere lo stato di salute e le esigenze delle imprese, apre scenari nuovi di collaborazione e coesione all’interno del sistema economico. Tanto più in quello italiano, dominato da imprese di dimensioni ridotte, se non atomiche, che risultano più esposte ai venti del cambiamento e bisognose di affiancamento per sopperire al gap informativo e di competenze di cui inevitabilmente soffrono più dei grandi.

Nel loro rapporto con il mondo bancario, proprio le piccole e medie imprese sono quelle che richiedono in misura crescente un rapporto personale, basato sulla fiducia, fatto di processi rapidi e flessibili e di un supporto umano costante. Per rispondere a queste esigenze delle aziende di fronte alla complessità, le banche sono chiamate a un cambio di approccio, sia per quelle più legate al territorio che per le grandi, trasformandosi in veri e propri consulenti per le imprese, con un ruolo che vada sempre più oltre i confini dei semplici servizi finanziari tradizionali espandendosi a funzionalità e settori nuovi, che alla fine hanno impatto anche sul profilo finanziario delle imprese.

In virtù della loro forte presenza, conoscenza e sensibilità territoriale le banche hanno rappresentato storicamente il principale canale di accesso al credito e ai servizi finanziari più in generale, diventando leva per la formazione di una cultura più evoluta per le imprese sotto il profilo finanziario. Ma tutto questo oggi non basta più. O, meglio, deve trasformarsi per adeguarsi alle esigenze mutate delle imprese, sia come settori di intervento che come modalità, all’insegna di una collaborazione di tipo diverso.

Oggi le imprese si trovano a dover affrontare una compliance rispetto a regole decisamente complesse in tema di sostenibilità, che spesso travalica le loro competenze. D’altra parte le normative legate ai fattori ESG (Environmental, Social, Governance) impattano anche sulle banche, che hanno tutto l’interesse (finanziario) ad avere dalle aziende metriche coerenti con il loro modello di rischio. Per questo un po’ tutti gli istituti hanno avviato iniziative volte ad accompagnare le imprese lungo questo percorso di alfabetizzazione e standardizzazione.

In questa prospettiva Intesa Sanpaolo ha creato i Laboratori ESG, fatti di incontri fisici e virtuali con le imprese per migliorarne i profili di sostenibilità, supportarle nella redazione delle note integrative al bilancio e nella dichiarazione non finanziaria, e Skills4ESG, piattaforma di formazione con contenuti e storie di successo su tematiche ESG. Il Gruppo BPER organizza un roadshow per informare e formare le PMI sul tema della rendicontazione di sostenibilità e della transizione ecologica, mentre in ottica di risk management ha messo a punto insieme a Crif una piattaforma per la raccolta di dati che semplifichi l’assesment delle imprese in ambito ESG. UniCredit aderisce a Open-es, iniziativa di sistema che mira a rafforzare la collaborazione tra le imprese e ad accompagnarle nella misurazione e nel miglioramento delle proprie performance ESG. Il Gruppo BCC Iccrea ha messo a punto il portale Obiettivo ESG per permettere alle aziende di valutare il proprio posizionamento e delineare un piano d’azione con priorità e fonti di finanziamento. Credem ha inserito la performance ambientale nella valutazione della resilienza prospettica nell’ambito della valutazione delle controparti aziendali e dei collaterali immobiliari: l’integrazione dei rischi climatici e ambientali nella valutazione dello scoring aziendale ha permesso di avviare un dialogo con le imprese per favorire una maggior consapevolezza e un miglioramento della performance aziendale, con un focus specifico sui rischi di transizione e rischi fisici.

Così, di fronte alla nuova complessità in ambito ESG, le imprese, soprattutto le piccole, hanno trovato nelle banche un supporto anche in una prospettiva di filiera, dal momento che la valutazione su questi temi finisce per ripercuotersi sull’intera catena di fornitura. D’altra parte proprio il periodo successivo al lockdown ha dimostrato come le tensioni nelle supply chain possano determinare effetti a valanga per le aziende e che quindi la finanza di filiera possa rappresentare uno strumento abilitante per la coesione tra reti di aziende legate da vincoli di fornitura. Il confirming è lo strumento innovativo nella supply chain finance che agevola l’accesso al credito dei fornitori che possono beneficiare dello standing creditizio della capofiliera. Così dopo il progetto pilota con Cisalfa Sport, UniCredit ha messo a punto U-Factor, una famiglia di soluzioni digitali che semplificano la gestione amministrativa e l'accesso al credito della filiera produttiva, integrando il confirming con forme innovative come il dynamic discounting e il reverse factoring per agevolare le relazioni con i fornitori. Anche Intesa Sanpaolo ha proseguito nello sviluppo della finanza di filiera con un programma specifico (Sviluppo Filiere), che ha interessato ad esempio il mondo del lusso con Cieffe, l’agroalimentare con La Linea Verde, marchio del gruppo DimmidiSì, il dolciario con Luigi Zaini che si aggiunge a Venchi, e la grande distribuzione attraverso l’intesa con Superemme che coinvolge oltre 90 PMI sarde. In questo ambito le imprese sposano un modello a piattaforma, in cui poter trovare le soluzioni tecnologiche e ingegneristiche adeguate alle loro esigenze specifiche del momento.

