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Crescono il valore aggiunto e l'occupazione nel sistema produttivo culturale e creativo italiano. Nel 2023 ammonta a 104,3 miliardi di euro il valore aggiunto del comparto (+5,5% rispetto al 2022) mentre l'occupazione si attesta ad oltre 1,5 milioni di addetti (+3,2% rispetto al 2022). Si conferma l'avanzamento del digitale e delle nuove generazioni anche se in maniera precaria, considerato che molti contratti sono a tempo determinato, in particolare in alcuni settori. A delineare lo scenario sono i contenuti della quattordicesima edizione del rapporto «Io sono cultura-L'Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi», realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere, Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, Deloitte con la collaborazione dell'Istituto per il Credito Sportivo e Culturale, Fondazione Fitzcarraldo, Fornasetti e con il patrocinio del Ministero della Cultura. «La forza della nostra economia e del Made in Italy deve molto, in tutti i campi, alla cultura e alla bellezza più che in altri paesi», osserva Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola. «Cultura e creatività, oltre ad arricchire la nostra identità e alimentare la domanda di Italia nel mondo, possono aiutarci ad affrontare insieme, senza paura, le difficili sfide che abbiamo davanti». La valorizzazione del Made in Italy. Le industrie culturali e creative sono tra i settori più strategici per facilitare la ripresa economica e sociale. Dal report emerge che i numeri dell'ultimo decennio, oltre a manifestare una fonte significativa di posti di lavoro e ricchezza, rappresentano un motore di innovazione per l'intera economia e agiscono come un attivatore della crescita di altri settori, dal turismo alla manifattura creative-driven, ossia la manifattura che ha incorporato professionisti e competenze culturali e creative nei processi produttivi spesso orientati alla sostenibilità, traducendo la bellezza in oggetti e portando il made in Italy nel mondo. In tale contesto, la filiera, in cui operano soggetti privati, pubblici e del terzo settore, nel 2023 cresce sia dal punto di vista del valore aggiunto, in aumento del +5,5% rispetto all'anno precedente e del +12,7% rispetto al 2019, che da quello dell'occupazione con una variazione del +3,2% rispetto al 2022, a fronte di un +1,8% registrato a livello nazionale. Una filiera in cui operano quasi 284 mila imprese, in crescita del +3,1% rispetto al 2022, e più di 33 mila organizzazioni non-profit che si occupano di cultura e creatività, pari al 9,3% del totale delle organizzazioni attive nel settore non-profit, le quali impiegano più di 22 mila e settecento tra dipendenti, interinali ed esterni, pari al 2,4% del totale delle risorse umane retribuite operanti nell'intero universo del non-profit. Cultura e creatività, in maniera diretta o indiretta, generano complessivamente un valore aggiunto per circa 296,9 miliardi di euro. «Il sistema produttivo culturale e creativo, con i suoi effetti moltiplicativi arriva a rappresentare in termini di reddito prodotto una quota importante del totale dell'economia», sottolinea il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. «Queste attività, distribuite su più settori anche molto diversi tra loro, hanno trovato un riconoscimento normativo nella legge n. 206 del 27 dicembre 2023 (legge sul Made in Italy) e al pari del resto dell'economia stanno affrontando grandi trasformazioni, tra le quali spiccano quelle connesse al digitale con importanti prospettive per l'Intelligenza Artificiale generativa e le sue applicazioni sempre più verticali». Software e giochi al top. Osservando le dinamiche della produzione nazionale dei settori culturali e creativi, continua la crescita del settore dei software e videogiochi che si conferma il maggiore generatore di ricchezza della filiera con 16,7 miliardi di euro di valore aggiunto (il 16% dell'intera filiera, +10,5% rispetto al 2022) e con un incremento dei posti di lavoro di oltre 16 mila unità (il 13,1% della filiera, +8,7% rispetto al 2022). Il secondo comparto per ricchezza prodotta e numero di occupati è quello dell'editoria e stampa, con valori, rispettivamente, pari a 11,5 miliardi di euro (1'11,1% della filiera, +2,7% rispetto all'anno precedente) e più di 196 mila addetti (il 12,7%, +0,7%). Le attività dell'architettura e design, generando 8,6 miliardi di euro (1'8,2% della filiera), incrementano la ricchezza prodotta del +6,6% rispetto all'anno precedente. Nel campo della valorizzazione del patrimonio storico e artistico l'occupazione, che vale il 3,7% sull'intero sistema culturale, continua a crescere (+6,9%) e a recuperare, seppur