Chiude oggi i battenti alla Fiera di Rimini “K.Ey The Energy Transition Expo”, la fiera più importante sulla transizione energetica e l’innovazione sostenibile, organizzata da Italian Exibition Expo. Una tre giorni che ha registrato la presenza di 600 aziende, un terzo delle quali provenienti dall’estero, su dodici padiglioni espositivi per rappresentare le sei aree tematiche della manifestazione: solare, eolico, idrogeno, efficienza energetica, mobilità elettrica e sostenibile, green city.
Inaugurata dalla viceministro all’Ambiente e Sicurezza Energetica Vannia Gava, gli onori di casa sono stati fatti dall’amministratore delegato di Italian Exibition Group Corrado Peraboni, presenti Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna e Anna Montini, assessore alla Transizione Ecologica del Comune di Rimini.
“Abbiamo sottoscritto in Regione – ha sottolineato Stefano Bonaccini – un nuovo patto per il lavoro sul quale è stata aggiunta la parola clima che non mettesse in contrapposizione ambiente e lavoro. E i risultati sono arrivati: siamo la prima regione in Europa per valore aggiunto di produzione industriale tra il 2015 e il 2022. Ma siamo anche la regione dei si al rigassificatore e al progetto di eolico offshore al largo di Ravenna, ben sapendo che oggi serve gas, ma il futuro sarà solo delle rinnovabili”.
“Il tema della transizione energetica a cui è dedicata questa importantissima fiera è fondamentale – ha concluso Vannia Gava – così come quello dell’economia circolare. Per realizzare la transizione ecologica abbiamo bisogno di semplificare le procedure autorizzative e accorciare i tempi, ma anche e soprattutto di fare cultura ambientale, spiegando a tutti gli attori coinvolti che è un percorso necessario. È un’opportunità che non possiamo perdere, per salvaguardare l’ambiente e l’economia del Paese, e che dobbiamo cogliere con i giusti tempi, senza sforare l’obiettivo 2050”.
Per avere un’idea di cosa stiamo parlando, va ricordato che gli investimenti globali nelle tecnologie per la transizione energetica hanno raggiunto, nel 2022, 1,3 trilioni di dollari, con un aumento del 19% rispetto all’anno precedente. “Affinchè la transizione energetica migliori la vita e i mezzi di sussistenza – afferma il direttore generale di Irena, l’italiano Francesco La Camera – i governi e i partner per lo sviluppo devono garantire un flusso di finanziamenti più equo, riconoscendo i diversi contesti e le diverse esigenze. Questo rapporto sottolinea la necessità di indirizzare i fondi pubblici verso regioni e paesi con un grande potenziale di energie rinnovabili non sfruttato, ma che hanno difficoltà ad attrarre investimenti”.
Un tentativo di tracciare un quadro degli attori impegnati nel nostro Paese per vincere la sfida dello sviluppo delle rinnovabili in vista dell’obiettivo della carbon neutrality al 2050 lo ha fatto “Filiere del futuro: rapporto sulla geografia produttiva delle rinnovabili in Italia”, realizzato dalla Fondazione Symbola e Italian Exibition Group. “Puntare sulle rinnovabili e sull’efficienza fa crescere il Paese, da forza all’economia, lo rende più libero – ha detto Ermete Realacci, presidente di Symbola – Quasi un terzo delle 21 mila 378 imprese della filiera delle rinnovabili si concentra in Lombardia, Lazio e Veneto. C’è ancora molto da fare, ma da qui possiamo partire per affrontare non solo i nostri mali antichi ma il futuro e le sfide che ci pone. Possiamo farlo dentro la missione che si è data l’Europa con il Next Generation Eu, per rispondere alle crisi tenendo insieme coesione, transizione verde, digitale”.
Il rapporto traccia un quadro articolato dal punto di vista settoriale, dalla installazione e manutenzione (44%), al commercio (14%), alla manifattura (11,2%), alla produzione di energia (7,2%), alla consulenza, collaudo e monitoraggio (7%). Detto della diffusione regionale, va ricordata la provincia di Roma prima con mille 735 imprese, oltre l’8% del totale nazionale. Seguono Milano (1.510, 7,1%), Napoli (833, 3,9%), Torino (659, 3,1%) e Brescia (542, 2,5%).
E comunque lo sviluppo delle rinnovabili in Italia continua ad essere una corsa ad ostacoli. Lo evidenziano i numeri del rapporto presentato da Legambiente “Scacco matto alle rinnovabili 2023”. Ad oggi sono 1364 gli impianti in lista d’attesa per le necessarie valutazioni, il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. E sono pochissime le autorizzazioni rilasciate dalle Regioni negli ultimi quattro anni. Nel 2022 solo l’1% dei progetti di impianti fotovoltaici ha ricevuto l’agognata autorizzazione. Ancora peggiori i dati dell’eolico on-shore che nell’ultimo anno non avuto alcuna autorizzazione (nel 2019 erano state del 6%, nel 2020 del 4% e nel 2021 dell’1%).
“Al Governo Meloni – ha detto il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – torniamo a ribadire che il Paese deve diventare l’hub delle rinnovabili, Se davvero si vuole contrastare la crisi climatica, accelerare la transizione ecologica e centrare gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’Europa, l’Italia deve puntare con fermezza su rinnovabili, efficienza, autoproduzione, reti elettriche e accumuli. Occorre riordinare la normativa sulle rinnovabili e aggiornare il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima”.
Destinato a diventare, per ragioni naturali, a diventare protagonista del bilancio energetico nazionale, l’eolico è prossimo al traguardo del 10% del fabbisogno italiano. Si tratta di impianti installati sulla terraferma, il cosiddetto on-shore, concentrati soprattutto nel Sud del Paese. Producono ogni anno 20 terawattora di energia e si prevede che possa quasi raddoppiare nel 2030. L’altra possibilità, l’off-shore, ad oggi è ancora molto difficile da percorrere, per ragioni naturali e per gli ostacoli burocratici.
Secondo Simone Togni, presidente dell’Associazione Nazionale Energia del Vento (Anev), “l’eolico off-shore oggi ha raggiunto la sua maturità tecnologica, tanto da prevedere, anche in Italia, grazie all’eolico fluttuante, uno scenario positivo. Risultano oltre 100 GW di progetti offshore con richiesta allaccio, molti progetti avanzati, che mostrano l’interesse e la capacità delle aziende in questo settore”.
Il messaggio che ci arriva da Rimini, in un momento particolarmente complicato per una transizione ecologica ed energetica che ancora non decolla quanto dovrebbe, è quello di un settore in forte crescita che potrebbe portare il nostro Paese a raggiungere gli obiettivi europei contenuti nel pacchetto “Fit for 55” che dovrebbe traghettare l’Europa verso la neutralità climatica prevista al 2050.