Assedio al Green Deal: che cosa faranno ora le aziende sulla sostenibilità? Oltreoceano l'abbandono delle iniziative ecologiste è pressoché totale, in Europa la Commissione Ue ha appena presentato una versione più pragmatica del patto verde. In molti casi spetterà agli azionisti decidere quale direzione prendere. La domanda riguarda non solo i ragazzi che sfilavano al fianco della ragazzina svedese, Greta Thunberg durante i Friday for future in giro per l'Europa, ma imprese, enti, Stati, cittadini. L'arrivo del presidente Donald Trump ha capovolto, ribaltato, sovvertito, la percezione dell'utilità e del senso di tutto quello che va in direzione di un minore valore dell'impatto delle attività umane sul Pianeta. E dunque? Larry Fink, che è a capo del più grande fondo d'investimento del mondo, Black Rock, n mila miliardi di dollari in gestione: «Il cambiamento climatico è divenuto per le società un fattore determinante da prendere in considerazione nell'elaborare la strategia di lungo periodo». Parole pronunciate nel 2020. Sembra un secolo fa. «Ci concentriamo sulla sostenibilità non perché siamo ecologisti ma perché siamo capitalisti». Sempre lui, era solo il 2022. A gennaio 2025 ha abbandonato la Net Zero Asset Managers Initiative, nata nel 2021 per ridurre le emissioni di CO2. Una parabola o una giravolta che spiega bene quello che sta accadendo in questi mesi. Dall'altra parte dell'Atlantico la conversione è quasi totale. Qui in Europa la Commissione europea ha appena presentato il Clean Industrial Deal, una versione più pragmatica forse del Green Deal, l'architrave della transizione ecologica che nella versione precedente è stata vissuta dalle imprese come una imposizione che le stava rendendo meno competitive. Ecco il punto, le imprese. Ci sono quelle che abbandonano il campo, basti pensare a Meta e Google per quanto riguarda la diversità e l'inclusione, oppure la Bp che ha deciso di tornare con più forza agli idrocarburi, dopo anni di attenzione alle rinnovabili. E ci sono quelle, come Apple che hanno confermato di voler andare avanti sul fronte della tutela dei diritti. Ed è questo il punto: in molti casi spetterà alle assemblee degli azionisti decidere in quale direzione si vuole andare, se abbandonare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, di riutilizzo dei materiali, di riciclo, di economia circolare, oppure continuare su questo percorso. Un numero: nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono stati stanziati sulla transizione qualcosa come 70 miliardi. Una cifra imponente. E non è un caso che molte imprese ormai siano entrate in un altro livello della partita: lo facciamo non tanto per questioni etiche o morali, ma perché ci conviene. Un aspetto che emerge da tutte le analisi che in questi anni ha elaborato Symbola, l'associazione guidata da Ermete Realacci. Da ogni dato emerge che le società verdi sono diventate più efficienti, più competitive e hanno attraversato meglio le crisi. Ora si vedrà davvero chi ci crede, chi ha modificato i propri modelli industriali e chi ha solo tinto di verde i suoi bilanci, con il cosiddetto green washing. «Ci sarà bisogno di pompe per l'acqua, delle infrastrutture, di aziende che consumano meno materie prime», sottolinea spesso Nino Tronchetti Provera, che ha dato vita 17 anni fa al fondo Ambienta. Dunque l'equazione profitti-ambiente resta ancora in piedi. In questi anni è stato costruito un sistema di misurabilità (perfettibile) ma che ha fatto in modo che le aziende calcolassero gli impatti, nella legislazione italiana è previsto che il bilancio tradizionale e quello di sostenibilità, gradualmente vengano fusi in un unico dato contabile. Proprio per dare l'idea dei risultati che si stanno raggiungendo. Per questo il ruolo delle aziende sarà decisivo per riequilibrare le spinte in avanti, oppure se la linea Trump diventerà il corridoio unico, per fermare questa innovazione. Bisognerà vedere se questo quadro normativo verrà rivisto, aggiustato e uno dei passaggi centrali riguarda l'automobile. I timori per l'impatto sociale del passaggio all'elettrico, che vede i cinesi in prima fila, come verranno gestiti dall'Europa? Per l'Italia vale la pena di ricordare che l'ambiente è stato introdotto di recente tra i principi costituzionali. Leggiamo l'articolo q della Carta: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni». Il passaggiochiave sta nell'ultima riga, le nuove generazioni. Per favorire la diversità e l'inclusione, l'introduzione delle quote di genere, con la soglia del 3o% nelle società quotate, ha portato ad una rivoluzione positiva nella qualità dei board. Si calcola che l'esclusione delle donne dai processi produttivi significhi una crescita ridotta del prodotto interno lordo del 30%. L'economia non può permetterselo. E nel Pnrr era previsto (anche se non sempre è stato applicato) che il 3o% delle assunzioni riguardasse donne e giovani. Sono tanti i tasselli, anche giuridici che hanno contribuito a cambiare l'ecosistema. Il ciclone Trump li sta mettendo in discussione. Il vero rischio ora non è il green washing ma il green betrayal, il tradimento verde.
Nicola Saldutti | Corriere della Sera