Le industrie culturali e creative (ICC) giocano un ruolo sempre più centrale nei processi di transizione ecologica, testimoniando un impegno crescente verso la sostenibilità ambientale. Questo fenomeno si manifesta attraverso una serie di iniziative innovative adottate dai diversi attori del settore culturale, che spaziano dai concerti, ai musei, ai teatri, fino all'implementazione di strumenti specifici per guidare l’intero comparto verso una transizione più ecologica e responsabile. Le modalità di azione che le ICC stanno mettendo in atto in termini di sostenibilità ambientale riguardano principalmente lo sviluppo di soluzioni innovative per diminuire l’impatto delle proprie strutture ed iniziative culturali in termini di CO₂: approccio che si traduce anche nel rafforzare il valore sociale della cultura, rendendola un motore di innovazione e consapevolezza ambientale in tutta la catena del valore in cui i suoi attori si muovono e nell’intera società. A riconoscere il ruolo cruciale delle ICC in questo percorso, stanno contribuendo anche nuove politiche e strumenti di finanziamento, in particolare a livello europeo, pensati per sostenere e incentivare il settore nella sua evoluzione verso pratiche più sostenibili.
All’interno della filiera culturale e creativa, ogni comparto si muove a partire dalle proprie specificità per proporre soluzioni innovative volte a ridurre le criticità ambientali tipiche dei settori di riferimento. Prendiamo, ad esempio, il settore musicale, in cui le attività che generano il maggiore impatto ambientale e sulle quali è necessario intervenire prioritariamente in ottica green sono principalmente la musica dal vivo e i grandi eventi, la produzione e distribuzione dei supporti fisici (CD, vinili, merchandising), oltre al consumo energetico connesso al funzionamento dei data center per lo streaming e distribuzione digitale. Soffermandoci sul primo punto, negli ultimi anni, il mondo della musica ha abbracciato la sostenibilità, con festival e concerti impegnati a ridurre il proprio impatto ambientale. Un esempio emblematico è quello della band britannica Massive Attack, che ha adottato misure innovative per rendere i propri tour più ecologici. In occasione del concerto, denominato Act 1.5, tenutosi a Bristol il 25 agosto 2024, la band ha implementato una serie di soluzioni sostenibili: cibo vegano e a chilometro zero, bagni compostabili e alimentazione del palco tramite furgoni elettrici. Per ridurre ulteriormente l'impronta ambientale, non sono stati previsti parcheggi per le auto, incentivando i 34.000 spettatori e spettatrici a raggiungere l’evento a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici, grazie alla collaborazione con l’amministrazione locale. Altre iniziative includono navette elettriche gratuite, utensili compostabili, riduzione degli sprechi alimentari e l’uso esclusivo di energia rinnovabile per alimentare l’evento. Inoltre, il numero di camion per il trasporto dell’attrezzatura è stato ridotto da 6 a 2, e i membri della band si spostano in treno ogni volta che è possibile. Oltre a ridurre l’impatto ambientale immediato, i Massive Attack hanno raccolto dati per analizzare l’efficacia delle misure adottate, con l’obiettivo di promuovere un modello più sostenibile per l’intera industria musicale[1]. Ancora, la band britannica Coldplay ha ridotto complessivamente del 59% le emissioni dirette di CO₂ rispetto al tour precedente (2016-17)[2]. Tra le iniziative messe in atto ci sono: 18 spettacoli alimentati interamente con il sistema di batterie trasportabile, realizzato con batterie riciclate; 23 collaborazioni con diversi fornitori per aiutare i fan a raggiungere i concerti con mezzi a basse emissioni di carbonio; 17 kWh di energia media generata per spettacolo grazie a impianti solari installati nelle venue, piste da ballo cinetiche e biciclette a energia; 100% degli spettacoli con stazioni gratuite per il refill dell’acqua per i fan; 72% di tutti i rifiuti del tour deviati dalle discariche e destinati a riuso, riciclo e compostaggio; 9.625 pasti e 90 kg di prodotti per l’igiene donati dal catering del tour alle persone senza fissa dimora, e così via[3].

