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È partito oggi il talk online “L’Italia che verrà” nel quale Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e Padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, hanno rilanciato il Manifesto di Assisi di cui sono i promotori.

Coesione, sostenibilità, qualità e bellezza sono le chiavi per affrontare la crisi che stiamo attraversando. Per permettere un’efficace partecipazione di tutti allo sforzo comune è più che mai necessario indirizzare l’azione dello Stato verso una rapida e massiccia opera di semplificazione e sburocratizzazione a partire dalle fonti rinnovabili, dalla riqualificazione nell’edilizia e dalla ricostruzione delle aree terremotate.

Le prossime iniziative della Fondazione Symbola, del Sacro Convento di Assisi, con i firmatari del Manifesto daranno molto rilievo ai territori e ai piccoli comuni. Con la rubrica #diariodibordo vengono raccontate le storie di comunità e imprese che si impegnano contro l’epidemia. Se ne parlerà anche martedì prossimo all’interno di Buone Notizie del Corriere della Sera. Un’attenzione particolare verrà dedicata alle iniziative che accompagneranno la stagione dei presepi portando in questa straordinaria tradizione italiana, iniziata proprio da San Francesco, le professioni e i valori del presente e del futuro.

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Il 93% delle produzioni tipiche nazionali che si consumano nasce nei comuni italiani con meno di cinquemila abitanti, un patrimonio di gusto e biodiversità che fa da traino anche al turismo, con 2 italiani su 3 (65%) tra coloro che andranno in vacanza che visiteranno un borgo nell’estate 2024, secondo Ixe’. È quanto emerge dallo studio Coldiretti/Symbola su “Piccoli comuni e tipicità”. Il rapporto vuole raccontare un patrimonio enogastronomico del Paese custodito fuori dai tradizionali circuiti turistici, valorizzato e promosso grazie alla legge n.158/17, a prima firma Realacci, con misure per la valorizzazione dei Piccoli Comuni.

Il rapporto analizza e racconta i fattori più significativi della competitività del nostro Paese, con particolare attenzione verso gli aspetti che non vengono colti dagli indicatori economici più diffusi, sottolineando l’importanza della collaborazione per le imprese. La coesione migliora il legame e il radicamento nelle comunità e nei territori, accresce il senso di appartenenza e soddisfazione di vita dei dipendenti, il coinvolgimento e il dialogo con i clienti.

Il rapporto ci porta alla scoperta delle oltre 250 specie di alberi monumentali che popolano il Paese, che mostra inoltre una speciale relazione tra i piccoli comuni e i monumenti italiani, raccolti in un censimento in continua crescita grazie al lavoro del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste. Su un totale di 4.287 alberi monumentali individuati ad aprile 2024 sul territorio italiano, 2.107 si trovano nei piccoli comuni. Sono inoltre 1.548 i comuni italiani con almeno un albero monumentale, di questi 962 sono piccoli comuni. Guardando allo specifico delle regioni, il primato per numero totale di alberi monumentali spetta al Friuli-Venezia Giulia, con 454 monumenti verdi, di cui quasi la metà, 209, nei piccoli comuni.

Il 92% delle produzioni tipiche nazionali che si consumano soprattutto a Natale nasce nei comuni italiani con meno di cinquemila abitanti. È quanto emerge dallo studio Coldiretti/Symbola su “Piccoli comuni e tipicità”. Il rapporto vuole raccontare un patrimonio enogastronomico del Paese custodito fuori dai tradizionali circuiti turistici, valorizzato e promosso grazie alla legge n.158/17, a prima firma Realacci, con misure per la valorizzazione dei Piccoli Comuni. Nei territori dei 5.538 piccoli comuni con al massimo 5.000 abitanti, in cui vivono quasi 10 milioni di italiani, si produce infatti ben il 92 per cento dei prodotti di origine protetta (DOP, Denominazione di Origine Protetta e IGP, Indicazione di Origine Protetta) e il 79 per cento dei vini italiani più pregiati. Questo rapporto di Coldiretti-Fondazione Symbola “Piccoli Comuni e Tipicità” ci restituisce il quadro aggiornato per ogni regione di questa dimensione produttiva estesa e radicata che traduce in valore la diversità culturale.

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