Nel 2018, anno conclusivo del mandato dell’Ottava Legislatura del Parlamento europeo, possiamo dire con orgoglio che la cultura ha finalmente affermato il ruolo che le spetta al centro del progetto europeo, nella propria area e come dimensione trasversale a tutte le politiche. E, con l’approvazione delle Direttive sul Copyright e sui Servizi Media Audiovisivi, la UE ha detto chiaro e forte, unica voce nel mondo, che i profitti generati dalla rete non devono andare solo ai proprietari delle grandi piattaforme ma anche remunerare la creazione a favore di autori e editori.
Un 2018 europeo di cui andare fieri. In particolare, il riconoscimento del Patrimonio culturale come risorsa per l’Europa ha costituito la pietra d’angolo dell’Anno europeo del patrimonio culturale, che abbiamo celebrato nel 2018 con esiti sorprendenti e strategici per il seguito, ora in corso di implementazione nel prossimo ciclo di programmazione (2021–2027). Il 30 maggio 2018 la Commissione ha diffuso la Nuova Agenda europea per la Cultura, che succede a quella emanata nel 2007 e si pone un orizzonte temporale lungo: propone una visione organica delle politiche europee per la cultura, inquadrandole in tre aree, che già stanno trovando implementazione in altre Direzioni generali, nelle Relazioni esterne (EEAS), nella Ricerca, nell’Educazione (Erasmus+), nelle politiche di cooperazione allo sviluppo (DG DEVCO), in campo industriale (Imprese Creative e culturali) e, soprattutto, nei Fondi strutturali, dove la cultura trova spazio crescente, almeno nelle sue forme più tangibili legate alla nascita di imprese e di valorizzazione di strutture con potenziale attrattivo e occupazionale.
Tutto ciò non è avvenuto senza battaglie, a partire da quella condotta per ottenere dal Presidente Junker che l’Anno europeo fosse proclamato, finanziato, sostenuto. A poco a poco si afferma ciò che agli operatori culturali è sempre stato chiaro: città e territori che sappiano valorizzare la loro storia, raccontarsi, rinnovarsi e ripensarsi dando spazio a economie leggere, creative e sostenibili diventano attraenti non solo per i turisti e il loro indotto economico, ma anche per le imprese che vi si insediano, per il valore immobiliare delle aree, per l’equilibrio generazionale — i giovani e le famiglie con bambini bilanciano l’invecchiamento — e interculturale, in società ormai strutturalmente multirazziali e multireligiose. Per gli amministratori regionali e locali, la decisione di puntare sui settori culturali creativi è una scelta intelligente, di cui le 70 Regioni europee già avviate su questa strada attraverso le Smart Specialization stanno dimostrando il successo.
La dimensione economica delle politiche culturali, focus del rapporto Io sono Cultura, ha richiesto un’attenzione dedicata, a partire dai testi preparatori (cosiddetti “Proposal”) della Commissione, che hanno avviato i lavori dei co-legislatori europei attivi in ambito culturale, supportati dal contributo dei colleghi europarlamentari italiani attivi in altri ambiti, come Luigi Morgano (su Imprese creative e culturali), Mercedes Bresso (su Politiche regionali), Roberto Gualtieri (su Fondi strutturali) e Patrizia Toja (su Innovazione industriale). Il gioco di squadra ha dimostrato tutta la sua efficacia, consentendo la visione coerente e la trasversalità auspicata, ma che sempre vacilla nella fase delicata di chiusura dei budget. Esiti tanto coerenti, innovativi e rilevanti potranno imporre veramente un salto di qualità nelle politiche europee per la cultura, a patto che questa fioritura venga alimentata dal neo-eletto Parlamento Europeo, per non riportare la cultura nell’alveo antistorico delle sole identità nazionali.
L’apertura della Nona Legislatura del Parlamento europeo si è accompagnata dalla formazione di nuovi gruppi politici a cui i MEP dovranno aderire: la loro consistenza determinerà il numero di Commissioni da presiedere, forse nuovi accorpamenti di competenze (non dimentichiamo che Europa Creativa, risponde ora a due diverse DG nei sottoprogrammi Cultura e MEDIA) e, infine, il definitivo ammontare del budget, premessa indispensabile all’apertura del Trilogo su Europa Creativa 2021– 2027. La trattativa per il nuovo Europa Creativa è stata avviata dal Parlamento Europeo in una situazione di accresciuto dialogo con la Commissione, gli Stati membri e gli operatori, frutto anche dell’Anno europeo del patrimonio culturale e degli strumenti di governance condivisa in esso sperimentati. Già nel 2018, sulla base del programma 2014–2020, sono state avviate diverse novità che trovano conferma nella struttura in discussione per il 2021–2027. La prima riguarda la riconosciuta necessità che il settore del patrimonio culturale abbia misure ad hoc che consentano partecipazione, sostenibilità, protezione e innovazione, i quattro pilastri sui quali sono state progettate le dieci grandi iniziative europee dell’Anno del Patrimonio. E ancora, lo strumento di garanzia sui prestiti di Europa Creativa, ben avviato e destinato, dal 2021 a confluire con gli altri 15 Fondi specializzati nell’unico INVEST EU, senza perdere di specificità.