Anche la cantante statunitense Billie Eilish sta innovando il settore con un approccio eco-sostenibile soprattutto applicato alla produzione dei supporti fisici. In particolare, il merchandising rappresenta un pilastro fondamentale degli sforzi di sostenibilità del suo ultimo tour. Tutti i capi di abbigliamento, infatti, sono realizzati con materiali riciclati o biologici al 100% (come cotone e poliestere riciclato), mentre i poster sono stampati su carta riciclata al 100%. Anche i vinili sono prodotti con composti riciclabili o riciclati, con packaging realizzato in carta/cartone certificato FSC®, ottenuto interamente da rifiuti post-consumo e fibre riciclate pre-consumo. Per ridurre ulteriormente l’impatto ambientale, gli inchiostri e le vernici utilizzati nel packaging del merchandising sono a base vegetale e ad acqua. Infine, il colosso dello streaming musicale Spotify ha tagliato del 15% le proprie emissioni di CO₂ nel 2023, rispetto all’anno precedente (2022). Un passo avanti verso l’obiettivo di azzerare il proprio impatto climatico netto entro il 2030. La sfida più complessa riguarda lo Scope 3, che rappresenta il 98,3% del totale, ossia le emissioni indirette legate all’uso dell’app da parte degli utenti, ai server e alle campagne pubblicitarie. Per affrontare il problema, Spotify sta lavorando su più fronti. Ha aderito a DIMPACT, un progetto coordinato dall’Università di Bristol insieme ad altre tech company, per migliorare l’efficienza energetica dei dispositivi e sviluppare metriche più precise sull’impatto della pubblicità digitale. Parallelamente, fa parte di Ad Net Zero, un’iniziativa del settore pubblicitario per ridurre le emissioni legate alla produzione e alla diffusione degli annunci. Sempre nel 2023, l’azienda ha scelto un approccio d’impatto per la rimozione e prevenzione del carbonio: invece di compensare direttamente le emissioni acquistando crediti, ha sostenuto progetti ambientali orientati alla riduzione reale e alla tutela della natura. Inoltre, Spotify punta a sfruttare la propria piattaforma per sensibilizzare milioni di utenti sulla crisi climatica, unendo azioni concrete a una comunicazione mirata.
Oltre all'industria musicale, numerose organizzazioni culturali stanno emergendo per le loro iniziative in ambito di sostenibilità ambientale. Dalle performing arts ai musei, al settore audiovisivo, ogni ambito culturale deve affrontare le sfide della crisi climatica, riducendo il proprio impatto ambientale sotto molteplici aspetti: dai consumi energetici degli spazi espositivi alla gestione dei rifiuti generati da eventi e allestimenti; dalla gestione delle collezioni ai trasporti legati all’organizzazione di mostre temporanee e gli spostamenti di staff e artisti; dal consumo di materiali all'approvvigionamento di cibo e bevande, e così via. Ad esempio, la compagnia di danza newyorkese Live Arts, dei coreografi e ballerini Bill T. Jones e Arnie Zane, ha avviato nel 2022 il programma The Green Initiative con l’obiettivo di esaminare, valutare e trasformare ogni aspetto dell’organizzazione in ottica di sostenibilità. Tra le iniziative intraprese vi è la sostituzione dell’illuminazione teatrale con luci a LED, utilizzo di Cup Zero e bicchieri compostabili al bar, introduzione di snack biologici ed ecologici al bar, eliminazione delle bevande in bottiglie di plastica monouso, prodotti di pulizia sostituiti con alternative ecologiche, eliminazione del cartaceo e programmazione disponibile solo tramite QRcode. Passando dal mondo delle performing arts a quello museale, diverse sono le esperienze che dimostrano un impegno costante e in crescita negli ultimi anni. In Francia, ad