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di Luca Corsolini

D’estate capita spesso di trovare, in albergo o alle terme, lo statunitense che chiede la strada per la es-pi-ei che noi, figli dei latini, chiamiamo più facilmente spa, magari pure sapendo che l’acronimo indica un percorso di benessere: salus per aquam. Avuta l’informazione, lo stesso ospite si dirige allegramente verso quella che lui chiama la “Giacuzi” che invece per noi è l’idromassaggio. Idromassaggio Jacuzzi, azienda che ha il quartier generale europeo a Valvasone, provincia di Pordenone.

Chissà se il protezionista Trump conosce la storia dei fratelli Jacuzzi partiti dal Friuli per cercare fortuna negli States. Una famiglia di geni che ha persino consegnato alla aeronautica americana una elica speciale, e che poi nel 68 ha presentato al mercato il suo prodotto piuù celebre, la vasca idromassaggio appunto, inizialmente studiata in famiglia come rimedio per l’artrite reumatoide di uno dei ragazzi.

C’è anche un altro caso celebre di azienda che è diventata il nome stesso di un prodotto, e anche in questo caso le radici sono made in Italy. La famiglia di origini piemontese Zamboni lavorava nella produzione del ghiaccio. L’avvento dei frigoriferi determinò la disponibilità di prodotto in eccesso e loro lo utilizzarono per realizzare le prime piste di pattinaggio su ghiaccio. Fino a quando, Frank Zamboni inventò la Rolba: prima le macchine per pulire il ghiaccio impiegavano 5 persone e servivano 90 minuti per rendere la pista di nuovo frequentabile; la Rolba era manovrata da una persona sola e in 10 minuti puliva il ghiaccio in modo tale che non stupisce, oggi, sapere che lo stesso Frank si è meritato un posto nella Hall of Fame, il Museo dei Grandi, sia per l’hockey che per il pattinaggio. Il fatto è che quella macchina nessuna la chiama Rolba, tutti la chiamano Zamboni. Talmente famosa da essere comparsa persino nelle strisce dei Peanuts.

Questo preambolo, anche divertente, per dire che arriva sempre nei grandi eventi e nello sport un momento in cui qualcuno dice: abbiamo bisogno degli italiani. Non è solo questione di investimenti, è evidente che viene riconosciuta, e pure cercata, la nostra qualità. Lavazza ad esempio è il caffè ufficiale dei quattro tornei di tennis più importanti del mondo, da Melbourne al Roland Garros di Parigi in corso di svolgimento in questi giorni, da Wimbledon allo Us Open di New York dove sarebbe facile immaginare che Starbucks abbia ogni tipo di attenzione. No, il caffè da Grande Slam è Lavazza, made in Italy.

Prendiamo il calcio. Nel 1970 l’Italia perse col Brasile la finale dei Mondiali, era l’anno della partita del secolo, il 4-3 in semifinale con la Germania. Il Brasile si aggiudicò definitivamente la coppa intitolata a Jules Rimet. La federazione mondiale, la Fifa, nel 71 indisse un concorso mondiale per il disegno della nuova coppa. Parteciparono 53 aziende e vinse la Bertoni di Paderno Dugnano, oggi Gde. Da allora la coppa è sempre la stessa, quella disegnata da Silvio Gazzaniga: ogni squadra che vince il Mondiale riceve una copia in dimensione originale in metallo dorato. La coppa, quella vera, un’icona dei tempi moderni, è alta 36,8 cm, è in oro massiccio a 18 carati e pesa oltre 6 chili che nessuno si è mai lamentato di dover sollevare davanti al mondo. E pochi sanno, bisogna ammettere, che si tratta di un gioiello made in Italy, come lo sono state, ad esempio, le medaglie olimpiche di Mosca 1980.

Il calcio fa venire in mente anche la Panini, le figurine. La prima licenza mondiale con la Fifa è del 1970, appunto i Mondiali del Messico; la prima con la Uefa per gli Europei dell’80. Ma qui raccontiamo del made in Italy che mette in fila il mondo e allora dobbiamo spostarci al basket. Nel 2009 l’Nba, il meglio del meglio, mise in vendita per la prima volta la licenza esclusiva sui suoi prodotti collezionabili. Negli Usa, è bene precisare, operano colossi come Upper Deck e Topps che sulle figurine hanno costruito imperi, anche grazie al fatto che là non ci sono solo le collezioni, ma anche migliaia di collezionisti che danno un valore persino commerciale a ogni prodotto. Per convincere l’Nba Panini si impegnò a riaprire la sua filiale Usa che era operativa fin dall’80. Ma durante la trattativa emerse la possibilità di acquistare Donruss, il terzo marchio del mercato Usa, e così l’Italia si mangiò gli Stati Uniti, col risultato che oggi il filo intercontinentale che lega Modena, quartier generale della Panini, con la sua filiale Usa arriva non più a New York ma addirittura fino al Texas, sede appunto della Donruss conquistata.

Ma finiamo in gloria col calcio. La Juventus ci ha messo una stagione per qualificarsi per la finale di Champions League di Cardiff. Filmmaster Events, l’azienda italiana che è un’eccellenza mondiale in quel segmento speciale rappresentato dagli spettacoli celebrativi, e infatti non c’è cerimonia inaugurale per cui il gruppo non sia chiamato, da tre anni firma lo show d’apertura della finale. Berlino, Milano, Cardiff. Prima il mondo del calcio sognava solo una cosa tipo l’Half Time Show del Superbowl, lo spettacolo nell’intervallo della finale del campionato di football americano. Adesso, con Film Master può ambire al pareggio. E non si parla di audience, si parla appunto di spettacolo.

A Cardiff ci saranno i Black Eyed Peas: li vedremo e li sentiremo tutti, senza sbavature, e il loro palco, frequentato pure da 150 ballerini, sarà sullo stesso campo su cui poi Juventus e Real Madrid giocheranno la partita più importante dell’anno. Ventidue giocatori dietro a un pallone, un esercito di 700 persone per coprire con un tappeto speciale il campo su cui si vedranno giochi di luce e altre meraviglie. Sette mesi di preparazione per 15 minuti che facciano dire wow a tutti senza che nessuno debba chiedere, annoiato, quando comincia la partita, al contrario la mission di Filmmaster, in squadra col Circo de Bazuka, è proprio quella di far salire, e in pratica neutralizzare, l’adrenalina del pubblico presente e di quello televisivo. Non solo: la partita avrà i minuti di recupero, chi perderà sarà comunque premiato. La cerimonia d’apertura deve spaccare il secondo e non sono permesse sbavature.

Qualcuno in tribuna o davanti alla tv sarà più attento di altri. Sono gli organizzatori dei prossimi eventi di rilevanza mondiale, nello sport e non solo. Noi un consiglio lo diamo volentieri a tutti. Se volete fare colpo, chiamate Filmmaster per due motivi: il primo, garantisce il made in Italy. Il secondo, garantiscono il made in Italy.

Luca Corsolini - Symbola

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