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Cosa dice l'Associazione disegno industriale "Giocare d'attacco con l'innovazione" Cultura d'impresa Luciano Galimberti, presidente dell'Adi L'Associazione Design Industriale come risponde al problema dei "falsi"? «Già venti anni fa abbiano istituito, in collaborazione con Confindustria, un giurì del design. Si tratta di uno spazio in cui le imprese possono trovare una mediazione in caso di contestazione con l'aiuto di esperti capaci di una valutazione non solo giuridica, ma complessiva, perché spesso la distinzione tra prodotti "veri" e "falsi" può essere minima. Ma la novità è che entro il 2025, ci evolveremo in soggetto conciliatore, ovvero funzioneremo, su suggerimento del Tribunale di Milano, come una sorta di giudice di pace per trovare direttamente una soluzione senza andare in giudizio». Cosa determina una copia? «Un sommatoria di fattori. Non basta cambiare la misura o alcuni dettagli, per esempio, per non incorrere nel reato. Sia l'aspetto estetico che quello tecnico vanno tutelati: questo significa che se un divano viene riprodotto senza l'uso di un particolare schiumato, ma con un'estetica simile, di fatto può essere considerato copia. Certo, sono brevetto o deposito di forma a tutelare maggiormente. Ogni anno insieme a Fondazione Symbola promuoviamo un rapporto sulla Design Economy che è il primo tentativo di rendere trasparente i fattori di valore del design italiano. Il brevetto è uno di questi e infatti, soprattutto per le aziende che hanno una componente tecnologica forte, penso ad Artemide, Vimar, o Caimi Brevetti, può capitare che per un singolo prodotto siano depositati fino a 50 brevetti». E come difendere invece il patrimonio immateriale del design italiano? «Nella logica del giurì, uno degli elementi presi in considerazione è la costruzione del valore di relazione. La poltrona Sacco di Zanotta è forse uno degli oggetti più copiatili, ma anche uno dei più evidentemente relazionali, il cui valore cioè sta nella ricerca, nel significato sociale, nell'impatto sulla storia del design: questo non può essere riprodotto! Un secondo approccio nella difesa sta poi nella nostra capacità di innovazione: più sono in grado di immettere nuove idee e nuove tecnologie, meno sarò copiato. Insomma, bisogna giocare d'attacco... ». Mi sta dicendo che la nostra cultura d'impresa è inimitabile? «In un certo senso sì. Fa ancora la differenza. Ed è per questo che esiste anche una responsabilità del sistema nel rischio contraffazione. Mi spiego: se io produco un rubinetto dall'altra parte del pianeta, il rischio che chi produce faccia altro con il mio know-how aumenta. Controllare la filiera quindi è indispensabile, tanto è vero che molte aziende stanno tornando a produrre qui».

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Intervista a Luciano Galimberti: "Giocare d'attacco con l'innovazione" | La Repubblica

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