esempio, da oltre tre anni, c’è il Palais des Beaux-Arts di Lille, che ha intrapreso un percorso di transizione ecologica, adottando misure concrete per ridurre il proprio impatto ambientale e promuovere pratiche museali più sostenibili. Tra le prime azioni intraprese, il museo ha sostituito l’illuminazione tradizionale degli interni con sistemi a LED, ora installati nel 95% degli spazi di lavoro e nell’80% delle sale espositive, ottenendo una riduzione del 94% dei consumi energetici. Gli spazi esterni sono stati riqualificati per diventare più accoglienti e accessibili, con l’aggiunta di panchine, rastrelliere per biciclette e nuove aree verdi che includono piantumazioni, zone compostaggio e spazi di sosta. Anche il personale è coinvolto in questo cambiamento, con iniziative per incentivare la mobilità sostenibile e una migliore gestione dei rifiuti attraverso la riorganizzazione degli spazi tecnici. A partire dalla fine del 2022, il museo ha avviato una serie di progetti di ricerca e sperimentazione per rendere più sostenibile la gestione delle collezioni. Tra questi, l’adozione di un sistema climatico flessibile nei depositi e nelle sale espositive, con regolazioni stagionali e zone differenziate per ottimizzare i consumi energetici. Parallelamente, sono in corso studi per individuare materiali ecologici e riciclabili da utilizzare nella conservazione preventiva delle opere. Una collaborazione con il Master in Ambiente dell’Université Catholique de Lille ha permesso di realizzare, tra il 2022 e il 2023, un bilancio ambientale degli spostamenti legati alle attività del museo, dal trasporto delle opere ai viaggi di lavoro. I risultati hanno portato all’adozione di soluzioni più sostenibili, come l’uso di imballaggi riutilizzabili, casse modulari e verifiche a distanza, riducendo così l’impatto logistico. Il percorso verso la sostenibilità del Palais des Beaux-Arts è proseguita anche nel 2024, con l’inaugurazione di una nuova galleria dedicata all’ecologia. Passando alla Gran Bretagna, troviamo invece il Design Museum di Londra, che da ottobre 2021 a febbraio 2022 ha ospitato Waste Age, una mostra che ha segnato una svolta nella cultura del design, ridefinendo il settore con un approccio più responsabile verso l’ambiente. Per tradurre questa visione in azioni concrete, il museo ha collaborato con URGE Collective, un team di consulenti specializzati in sostenibilità, per analizzare l’impatto delle proprie mostre temporanee e itineranti. Attraverso un audit ambientale completo – uno dei primi Life Cycle Assessment condotti su un’esposizione nel Regno Unito – sono state esaminate tre fasi chiave: la pre-mostra, l’allestimento e il post-mostra. Lo studio ha raccolto dati su diversi aspetti, tra cui i consumi energetici, il trasporto e la produzione dei materiali, e persino le emissioni generate dalle attività digitali, come e-mail e videochiamate. L’esposizione ha generato un totale di 28 tonnellate di CO₂, con il 30% delle emissioni legate alla realizzazione della mostra e il 50% derivante dal trasporto di un’installazione proveniente dall’estero. Tuttavia, grazie all’adozione di energie rinnovabili, le emissioni sono state ridotte dell’85%. Nell’allestimento, il Design Museum ha fatto scelte mirate per ridurre l’impatto ambientale, come l’uso di strutture in legno al posto dell’alluminio o l'impiego di mattoni non cotti, invece di quelli tradizionali. Al termine della mostra, i materiali non sono stati riutilizzati: legno e mattoni sono stati donati a un’azienda edile locale, le vetrine in Perspex sono state consegnate a studenti del Royal College of Art, e il feltro è stato riadoperato da un designer di moda.

