Cinque anni dopo il mondo ci riprova. Il rientro degli Stati Uniti negli Accordi di Parigi sul Clima, certificato nel primo giorno dell’amministrazione di Joe Biden e Kamala Harris, riapre la partita ma a precise condizioni.
Primo: il tempismo. Trenta giorni per presentare i Nationally Determined Contributions (Ndc), cioè gli obiettivi climatici di ogni Stato aderente per ridurre le emissioni di CO2 e tenere la crescita della temperatura sotto i 2 gradi centigradi.
Poi il compito più difficile. Convincere vis à vis il mondo della grande industria a stelle e strisce a passare alle energie rinnovabili, per tener fede a quella roboante promessa pronunciata durante la campagna elettorale: raggiungere la Carbon neutrality entro il 2050, come l’Ue.
È una scalata ripida, ma la lotta ai cambiamenti climatici è un gioco di squadra e alle promesse dovranno far fede anche gli altri grandi player dell’accordo, Cina e Ue. I numeri lasciano spazio a un velo di scetticismo. “Biden ha fissato obiettivi ambiziosi, la neutralità climatica, l’energia pulita al 100% entro il 2035. Ora deve mettere in campo gli strumenti per raggiungerli”.
Parola di John Podesta, presidente e fondatore del Center for American Progress, già consigliere per le politiche climatiche di Barack Obama, capo di gabinetto di Bill Clinton e capo della campagna elettorale di Hillary Clinton nel 2016.