Cos’è ARTES 5.0?
ARTES 5.0 è un European digital innovation hub (EDIH) nato da una visione condivisa con il MIMIT (Ministero delle Imprese e del made in Italy) e con la Commissione Europea, che finanziano entrambi al 50% il progetto. È un punto di partenza interessante perché racconta la nostra strategia: coprire in maniera capillare il territorio nazionale, ma con collegamenti europei. L’idea di fondo di ARTES 5.0 è partire da una solida competenza scientifica e tecnologica e tradurla in servizi che vengono offerti in maniera modulare a vari tipi di utenza: la Pubblica amministrazione e aziende di ogni dimensione, dalle micro alle grandi, comprese le startup. Noi parliamo di science-driven innovation e non è solo uno slogan, ma una visione strategica che deve generare valore. Attraverso la nostra rete di partner offriamo alla PA e alle aziende il meglio della tecnologia, le competenze, la scienza, anche le infrastrutture: ad esempio – attraverso una categoria di servizi chiamata “Test before invest” – mettiamo a disposizione laboratori e piattaforme che permettono di sperimentare soluzioni e sviluppare proposte per i clienti, e verificarne la fattibilità prima di affrontare investimenti. Forniamo inoltre formazione ad hoc, servizi di supporto al reperimento di finanziamenti pubblici e privati e contribuiamo alla creazione di relazioni a livello locale, nazionale ed europeo. I partner di ARTES 5.0 hanno una lunga, profonda e convinta esperienza di progetti europei. Mettere insieme le competenze in una dimensione sovranazionale e articolarle a livello locale è un vantaggio competitivo nei confronti del resto del mondo, perché altrove non esiste niente di simile. Vogliamo scegliere i partner internazionali con cui lavorare e guardiamo in particolare al bacino mediterraneo, un’area vasta e con un retaggio storico importante, con un potenziale economico enorme. Sebbene non possiamo vantare multinazionali tecnologiche come nella Silicon Valley, abbiamo un tessuto di imprese molto solide, basate su valori sociali molto importanti.
Perché, oggi, c’è bisogno di ARTES 5.0?
Posso spiegarlo con una metafora. Per un’impresa, introdurre tecnologie avanzate equivale ad attraversare un ponte tibetano, esposto a venti e intemperie. Ai versanti opposti del ponte ci sono la ricerca fondamentale e i bisogni delle aziende. Nel mezzo c’è quella che io chiamo “la valle della morte delle buone idee innovative”, e rappresenta un rischio concreto per tutte le persone che si avventurano in un terreno inesplorato. E ARTES 5.0 ha l’esperienza e le competenze per guidare imprenditori e cittadini in questo percorso. Fuor di metafora, questo attraversamento si chiama trasferimento tecnologico: è un’attività che in Italia si fa da decenni, anche con ottimi risultati, ma è sempre stata vista come attività di secondo piano, tanto nei centri di ricerca quanto nelle imprese. La sfida di ARTES 5.0 è “elevare” il livello del trasferimento tecnologico in Italia, portando il nostro Paese sullo stesso piano di Stati come gli USA e i Paesi del Nord Europa. Occorre provare a fare qualcosa di diverso per favorire il passaggio delle buone idee concepite nel mondo della ricerca a quello al servizio dell’economia del nostro Paese.
Quale ruolo gioca ARTES 5.0 per aumentare la competitività delle imprese e per una PA più efficiente? E perché un cliente dovrebbe sceglierla?