Anche il mondo del cinema e dell'audiovisivo ha un impatto ambientale significativo, ma sempre più produzioni stanno adottando soluzioni sostenibili, dimostrando che un modo diverso di fare cinema è possibile. Un ottimo esempio arriva dall'Italia con la seconda stagione di Romulus, la serie tv prodotta da Sky, Cattleya (Roma) e Groenlandia (Roma), che ha ottenuto la certificazione Albert (meglio descritta nei paragrafi successivi) a due stelle come produzione carbon neutral. Tutto, sul set, è stato ripensato in ottica green: le riprese sono state realizzate in uno studio alimentato da pannelli fotovoltaici, la plastica monouso è stata eliminata e i rifiuti indifferenziati ridotti del 50%. Anche le scenografie hanno seguito criteri ecologici: il villaggio romano è stato ricostruito con paglia vera, sono state utilizzate vernici atossiche e a base d'acqua, e dove possibile si è preferito il noleggio o il riutilizzo di materiali, molti dei quali riciclati o equo-solidali. Attenzione particolare è stata dedicata anche al servizio di catering, gestito da una cooperativa sociale, che ha privilegiato prodotti locali con menù a basso impatto ambientale, riducendo il consumo di carne. Le eccedenze alimentari sono state donate al Banco Alimentare, mentre per la cosmetica e i prodotti sanitari sono stati scelti kit biologici e a filiera corta.
Misurare e monitorare l’impatto ambientale di un’organizzazione o di un evento è un passaggio fondamentale per migliorare le proprie prestazioni ambientali. Strumenti come i calcolatori di carbonio permettono alle organizzazioni culturali e creative di misurare, monitorare e comprendere i propri impatti, di assumersi la responsabilità delle proprie azioni e di stabilire obiettivi per migliorare le proprie prestazioni. Tra i principali strumenti disponibili nel settore culturale spiccano i Creative Climate Tools sviluppati da Julie’s Bicycle, probabilmente i più conosciuti a livello internazionale. Questi strumenti si distinguono per l’accessibilità (gratuiti e semplici da usare), la funzionalità (rilevare le emissioni di CO₂ legate al consumo di energia, produzione di rifiuti, trasporti, utilizzo di acqua e produzione di materiali) e il monitoraggio, attraverso una piattaforma online dedicata. Il loro riconoscimento internazionale fa in modo che la stessa Unione Europea ne raccomandi l'utilizzo per misurare gli impatti ambientali nei progetti del filone Cultura del programma Europa Creativa[4].
Le specificità dei diversi comparti della filiera di cultura e creatività hanno portato allo sviluppo di strumenti sviluppati ad hoc nei singoli settori. Nel settore audiovisivo, ad esempio, c’è l’Albert Carbon Calculator, sviluppata nel Regno Unito sotto la guida di BAFTA, che oggi rappresenta lo standard per la misurazione delle emissioni delle produzioni audiovisive, non solo nel Regno Unito ma in tutta Europa. Anche questo strumento è gratuito, calcola le emissioni generate dalle produzioni considerando aspetti come viaggi, alloggi, attrezzature tecniche ed energia utilizzata sui set. Sempre nello stesso comparto, tra le novità nel panorama europeo c’è l’European Environmental Calculator (EURECA), uno strumento sviluppato nell’ambito di un progetto europeo finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, dall’impresa spagnola Promálaga e dei fondi audiovisivi Flanders Audiovisual Fund (VAF) e Slovak Audiovisual Fund, in stretta collaborazione con produttori audiovisivi, scienziati ed esperti di sostenibilità. Mentre Albert è una certificazione ambientale con processi di verifica e riconoscimento formale, specifica per il settore audiovisivo britannico, EURECA invece è un calcolatore ambientale online, progettato per standardizzare la misurazione dell’impatto delle produzioni audiovisive in tutta Europa, che non offre una certificazione diretta ma è pensato per essere adottato da fondi cinematografici regionali, nazionali ed europei come base per certificazioni, reportistica e implementazione di strategie di sostenibilità.
