Più passano i mesi, più vengono messi a nudo i difetti del superbonus., ma non bisognerebbe passare da un eccesso all’altro come nel caso del reddito di cittadinanza. Piuttosto che azzerarlo, occorrerebbe cioè impostare una manutenzione programmata, come avviene già in altri Paesi europei come l’Olanda, uscendo dalla logica emergenziale che predomina in ogni normativa, compresa quella anti-sismica – problema che ad esempio l’Olanda non ha. Partendo dal presupposto che nel 2024 il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva sull'Efficienza energetica degli edifici (conosciuta anche come direttiva sulle case green) che ha l’obiettivo di azzerare le emissioni dell'intero parco immobiliare europeo entro il 2050, la manutenzione programmata e correlata alle spese condominiali potrebbe essere un bonus permanente. È previsto, infatti, che ogni stato invii un piano nazionale di ristrutturazione con l’indicazione della tabella di marcia e degli obiettivi da seguire e l’Italia, oltre alla vetustà di gran parte del patrimonio edilizio – si ricordi la storica battaglia dell’architetto Aldo Loris Rossi – ha appunto il problema del rischio sismico oltre a quello idrogeologico e alle necessità ecologiche non più procrastinabili.
Ormai tutte le mostre di architettura e design, dalla Biennale di Venezia al Salone del Mobile di Milano, sono incentrate sulle buone pratiche che incidono meno sul riscaldamento globale e l’estrazione di materie prime. Il riuso e riciclo è insomma indagato in ogni direzione progettuale, un architetto recentemente scomparso come Italo Rota ne aveva fatto un tratto distintivo: tutti i suoi principali progetti infatti, dal Museo del Novecento di Milano al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia, sono infatti trasformazioni di edifici esistenti caduti in disuso o vetusti e poco fruibili, negli ultimi anni in collaborazione con Carlo Ratti che peraltro dirigerà la prossima Biennale. Di certo sarebbe semplicistico e al contempo velleitario assecondare una moratoria sulle nuove costruzioni come proposto da alcuni atenei internazionali, perché come spesso ripete Mario Cucinella siamo all’inizio di un’era del tutto nuova di cui comprendiamo appena le potenzialità e soprattutto le modalità. Ad esempio la percentuale di ferro e acciaio da costruzione frutto di riciclo è sempre maggiore e chiaramente è un fenomeno che deve essere sostenuto. In altri termini non c’è una ricetta univoca per risolvere i grandi problemi ambientali di questo secolo, come la scarsità di risorse o gli eventi metereologici sempre più violenti, ecc.
Quest’anno ricorrono i dieci anni dall’inaugurazione del Bosco Verticale di Stefano Boeri Architetti (Milano), progetto inizialmente molto criticato, specie dagli addetti ai lavori, e invece oggi replicato in Olanda e Cina anche in versione social-housing. Non è affatto detto che piantare piante – vedi il programma Forestami - sia la migliore soluzione, certamente non esiste un’unica soluzione e la ricerca deve essere dunque continua anche in urbanistica. Una strategia è quella portata avanti da MIC-HUB lo studio milanese di Federico Parolotto che propone di modificare le infrastrutture, despecializzarle, per creare un sistema di reti per la micromobilità alternativa all’automobile dunque con l’implementazione di mezzi pubblici e privati anche in modalità sharing. Ogni comune della dorsale adriatica è attualmente impegnato nel completamento della ciclovia che attraversa il suo territorio, dove a volte è necessario costruire un ponte sul fiume e delle stazioni di carica per le biciclette elettriche e i servizi necessari, altre volte intervenire nelle aree verdi limitrofe o nelle rive di fiumi e torrenti attrezzandole e recuperandole. Si tratta di una silenziosa utopia che si sta avverando, una connessione ciclistica ma anche pedonale, dopo aver realizzato prima quella ferroviaria dopo l’Unità d’Italia e poi quella autostradale nel secondo Dopoguerra. Se nel Tirreno è più difficile da realizzare perché la costa è più impervia e rocciosa per lunghi tratti, di certo è un’esperienza ripetibile, ad esempio, lungo il Po e altri fiumi importanti, perché anche da queste esperienze dirette si può migliorare e sviluppare la sensibilità ambientale.