Il tessuto produttivo italiano è fatto per lo più di piccole e medie imprese e di distretti produttivi che spesso riuniscono realtà d’eccellenza. Questa geografia è sia un valore sia un limite, perché a volte ferma la crescita delle imprese. Qui entra in gioco ARTES 5.0 che, usando un’altra metafora, possiamo immaginare come un gigante buono in grado di aiutare coloro che sono in difficoltà. Il ruolo di ARTES 5.0 non è solo di veicolare finanziamenti pubblici europei e nazionali, ma di fornire supporto alle aziende in modo articolato. Possiamo dire che i partner di ARTES 5.0 sanno fare tutto. La nostra struttura hub & spoke riunisce università, centri di ricerca, associazioni datoriali e imprese pronte a fornire tutto quello di cui altre aziende hanno bisogno. Che si tratti di robotica, meccatronica, sensori embedded, Internet of Thing (IoT), soluzioni per la manifattura additiva o l’intelligenza artificiale. L’Italia è un grande Paese manifatturiero, la nostra migliore capacità è costruire oggetti di grande valore anche in piccola serie, in grado di risolvere problemi. Da un lato si tratta di aggiungere a queste abilità e a questi settori economici in cui siamo forti gli strumenti più moderni della quarta rivoluzione industriale: digitalizzazione e connessione. Dall’altro occorre confrontarsi con i grandi cambiamenti sociali e ambientali. È una sfida di armonia complessiva che noi italiani sappiamo affrontare, perché abbiamo una cultura storica interdisciplinare, di ingegneri “umanisti”, che affonda le sue radici nel Rinascimento, quando non c’era una divisione tra il mondo umanistico e tecnologico. Immaginare una tecnologia sempre più al servizio dell’uomo si aggiunge agli altri aspetti più tradizionali legati alla sperimentazione di prodotto o all’innovazione.
Può farci un esempio concreto legato ad ARTES 5.0?
Tra i partner che hanno creduto in noi, INAIL (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro) ha un ruolo di peso. Negli ultimi anni è diventato un attore molto agile e capace di profonde innovazioni. Per uno dei bandi del Competence Center Inail ha messo a disposizione 2 milioni di euro per finanziare soluzioni che intervengano sul problema degli infortuni sul lavoro. Sappiamo che molti incidenti dipendono dalla distrazione umana e io sono profondamente convinto che la tecnologia sia uno strumento potente per ridurre i rischi. Attraverso le tecnologie è possibile avvertire un lavoratore o chi gli sta accanto di un pericolo imminente, e scongiurarlo. È solo un esempio di come la centralità dell’uomo possa avere un ruolo concreto e determinante nell’innovazione.
Qual è la visione di ARTES 5.0 sul ruolo che Europa e Italia possono ricoprire nel campo della tecnologia?
Il sogno di ARTES 5.0 è di replicare il modello delle imprese italiane che funzionano come Brembo, Cucinelli, Luxottica, innamorate del prodotto, e valorizzarlo in una serie di attività: mettere all’opera la vasta rete di competenze del suo partenariato, con una copertura nazionale che arrivi al più piccolo paese del Veneto, della Calabria o della Sardegna e collaborazioni internazionali mirate, e farlo in una serie di settori che comprendano il manifatturiero ma vadano anche oltre, generando impatto anche sulla PA, che ha un ruolo fondamentale, ma va profondamente rinnovata con gli strumenti più moderni.Dobbiamo riabituarci ad avere un ruolo da leader nell’innovazione e non solo da follower. Per esempio, nel campo dell’intelligenza artificiale stiamo adottando un approccio difensivo, perché è dominato da grandi investimenti Oltreoceano. Ma abbiamo primati tecnologici che possono fare la differenza, per esempio nella robotica, cioè l’intelligenza “dentro” e “fuori” le macchine. E soprattutto nell’utilizzo della tecnologia che metta al centro la persona, il territorio e l’ambiente. È questo il cuore del libro bianco dell’Industria 5.0 della Commissione europea. Tutto ciò significa guardare a una nuova idea di qualità, perché l’Industria 5.0 non è solo una rivoluzione esclusivamente tecnologica: è una rivoluzione culturale nel vero senso del termine. E noi italiani, grazie alla creatività che ci è riconosciuta a livello mondiale, possiamo essere leader della qualità. Conosco il valore del nostro Paese; la nostra storia, la nostra cultura, la nostra capacità di valorizzare l’arte e il bello sono valori importantissimi, che noi sviluppiamo a volte con timore, come se valessero meno della capacità di produrre soluzioni tecnologiche, che peraltro nel nostro Paese sappiamo fare benissimo. Dobbiamo coltivare un nuovo modo di fare impresa e di sviluppare attività economica e ARTES 5.0 vuole essere la bandiera di questa nuova visione.