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La circolarità nell’uso delle risorse non è una novità. È la strategia che la natura e la specie umana, sin dalla sua comparsa sulla terra, hanno affinato per gestire in maniera efficiente risorse scarse. È la strategia che il nostro Paese, storicamente povero di materie prime, ha adottato con intelligenza per trovare i materiali, per produrre – come ricorda Carlo Maria Cipolla – all’ombra dei campanili, cose belle che piacciono al mondo: dagli stracci di Prato, ai rottami di Brescia, alle cartiere di Lucca, sono numerose le pratiche radicate nei territori che formano il background dell’economia circolare italiana.

Si spiega anche così, come certifica Eurostat, il primato dell’Italia nel riciclo dei rifiuti (il 79,4% sul totale dei rifiuti urbani e speciali)1, un dato che supera la media UE (49%) e ben superiore a quella dei grandi Paesi europei (Francia 66%, Germania 69%). Rifiuti avviati a riciclo (117 milioni di tonnellate), che trovano impiego come materiale nell’edilizia/infrastrutture (50% pari a 59 milioni di tonnellate) e nell’industria manifatturiera (33% pari a 39 milioni di tonnellate).

Grazie a questa componente di materia derivante dal ciclo nazionale dei rifiuti, a cui si aggiungono i materiali provenienti dal recupero interno delle industrie e quelli importati, l’industria italiana raggiunge un tasso di circolarità (rapporto tra materie seconde da riciclo e totale delle materie -prime e seconde- impiegate) pari a circa il 50%.

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