Nel panorama mondiale, i finanziamenti destinati a favorire la sostenibilità delle industrie culturali e creative si concentrano soprattutto in Europa. La Commissione Europea rilancia sull’iniziativa New European Bauhaus con un nuovo strumento di finanziamento: la NEB Facility 2025–2027. L’iniziativa mira a trasformare i quartieri europei in ambienti più sostenibili, inclusivi e belli, attraverso due componenti principali: ricerca e innovazione, legata al programma Horizon Europe; implementazione e scalabilità, che mira a diffondere soluzioni innovative a livello locale. La filiera cultura e creatività è quindi un beneficiario del programma attraverso, ad esempio, progetti che recuperano e valorizzano edifici industriali trasformandoli in hub creativi. Ma anche un motore essenziale per la realizzazione del NEB Facility, grazie alla promozione di soluzioni creative e la co-progettazione con artisti, designer, architetti, operatori culturali e imprese creative, chiamate a rendere gli interventi sostenibili, belli e inclusivi. Nel 2025, sono stati pubblicati 11 bandi con un budget complessivo di 118,4 milioni di euro, focalizzati su temi quali: approcci innovativi per un'edilizia sociale e conveniente sostenibile, inclusiva e bella; approcci circolari e rigenerativi per l'ambiente costruito; imprenditorialità sociale dal basso per la co-creazione di quartieri in linea con la NEB[5].
A livello di linee guida, il programma Europa Creativa continua a puntare sul greening inserendolo tra le quattro priorità del bando per i progetti di cooperazione 2025, per cui vengono richiesti impegni concreti e un piano di sostenibilità. La Commissione ha inoltre pubblicato Quality Assessment of Green Aspects in Creative Europe Projects, una guida sulla valutazione degli aspetti ambientali nei progetti di Europa Creativa destinata a candidati e valutatori, che indica con esempi concreti i criteri di valutazione da seguire per determinare il punteggio finale alle diverse proposte progettuali.
Dal piano europeo a quello dei diversi Stati membri dell’EU a 27. Tra tutti gli Stati membri è unico il caso dell’Irlanda, che ha istituito il Creative Climate Action Fund[6], fondo pubblico strutturale concepito esplicitamente per finanziare progetti artistici e culturali che abbiano un impatto concreto sull’azione per il clima. Il fondo è considerato uno strumento strategico di policy climatica, tanto da essere inserito nel Climate Action Plan nazionale. Il governo irlandese ha finanziato la seconda edizione di questa iniziativa congiunta del Ministero per turismo, arte e cultura e del Ministero per clima e ambiente, inizialmente lanciata nel 2021. Il secondo ciclo, denominato Agents of Change, ha visto un finanziamento di 5,8 milioni di euro suddivisi in due categorie: progetti focalizzati su un ampio coinvolgimento del pubblico a livello nazionale e progetti pilota mirati a testare nuove idee di coinvolgimento del pubblico da realizzare a livello locale. Tra i progetti più rappresentativi della prima categoria c’è Cascade, che esplora come i vicoli dei centri storici delle città irlandesi possano adattarsi per affrontare i cambiamenti climatici, creando spazi coesi e resilienti in particolare migliorando la gestione delle acque piovane e prevenendo le inondazioni. Mentre, tra quelli più rappresentativi con dimensione locale, ricordiamo Turas – Journeys in Stewardship che, attraverso il coinvolgimento di artisti, scrittori, musicisti e creativi vuole ispirare le persone a ripensare il proprio rapporto con la terra e la natura, prendendo spunto dal paesaggio unico del Burren e dalle sue tradizioni di transumanza.
