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L'Expo di Milano, Cop21, l'Enciclica Laudato Sii di Papa Francesco, l'Agenda2o3o Onu fecero pensare ad una crescita di consapevolezza comune verso l'obiettivo sfidante e necessario di costruire un mondo più sostenibile. Eppure, oggi serpeggiano diffidenza e indifferenza, minando in parte gli sforzi collettivi per costruire un futuro più vivibile. Il dibattito sulla sostenibilità è diventato un tema sempre più "di parte", terreno di contrapposizione tra forze politiche, in Italia e nel mondo. Ci troviamo di fronte a una crisi di crescita, passaggio difficile ma necessario, oppure ad un cambiamento, che ci impone di rivedere le nostre priorità e riallineare l'ideale al realizzabile? La maggior parte degli italiani si dichiarano sinceramente preoccupati per le conseguenze dei cambiamenti climatici (76%) e riconoscono l'importanza dell'impegno individuale. Tuttavia, è innegabile che questa consapevolezza fatichi a tradursi in azioni coerenti e concrete nella vita di tutti i giorni, quando non divenga scetticismo, campanello d'allarme che invita a interrogarci sulle sue ragioni. Lo scetticismo verso le scelte sostenibili (prevalente in quasi un italiano su 5) è legato alla situazione economicamente compressa e alla scarsa conoscenza dei processi, ma trova la sua ragione in un impegno collettivo percepito come insufficiente. L'Italia dovrebbe fare di più per la maggior parte degli italiani, in pochi (15%) conoscono le eccellenze italiane, a cominciare da quelle del riciclo. Tanti si sentono quindi soli in questa battaglia, preoccupati dai costi della transizione energetica (44%), delusi dalla lentezza dei progressi e dalla mancanza di una visione chiara e condivisa per una svolta realmente sostenibile. Anche le aziende possono fare di più; è opinione diffusa che si genererebbe un vantaggio economico per le imprese che investono in sostenibilità (lo pensa il 45%, sensazione anche suffragata dalle analisi di Symbola e di Istat). La sostenibilità deve essere una scelta collettiva, non una battaglia che il singolo pensa di poter combattere. Per far crescere il consenso e ridurre lo scetticismo è necessario superare la sterile contrapposizione tra presente e futuro. La domanda, "Che mondo lasceremo ai nostri nipoti?" rischia di non essere efficace se non si riesce a dimostrare, con esempi concreti e tangibili, come l'attenzione all'ambiente e alla società generi un impatto positivo già oggi. Un mondo più sostenibile non deve essere una promessa per un futuro lontano, ma un'alternativa concreta e praticabile a un presente che non soddisfa, ad un mondo che non piace. Ed è possibile se si comprende che una grande forza spinge verso la sostenibilità più intensamente della preoccupazione per il futuro e più dell'etica personale. È la diffusa convinzione che il prodotto sostenibile sia di migliore "qualità", che l'azienda sostenibile sia più "affidabile" e meriti maggiore consenso. Questo può saldare un presente di qualità ad un futuro sostenibile. È anche importante comprendere che non tutti gli individui sono uguali, hanno priorità diverse: ad esempio nei giovani è assai forte la lotta alle discriminazioni e per l'inclusione (56% per gli under 3o, verso il 45% della media italiana). La sfida futura sarà quindi quella di raccontare i temi della sostenibilità in modo idoneo, modulando il linguaggio e gli approcci in base alle diverse sensibilità e consapevolezze. La politica ha il ruolo di creare consenso vero tra soggetti diversi; la sostenibilità non può essere imposta con divieti e obblighi. Deve essere desiderata, condivisa da una maggioranza di persone che ne comprenda l'importanza. Alex Langer, usò parole con la forza di una profezia: "La domanda decisiva è: come può risultare desiderabile una civiltà ecologicamente sostenibile? (...) una politica ecologica punitiva che presupponga un diffuso ideale pauperistico non avrà grandi chances nella competizione democratica." La sfida che ci attende è ardua, ma non impossibile. Dobbiamo trovare strade di dialogo e costruire ponti tra opinioni diverse, anche se appaiono inconciliabili. Senza criminalizzare né gli idealisti, né gli scettici, ma raccontare, con onestà e credibilità, che un diverso modo di vivere si può costruire insieme: non sottrae il nostro benessere ma aggiunge una migliore salute, una più attenta distribuzione delle risorse, delle prospettive di convivenza pacifica con Pianeta e nel Pianeta. * head of public affairs and corporate reputation .

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La sostenibilità spinta dall'eccellenza - Andrea Alemanno | Corriere della Sera

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