In parallelo, tra le iniziative europee rilevanti e implementate di recente, che in qualche modo svolgono anche una sorta di test per la definizione delle linee di finanziamento del nuovo programma Europa Creativa 2021–2027, ci sono Music Moves Europe, l’iniziativa con la quale la componente industriale della musica sta mettendo a punto un sistema di supporto affine a quello di MEDIA, e il bando i-Portunus, emanato a inizio 2019 da EACEA – Education, Audiovisual and Culture Executive Agency per favorire la mobilità degli artisti. La Commissione ha dimostrato sensibilità e attenzione, includendo nel suo Proposal una nuova articolazione dello strand Cultura, con azioni settoriali mirate che colgono le specificità sopra citate, una nuova linea dedicata alla stampa e ai media indipendenti, a sostegno della libertà di espressione di lotta alle fake news. La dotazione finanziaria proposta per il 2021–2027, in aumento di circa il 30% su quella dell’attuale periodo settennale, è di 1.850 mrd di €, budget che il Consiglio ha confermato.
Il Parlamento ha fatto molto di più, formulando la proposta, compatibile con il budget generale, che i fondi siano raddoppiati, portandoli a 2.8 mrd di €. In merito ai contenuti, i negoziatori del nuovo Parlamento si presenteranno al tavolo della trattativa finale con un pacchetto molto ricco di modifiche, che accolgono e precisano la nuova struttura dello strand Cultura (con interventi settoriali per patrimonio, musica, editoria e design), ribadiscono il sostegno nel settore dell’audiovisivo alle realtà indipendenti, rilanciano la condizione che i progetti siano finanziabili quando portano un valore aggiunto europeo e, soprattutto, introducono alcune novità tra gli obiettivi, dove finalmente viene affermato il valore intrinseco della cultura e della libertà artistica e un ruolo maggiore per i creatori, gli artisti e gli operatori, non considerati solo “mezzi” per accrescere l’economia e la competitività.
Oltre alle trattative in corso per il nuovo programma di Europa Creativa, nel processo di definizione del nuovo ciclo europeo, sono emersi elementi di grande novità per l’ecosistema culturale e creativo. A dimostrazione che la cultura e la creatività sono al centro del progetto europeo, nella propria area e come dimensione trasversale a tutte le politiche. A partire dalla creazione di un cluster Cultura, Creatività e Società inclusiva all’interno Horizon Europe (ex Horizon 2020), il Programma Quadro UE per Ricerca & Innovazione, con una dotazione importante (2,8 Mrd Eur secondo il Parlamento). Altrettanto significativa è l’inclusione da parte dell’EIT – European Institute for Technology and Innovation della nuova area di intervento industrie culturali e creative nel Piano strategico 2021-27 per sostenere il potenziale delle ICC mediante attività integrate di alta formazione, ricerca e innovazione. In aumento anche le risorse destinate ad Erasmus + e altri programmi, anche se ridimensionati dai pareri dei Consigli europei dei ministri competenti.
Infine, il 2018 verrà ricordato anche per la Direttiva sul copyright online, volta a riconoscere e remunerare i titolari del diritto d’autore nell’ecosistema digitale da parte delle grandi piattaforme di aggregazione di contenuti e dalle piattaforme social, laddove utilizzino commercialmente contenuti culturali, creativi e giornalistici prodotti da altri. Questo consentirà a tutti i creatori e alle imprese europee che basano il loro asset sulla proprietà intellettuale di far crescere ricchezza e occupazione, tutelando i propri diritti. Altro successo ottenuto è stato l’inserimento nella Direttiva che il lavoro creativo e giornalistico deve essere adeguatamente e proporzionalmente remunerato, mentre sono state estese e rese obbligatorie le eccezioni di copyright per l’uso senza fini commerciali di istituzioni scolastiche, culturali e di ricerca, incluse le piattaforme digitali (come Wikipedia) che non hanno finalità commerciali. Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 17 maggio 2019, la Direttiva deve essere recepita da ciascuno degli Stati membri entro 24 mesi, nel rispetto delle specificità nazionali ma nell’adesione ai principi sanciti dalla Direttiva. Tocca ora all’Italia, come a tutti i Paesi membri, trovare una composizione.