Non ci sono al momento altri fondi nazionali stabili che finanzino la sostenibilità culturale. Sembra andare in questa direzione la Germania con la Kulturstiftung des Bundes (Fondazione Culturale Federale) - istituzione pubblica fondata nel 2002 dal Governo Federale tedesco per finanziare progetti di rilevanza nazionale e internazionale promuovendo la collaborazione tra istituzioni e artisti a sostegno di progetti culturali innovativi. Questa istituzione nel 2022 ha aperto una linea di finanziamento tematica pluriennale dedicata a Clima e Sostenibilità[7] articolata in due focus. Il primo riguarda l’adattamento ai cambiamenti climatici delle istituzioni culturali, per cui sono stanziati 1,31 milioni di euro, volto a coinvolgere numerose realtà culturali nella consulenza, nello scambio internazionale di conoscenze e nello sviluppo di strategie di adattamento e buone pratiche per rispondere a rischi e impatti climatici specifici (ad esempio, ondate di calore, eventi estremi, perdita di biodiversità). Attraverso il secondo focus, dedicato alla riduzione dell’impatto climatico nel settore culturale, sostiene progetti pilota per la misurazione e la riduzione della carbon footprint, l’adozione di pratiche di produzione artistica climate-neutral, come nel programma Zero, per cui sono stanziati 8 milioni di euro fino al 2027. Inoltre, invita gli enti culturali a partecipare a una campagna di sostenibilità su scala nazionale articolata in tre diversi moduli: finanziamenti su candidatura progettuale attraverso il Fondo Zero, formazione professionale e misure di qualificazione offerte attraverso la Zero Academy e incontri di rete regionali per promuovere il trasferimento di conoscenze in tutta la Germania.
Ma in Germania, i finanziamenti rivolti alla riduzione dell’impatto ambientale del settore culturale, non coinvolgono solo le istituzioni pubbliche. Nel settore privato spicca, ad esempio, l’impegno di Allianz Foundation, fondazione europea con sede a Monaco di Baviera, che sostiene progetti e iniziative nei settori dell’arte e della cultura, della società civile europea, della tutela dell’ambiente e del clima, grazie ad un patrimonio di dotazione e contributi annuali di Allianz SE (la compagnia assicurativa internazionale da cui ha origine). Con il suo Grants Programme iniziative a sfondo sociale, ecologico, culturale e artistico, la fondazione adotta un approccio sistemico e mette a disposizione delle no-profit con base in Europa (o nei Paesi mediterranei) un contributo compreso tra 80.000 e 200.000 euro per progetto. La fondazione lavora da anni all’intersezione tra cultura e sostenibilità, con la Climate Cultures Call[8], attraverso cui ha già sostenuto 12 progetti come, per esempio, il COAST LINE(S) WANING: All for a few extra sunbeds. Quest’ultimo è un progetto artistico e di attivismo ambientale, che denuncia il degrado ecologico delle coste di Cipro causato da interessi economici e turistici attraverso una campagna di comunicazione che critica la “ricostruzione” della linea costiera cipriota, causa della distruzione di dune, rocce naturali e habitat costieri.
Altro attore chiave nel contesto europeo del mondo no profit il cui scopo è promuovere la sostenibilità attraverso l'arte e la cultura è la Fondation Daniel & Nina Carasso, attiva in Francia e Spagna. Fondata nel 2010 in memoria di Daniel Carasso, fondatore di Danone, e di sua moglie Nina, lavora in modo indipendente dal gruppo Danone e si concentra su due assi principali: Alimentazione Sostenibile e Arte Cittadina, sostenendo progetti che mirano a trasformare la società in modo ecologico, inclusivo e sostenibile. La fondazione ha una grande capacità di networking a livello europeo creando alleanze strategiche con altre fondazioni, enti no-profit, istituzioni e artisti; un suo aspetto distintivo e pionieristico è l’attenzione alla collaborazione interdisciplinare tra arte e scienza. Tra le call aperte dalla fondazione nel 2025 ci sono In Situ 2025 – Résidences d’artistes, giunto alla sua terza edizione e volto alla selezione di 10 artisti impegnati in residenze che integrino arte e sostenibilità, promuovendo l'interazione tra creatività e territorio, che avranno a disposizione uno stipendio mensile di mille euro, un contributo produttivo di duemila euro, uno studio abitativo condiviso, supporto professionale, opportunità di networking e una serie di attività collettive e individuali; Unire le conoscenze per immaginare un futuro sostenibile che, con 700.000 euro destinati a dieci progetti, intende supportare iniziative artistiche che coinvolgono le scienze, le conoscenze empiriche e le discipline culturali, con l'obiettivo di preservare l'acqua, costruire nuovi mondi immaginari che permettano ai cittadini di partecipare alla transizione ecologica resa necessaria dal nuovo contesto climatico.
