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Il Progetto Appennino cerca la sua nuova casa, per il 2023.

La Fondazione Edoardo Garrone - Feg di Genova che, dal 2014, ha avviato un’azione di riqualificazione delle aree interne italiane, ha infatti lanciato la nuova “call per i territori”, relativa alla terza edizione del progetto e basata su una formula che coniuga il sostegno alla nascita di nuove giovani imprese, attraverso l’alta formazione dell’incubatore ReStartApp, con il consolidamento e l’innovazione del tessuto imprenditoriale esistente, grazie ai percorsi di accelerazione - «Vitamine in azienda e creazione di reti - Imprese in rete», dedicati alle imprese locali.

«Si tratta di strumenti concreti ed efficaci al servizio di strategie di sviluppo locale che vogliano puntare sull’imprenditorialità quale volano di coinvolgimento e valorizzazione di tutte le risorse materiali e immateriali della comunità», racconta Federica Campora, direttore della Fondazione.

Con la nuova call (dal sito fondazionegarrone.it) si cercano appunto enti privati e pubblici, costituiti in partenariati guidati da una fondazione (bancaria, d’impresa, di famiglia o di comunità), che rappresentino specifiche aree appenniniche di tutta Italia e vogliano accogliere e sviluppare sul proprio territorio l’originale modello di rilancio e di sviluppo sostenibile degli Appennini promosso dalla Feg.

Intanto la seconda edizione di Progetto Appennino è in corso, realizzata in collaborazione con i comuni di Avellino e Mercogliano e alla Fondazione Polo Terra, in rappresentanza del territorio denominato “Area Vasta di Avellino”. Si tratta di 10 settimane di formazione intensiva, da sviluppare attraverso un piano didattico articolato tra lezioni in aula, laboratorio di creazione e sviluppo d’impresa, esperienze, testimonianze e casi di successo. «Con il valore aggiunto», osservano alla Fondazione, «della formula residenziale che offre un’esperienza di socialità e di confronto con il territorio e la comunità locale».

Fino a ottobre, sette giovani si formeranno per dare corpo alle loro idee imprenditoriali e tre di loro saranno selezionati per ricevere una borsa da 60mila euro.

Storie di passione e di visione: c’è Iolanda Bernardo, 26enne di Ottaviano (Na) che, avendo studiato farmacia, vuole creare un laboratorio cosmetico collegato a un’azienda agricola.

Oppure Serena Cerullo, 34 anni, Sant’Angelo (Av) che vuol creare una struttura ricettiva all’aperto, con l’installazione di casette in legno a forma di botte. Il 36enne Luigi Cuomo, da Avellino, col progetto Uppennino, vuol riportare il cinema laddove non c’è più, visto che la crisi della celluloide ha chiuso le poche sale della provincia profonda. Con un camper e uno schermo mobile, vuole ridare il cinema a chi l’ha perduto, con una rassegna itinerante, un po’ in stile Nuovo cinema Paradiso.

Leonarda Luciani, 28 anni, vuole invece mettere a frutto i suoi studi di Antropologia dell’educazione nell’azienda agricola di famiglia, con sede nell’Aquilano, prevalentemente zootecnica (ovini, e caprini ma anche cavalli e qualche bovino). Il progetto, denominato Il nido dell’Aquila, punta a realizzare una vera e propria fattoria didattica a disposizione delle scuole del territorio. E sempre di animali, precisamente di bovini, si occupa Muuvap - Mucche una vita al pascolo, pensato da Roberto Piazza, 27 anni, Formia (Latina): nel bellissimo Parco Matese alleverà animali nutriti “grass-fed”, ossia di erba, e dai quali ricavare carne di qualità nutrizionale migliore, in modo sostenibile. E dall’allevamento parte anche il progetto Latteria artigianale La Farfalla di Elisa Pisotti, 22 anni, che vive a Ottone nel Piacentino. Da un’attività zootecnica da impiantare in Alta Valtrebbia, la giovane vuole produrre formaggi di alta qualità freschi: filiera corta e affascinante.

Un’altra protagonista è Flavia Rocchini, 35enne di Marino (Roma) che ha pensato di coltivare orti “per conto terzi”: cittadini che potranno scegliere, con un’app dedicata, il loro appezzamento, di cui godranno, è il caso di dirlo, i frutti in termini ortaggi sani e di qualità. Una vera e propria smart-farm chiamata I Giardini di Irene. Fra un anno, in qualche altra parte dell’Appennino, altri giovani imprenditori progetteranno il loro futuro in grado di rilanciare un pezzo delle aree interne nelle quali vogliono vivere e lavorare, grazie alla Fondazione Edoardo Garrone che documenta, con legittima fierezza, i dati di uno studio della Statale di Milano della Sda Bocconi sui ritorno in termini di social return on investment - degli oltre 2,76 milioni investiti dalla Fondazione nel quinquennio 2014-2019: per ogni euro erogato, il ritorno è stato di 1,23: una leva concreta di rigenerazione.

E tutto col metodo del partenariato, di cui è fermamente convinto il presidente, Alessandro Garrone: «Grazie all’esperienza maturata in collaborazione con territori e partenariati», racconta, «e al lavoro svolto in tutti questi anni accanto a tante giovani imprese innovative e geneticamente sostenibili, stiamo sperimentando - e via via mettendo a punto - nuove modalità di partecipazione ai processi di sviluppo locale, mettendo a disposizione delle aree appenniniche competenze, relazioni, risorse e strumenti pratici».

Partner dell’iniziativa è Legambiente che, col presidente Stefano Ciafani, è convinta del fatto che «dalla rigenerazione degli Appennini, anche attraverso il corretto uso delle risorse messe a disposizione dal Pnrr, può arrivare un segnale chiaro e forte a tutto il Paese del vero significato di parole come resilienza, adattamento ai cambiamenti climatici, comunità energetiche e solidali, nuova economia, circolare e civile».

E «orgoglioso» della collaborazione si dichiara Ermete Realacci, storico volto dell’ambientalismo italiano e oggi presidente di Fondazione Symbola: «Il rilancio delle aree interne e dei nostri Appennini», racconta, «è importante per la sostenibilità, l'innovazione, i legami con il territorio, le comunità e anche per la sfida che abbiamo davanti per la transizione verde».

C’è grande entusiasmo anche sui territori, dove questa scintilla di innovazione può accendere processi virtuosi che trattengono gli ultimi giovani, pronti a lasciare, oppure ripopolano, riportando magari a fare impresa i discendenti di quelli che, generazioni fa, lasciarono monti e valli.

Ne è convinto Marco Bussone, presidente dell’Unione nazionale comuni comunità enti montani – Uncem, per il quale «si tratta di una grande occasione per i territori che possono aprirsi a un evento importante, formativo, che porta giovani da tutto il Paese, da tutto l’Appennino, protagonisti di un futuro che non può prescindere dalla loro capacità di fare impresa e di essere innovatori».

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Salvare l'Appennino, con le start-up | Vita

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