Perfino un sistema di pagamento consumer di rateazione come il “buy now pay later” si trasforma in soluzione di supply chain finance con una modalità di pagamento che consente alle imprese clienti di un grande fornitore di acquistare i suoi prodotti o servizi posticipando il pagamento fino a 90 giorni: i clienti non hanno un’uscita immediata, il fornitore riceve il pagamento immediato dalla banca cui ha messo a disposizione il proprio portafoglio clienti per una valutazione.

Il modello di finanza di filiera ha fatto quindi da apripista a un nuovo schema di rapporto tra banche e imprese all’insegna della flessibilità e delle relazioni che prenda il posto di quello, ormai superato, fatto di soluzioni standardizzate e calate dall’alto. La tendenza è proprio che alle esigenze mutevoli delle imprese, alle prese con una complessità crescente, corrisponda una maggior capacità di ascolto da parte del sistema finanziario.

Così una banca tradizionalmente attenta alle esigenze delle piccole e medie imprese come Banca Ifis ha lanciato un progetto dedicato all’”Economia della bellezza” per andare incontro a quella componente della manifattura italiana basata sul “saper fare” artigiano che è un fattore distintivo della competitività del made in Italy, coniugato oggi con il contributo della tecnologia, che non può in ogni caso sostituire quelle competenze: si tratta di un contributo che coinvolge il design, le aziende purpose-driven, l’industria che sfrutta il turismo culturale e naturalistico e che deve poter contare su un adeguato accesso ai mercati e alla stabilità finanziaria. La banca ha così messo al centro della sua azione il supporto a un settore che già di per sé è strumento di inclusione e coesione sociale, con una strategia che punta a supportarlo con azioni che vanno dalla formazione all’internazionalizzazione.

In una prospettiva di ecosistema è da citare anche quello che non è più un esperimento: il Sardex è la moneta complementare generatrice di un’economia virtuosa e solidale che ha permesso di scambiare beni e servizi tra imprese e persone senza utilizzare l’euro, dando vita a un network di imprese locali che ha superato i confini della Sardegna sviluppando il business sulla base della fiducia. Entrare in Sardexpay significa accedere in una community con un proprio metodo di pagamento interno, con possibilità per le aziende di allargare il bacino di clienti – tra quelli interni al sistema – ed entrare in contatto con altre imprese locali con cui sviluppare legami commerciali e di fiducia reciproca, in una visione in cui le relazioni diventano una leva per il business.

Allo stesso tempo sono allo studio modelli di supporto innovativi come quello del cloud sharing, mirato a supportare le imprese per quanto riguarda la cybersecurity: per loro stessa natura, infatti, le banche hanno un livello di sicurezza informatica decisamente elevato e in continua evoluzione, che potrebbe essere messo a disposizione anche delle aziende in una logica di “security as a service”. Qualche istituto ci sta pensando concretamente.

Nella logica di risposta flessibile e semplice alle esigenze delle imprese anche l’innovazione fintech ha rappresentato un grimaldello che ha sviluppato nuovi servizi ad hoc per le imprese, ma ha anche portato una trasformazione culturale che ha contagiato progressivamente il sistema finanziario tradizionale, all’insegna dell’ascolto, della semplificazione e dell’accompagnamento. D’altra parte il digitale fornisce un nuovo strumento di avvicinamento e conoscenza che va a integrare la prossimità fisica. Sotto questo profilo le aziende ispirate all’Industria 4.0, dotate di impianti connessi che producono quantità enormi di dati, possono condividere queste informazioni con le banche, le quali a loro volta potrebbero proporre soluzioni ad hoc sotto il profilo creditizio avendo in diretta dati sulla produzione e sulle giacenze, sui debiti e sulla solvibilità. Tanto più se, per esempio, fossero connessi anche servizi. Come il catasto e le banche dati legate alle certificazioni ambientali, rendendo più rapide per le imprese le valutazioni su questo fronte.

In prospettiva, la prossimità territoriale che fino a oggi ha posto le basi per la relazione di fiducia e supporto tra sistema creditizio e imprese potrà essere integrata con i processi di digitalizzazione e automazione, se saranno in grado di sfruttare la condivisione dei dati per affinare la capacità di ascolto reciproca. Torniamo quindi a conoscenza e fiducia, sotto una nuova dimensione digitale, come base per una rinnovata coesione tra banca e impresa.

 

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