non completamente, le perdite di posti di lavoro registrate dopo il 2019. «Oltre agli impatti strettamente economici ed occupazionali, esistono anche gli impatti della cultura relativi ad aspetti quali competenze, diversità ed inclusione, che possiamo oggi misurare grazie a nuovi modelli di misurazione e rendicontazione della cultura», evidenzia Valeria Brambilla, amministratore delegato di Deloitte & Touche. «Grazie alla misurazione di quanto la cultura contribuisca allo sviluppo sostenibile, come suggerito dall'Unesco con riferimento all'Agenda 2030 dell'Onu, possiamo meglio governare e valorizzare i molteplici impatti generati dalla cultura. Inoltre, si tratta di impatti che contribuiscono anche ad altri settori dell'economia come il turismo e l'hospitality». L'occupazione cresce di più nel Mezzogiorno. Nell'intero comparto, il 23,3% dei lavoratori rientra nella fascia d'età tra i 25 e i 34 anni mentre la media nazionale si attesta al 17,8%. Anche la fascia d'età successiva, quella dei 35-44 anni, continua a mostrare una maggiore concentrazione rispetto alla media nazionale: 24,8% contro 22,8%. Tale tendenza suggerisce che il settore non solo attrae giovani lavoratori ma riesce anche a mantenerli, offrendo opportunità di carriera e sviluppo professionale a lungo termine. Dall'analisi territoriale, contrariamente agli anni precedenti, nel 2023 si evidenzia un Mezzogiorno in ripresa, grazie ad aumenti più rapidi rispetto ai valori medi nazionali: se la differenza è minima per il valore aggiunto (+5,7% anziché +5,5%), risulta più accentuata in termini di crescita di occupati (+4% rispetto ad una crescita media nazionale pari a +3,2%). La maggior dinamicità del Sud in quest'ultimo anno è legata alla componente "core" e, in particolare, ad alcuni comparti tra cui spiccano l'architettura e il design, l'editoria e stampa, le performing arts e arti visive così come le attività di software e videogiochi. In particolare, spiccano gli incrementi della Calabria (+10,1% in termini di valore aggiunto e +6,8% per l'occupazione) e della Sardegna (+9,4% per valore aggiunto e +6,5% per numero di occupati), seppur si tratti di variazioni contenute in valore assoluto. Tuttavia, rimane ancora ampia la distanza con il resto del paese, in parte legata alla scarsa presenza delle province del Sud nelle top 20 dei territori che contribuiscono maggiormente a generare valore aggiunto e occupazione del Sistema Produttivo Culturale e Creativo. Molti contratti precari in alcuni settori. Complessivamente, nel comparto solo il 64,6% dei lavoratori è dipendente, una percentuale significativamente inferiore alla media del 78,6% rilevata nell'intero mercato del lavoro italiano. Tale tendenza è ancora più accentuata nelle "professioni culturali e creative", dove il 62,1% dei lavoratori è autonomo. Al contrario, nelle "altre professioni" di supporto al settore culturale, la quota di lavoratori autonomi è molto più bassa, attestandosi al 25,9%. Ciò suggerisce che le professioni direttamente legate alla produzione culturale e creativa richiedono una maggiore autonomia e flessibilità lavorativa rispetto ai ruoli di supporto. Invece, nelle attività creative driven la netta prevalenza di lavoratori subordinati, pari all'80,5%, supera addirittura la media nazionale. Le attività creative driven, che integrano contenuti culturali e creativi in altri settori economici, tendono, quindi, a seguire modelli di lavoro più tradizionali, con una maggioranza di lavoratori dipendenti. Analizzando i dati relativi alle tipologie di contratto e alle modalità di lavoro dei dipendenti nel settore culturale e creativo, emerge una certa precarietà, soprattutto fra i più giovani, seppure concentrata in specifici comparti. In termini di durata del contratto, il sistema nel suo complesso presenta una quota di lavoratori con contratto a termine del 14,7%, leggermente inferiore alla media nazionale del 16%. Tuttavia, all'interno del core cultura, la percentuale sale al 15,3%, mentre è più bassa nel settore creative driven con il 13,9%. La precarietà appare più marcata nelle performing arts e arti visive (30,8%), nelle attività di valorizzazione del patrimonio storico e artistico (23,9%) e nel settore dell'architettura e design (20,2%). Al contrario, nel comparto di audiovisivo e musica, i contratti a tempo determinato sono meno diffusi, con una percentuale dell'8,9%. R,produz,orze meruata-. iabúni . . . Nel 2023 l'occupazione si attesta a oltre 1,5 milioni di addetti (+3,2% rispetto al 2022).

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La cultura crea lavoro: crescono gli occupati, molti a termine - Antonio Longo | Italia Oggi

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