Spostandosi in Italia troviamo, invece, una situazione disomogenea tra settori, con una maggiore attenzione alla sostenibilità nei finanziamenti pubblici destinati all’audiovisivo. Il Ministero della Cultura, assegna, infatti, un punteggio premiale a chi presenta documentazione attestante la sostenibilità ambientale o una certificazione ambientale per i contributi per attività di promozione cinematografica e audiovisiva. Non c’è esplicita menzione invece di obbligatorietà o premialità per le organizzazioni che applicano criteri di sostenibilità ambientale nei bandi di finanziamento indirizzati agli altri settori culturali. Addirittura, nel 2025 è stata eliminata dalla domanda annuale di contributi per lo spettacolo dal vivo qualunque riferimento alla sostenibilità, a cui, nelle precedenti domande, era dedicato un box qualitativo sul contributo al raggiungimento degli obiettivi dell’agenda 2030.
Per quanto riguarda la sfera del mondo occidentale, oltre al contesto europeo, anche il Nord America dimostra sensibilità e interesse a favorire la transizione green del settore culturale. Nello specifico è il Canada a distinguersi in tal senso. La sostenibilità ambientale del settore artistico è, infatti, tra le priorità anche del Canada Council for the Arts, insieme alla resilienza del settore stesso. Questa priorità si declina nei grant destinati alle Arti e culture dei popoli First Nations, Inuit e Métis che includono la protezione ambientale dei territori, e all’Innovazione strategica del settore (Cultivate grants[9]) con finanziamenti destinati a progetti innovativi, di rete e intersettoriali che affrontano questioni sistemiche a beneficio dell’intero settore artistico. Un progetto molto interessante finanziato da quest’ultimo grant è Internet of Nature di Sylvia Grace Borda, che combina tecnologia, arte ed ecologia urbana per esplorare e documentare la biodiversità nelle aree urbane, presentato anche durante la COP26 a Glasgow come esempio di uso interdisciplinare della pratica artistica per portare cambiamento a livello ambientale.
Infine, allargando lo sguardo al panorama globale, i Paesi dell’Asia e del Pacifico[10] hanno premuto per inserire il tema Cultura e Azione Climatica tra i 6 punti fondamentali da trattare durante il prossimo MONDIACULT, la più grande conferenza sulle politiche culturali mondiali, che si terrà a Barcellona a settembre 2025. Questo implica una pressione geopolitica per il riconoscimento formale del legame tra cultura e clima: il tema sarà inserito nell'agenda negoziale della conferenza e, potenzialmente, nelle raccomandazioni finali UNESCO, un passaggio fondamentale per renderlo vincolante nei documenti strategici futuri. Questo passaggio potrebbe portare all’istituzionalizzazione del ruolo della cultura nella lotta alla crisi climatica e a un suo inserimento formale all’interno delle strategie che verranno prodotte post Agenda 2030.
Il quadro che emerge è quello di un settore culturale in trasformazione, che non si limita a mitigare i propri impatti ma sperimenta metodologie e alleanze per contribuire attivamente alla transizione ecologica. Le politiche europee e globali e le pratiche già in atto mostrano come la sostenibilità possa diventare una leva di innovazione culturale, sociale e territoriale. La sfida, ora, è rendere strutturali questi processi, superando approcci frammentari e riconoscendo alle ICC un ruolo strategico nelle agende climatiche, a livello locale e globale. La cultura, quando agisce con consapevolezza ecologica, non è solo verde: è generativa.