Il sempre maggiore ricorso all’uso del legno nella costruzione è una spia di questa nuova sensibilità: La Fornetta progettata da Michele De Lucchi con il suo studio Amdl Circle sul lago di Como, senza colle né sostanze chimiche e priva di cemento, oppure la Villa n. 3 dello studio vicentino Jimmi Pianezzola Architetto con una dimora suburbana vicino a Vicenza, progettata sul modello rinascimentale e costruita con materiali naturali come legno, paglia, calce, argilla. A conferma del favore che la diffusione del legno nella costruzione sta incontrando in Italia e non solo, l’anno scorso è stato istituito il Wood Architecture Prize by Klimahouse, il primo premio nazionale per l'architettura in legno, istituito da Fiera Bolzano, in un territorio storicamente legato a questa tecnica. Un altro trend evidente, è come gli studi di architettura stiano diventando anche operatori culturali producendo video, podcast e ricerche, talvolta coinvolgendo esperti di altri settori. Ad esempio Lo studio It’s di Roma (Alessandro Cambi, Francesco Marinelli, Paolo Mezzalama) ha progettato lo spazio It’s HUB: un luogo per rafforzare il legame tra l’architettura e le altre discipline creative, che ospita performance artistiche e serie podcast (come LIVEonHUB, prodotta dallo stesso studio che indaga la relazione tra uomo e ambiente) e ospita anche una casa di produzione cinematografica romana, la 8Production. It’s ha firmato con quest’ultima ll fiume che non c’è, un cortometraggio sulle potenzialità architettoniche della città di Roma, partecipando anche a convegni di storia sul tema eminentemente romano della tipologia della palazzina.
Lo studio di architettura milanese Il Prisma, invece, nel 2024 ha aperto una nuova sede a Milano concependo il Prisma Live, un luogo di condivisione e diffusione di cultura: uno spazio espositivo che vuole favorire contaminazioni meditative fra artisti con diverse aree specifiche. Tra queste, l’Artist Atelier, uno spazio in cui i musicisti possono sperimentare ed esibirsi, o il Melting Podcast, una sala allestita come sala registrazioni e radiofonica che approfondisce temi ESG e innovazione tecnologica con diversi ospiti. Lo studio di architettura Lombardini22 ha prodotto il film Il Posto, un lungometraggio che vuole anche celebrare i cinquant’anni anni di attività della società di consulenza e design DEGW che mette insieme un anniversario con la finzione cinematografica.
Un grande problema politico-urbanistico che ogni città d’Italia deve affrontare nei prossimi dieci anni è quello della ridefinizione del proprio stadio di calcio, in linea con quanto avvenuto nel resto d’Europa e del mondo. Solo Torino (Allianz Stadium Juventus), Udine (Stadio Friuli), Bergamo (Gewiss Stadium), Sassuolo (Mapei Stadium Città del Tricolore a Reggio Emilia) e, in parte, Frosinone sono riuscite a risolvere per tempo e i risultati si vedono anche a livello agonistico, mentre Roma, Firenze, Napoli e soprattutto Milano sono in difficoltà per l’indecisione sul da farsi per via del contrasto fra il Comune, quasi sempre proprietario, che vorrebbe che le società investissero direttamente, mentre queste ultime puntano allo stadio di proprietà. Inoltre, nelle città con due società storiche come Torino, Genova, Milano e Roma si pone il problema di sdoppiamento degli impianti, uno per ciascuno. Si tratta insomma di un tema che deve accomunare giocoforza le istituzioni politiche nazionali e locali, la F.I.G.C., l’architettura e l’ingegneria.
Alcuni grandi maestri del passato da Pier Luigi Nervi e Luigi Moretti fino a quelli di Paulo Mendes da Rocha, Herzog&de Meuron, Zaha Hadid ed Eduardo Souto de Moura si sono confrontati con questa tipologia architettonica dunque i modelli possibili sono molti e diversi. L’ultimo programma organico di rinnovamento degli stadi italiani fu varato nel 1978 da Artemio Franchi e portato avanti dai due governi Craxi (1983-87) in vista dei Mondiali di calcio del 1990. Sono stati così costruiti ex novo, rinnovati o modificati tutti gli stadi principali del Paese con il coinvolgimento attivo delle grandi imprese italiane di allora, pubbliche e private. Vittorio Gregotti, Renzo Piano e altri furono coinvolti per quelli costruiti ex novo, Alberto Burri per il manifesto dei Mondiali 1990, mentre l’ingegnere italo-argentino Massimo Majowiecki realizzò la prima copertura spoke wheel (a ruota di bicicletta) dello Stadio Olimpico di Roma, diventando subito un oggetto di studio internazionale e anche il Delle Alpi di Torino, gioiello strutturale demolito per far posto allo Juventus Stadium progettato sempre da Majowiecki vent’anni dopo – caso più unico che raro. Tra l’altro la Majowiecki Structures di Bologna ha appena completato il nuovo stadio nazionale d’Egitto, 93000 posti a sedere coperti, al Cairo, e realizzerà anche la copertura dello stadio Dall’Ara.
Non c’è dunque un solo modello di stadio. Di certo è dirimente la scelta da compiere nei prossimi anni in vista degli Europei 2032 che si terranno in Italia e Turchia: piccoli stadi di proprietà esclusiva di ogni società ad alto costo del biglietto e ricchi di attività commerciali contro grandi stadi pubblici a prezzo popolare? Esistono molte vie di mezzo, peraltro, e un’infinità di esempi di stadi in Europa e nel mondo.
Esemplari il caso di rinnovamento odierno che riguarda il Santiago Bernabéu nel quartiere Castellana di Madrid, inaugurato nella sua ultima veste nel 2023 senza che la squadra avesse dovuto mai giocare in un altro impianto e in grado ora, a detta del Presidente Florentino Perez, di aumentare i ricavi del 30%. Anche lo stadio di Bergamo usato dall’Atalanta però è un caso di rinnovamento progressivo virtuoso, il Gewiss Stadium è stato infatti progettato dallo studio De8 Architetti di Orio al Serio fra il 2019 e il 2024, superando quindi tutte le difficoltà causate dal Covid e dall’inflazione. È necessario dunque domandarsi se i vecchi impianti possano essere demoliti come a Wembley –tempio del calcio inglese – abbattuto nel 2002 e ricostruito da Norman Foster nel 2007, oppure riconvertiti e se, accanto agli impianti, sia il caso di far sorgerne altri dedicati agli sport minori per creare così un quartiere dedicato come, ad esempio, a Barcellona intorno al nuovo Camp Nou. È un problema che riguarda non solo le grandi città, ma anche le medie e piccole italiane, da San Benedetto del Tronto a Ascoli Piceno, da Varese a Como, dove la società, di proprietà estera, è appena tornata in serie A e lo storico “Giuseppe Sinigaglia” del 1927 contiene solo 12.000 posti, in maggioranza scoperti di fronte alla prima opera di Giuseppe Terragni, il Novocomum (1928). Si tratta insomma di una nuova grande sfida che può essere anche un vettore di riqualificazione e ammodernamento di tutto il Paese.
Suggerimenti per il lettore:
- Emanuele Coccia, Metamorfosi. Siamo un'unica, sola vita, Einaudi, 2022
- Emilio Faroldi, Davide Allegri, Pietro Chierici, Maria Pilar Vettori, Progettare uno stadio. Architettura Costruzione Gestione, Maggioli, 2022
- Federico Parolotto, Muoversi in uno spazio stretto. Verso una nuova mobilità, Quodlibet, 2023