La transizione verde dà una spinta al gioco di squadra tra le imprese Coesione e sostenibilità. Per affrontare le nuove sfide serve un cambio di paradigma anche grazie a uno sforzo condiviso all'interno delle filiere, con i consumatori, le istituzioni e la ricerca. Pnrr occasione da non perdere Marco Frey a sfida della sostenibilità richiede alle imprese un impegno significativo che non può essere affrontato senza attivare la collaborazione con altre imprese, con i consumatori, con le istituzioni, con il mondo della ricerca. Green economy e innovazione risultano infatti profondamente interconnesse, come ha ben compreso l'Unione Europea, che sta sostenendo con risorse straordinarie una profonda trasformazione del modo di produrre volta a garantire la competitività delle imprese e la riduzione della dipendenza da risorse (a partire dall'energia di origine fossile). La profonda trasformazione del modo di produrre e di posizionarsi sul mercato richiesta dalle transizioni che caratterizzano questa sfida sta impegnando intere filiere. Il Made in Italy, infatti, è complessivamente chiamato a sviluppare soluzioni efficienti e green che coinvolgono grandi e piccole imprese innovative in uno sforzo competitivo cruciale. Così è per la meccanica, per il legno e arredo, per la moda, per il settore agroalimentare (le cosiddette 4F), ma anche per molti altri comparti in cui la ricerca di nuovi materiali e di una gestione più attenta delle risorse sta diventano fondamentale. Tra le transizioni sicuramente al primo posto si pone la decarbonizzazione. In questo ambito le grandi imprese hanno messo in campo strategie di lungo periodo che si allineano con gli obiettivi internazionali: net zero entro (in diversi casi molto prima) del 2050. Nel perseguire questo target però è sempre più richiesto il coinvolgimento dell'intera catena del valore, per allinearsi a quello che viene definito scope 3, ovvero la capacità di ridurre le emissioni lungo l'intera supply chain, in alcune circostanze arrivando anche nei mercati a valle. Situazione analoga si verifica nell'ambito della transizione verso un'economia più circolare, dove la spinta riguarda più direttamente lo sviluppo di componentistica e soluzioni più innovative ed efficienti. Anche la transizione energetica, e sempre di più quella inerente alla gestione delle risorse idriche e del suolo, si integrano con la prospettiva della circolarità e della decarbonizzazione. Dobbiamo essere sempre più capaci di fare meglio con meno, rinnovando la disponibilità delle risorse, anche nella prospettiva delle future generazioni. Ma questa sfida è sopportabile da un sistema economico come quello italiano, la cui spina dorsale è rappresentata dalle piccole e medie imprese? Sicuramente è necessario un processo di crescita graduale delle capacità e delle competenze che le grandi imprese, le istituzioni e il mercato deve saper accompagnare. Le istituzioni europee sinora hanno fatto la loro parte, ma altrettanto devono fare quelle nazionali, utilizzando innanzitutto al meglio le risorse del Pnrr. Un ruolo importante è anche quello del mercato, sia nella logica business to business, sia nella prospettiva dei consumatori finali. Le imprese, soprattutto quelle di maggiore dimensioni, sono chiamate ad accompagnare i loro fornitori in un percorso di crescita competitiva all'egida della sostenibilità con tutti gli strumenti possibili. Si replica da un certo punto di vista quanto avvenne trent'anni fa con la qualità totale. Occorrono azioni formative, processi di procurement e piattaforme dedicate, supporto di natura finanziaria, audit costruttivi e ad intensità graduale. Tutto ciò al fine di sviluppare, attraverso uno spirito di partnership con i fornitori, una maggiore solidità e competitività delle filiere. Non dimentichiamo però il ruolo chiave dei consumatori. In tutte le indagini rimangono al primo posto tra gli attori che possono spingere le aziende ad essere più sostenibili. I segnali in questa prospettiva sono però confortanti: continua a crescere la percentuale di consumatori non solo attenti in generale alle tematiche ambientali e sociali, ma anche capaci di fare scelte di acquisto coerenti con le proprie dichiarazioni. Anche gli italiani, un tempo considerati "ecologisti verbali" stanno quindi dimostrandosi gradatamente in grado di sostenere nel mercato i prodotti e i servizi più green. Ognuno deve fare la sua parte se si vuole uscire dalla triplice crisi che ci attanaglia da tempo rafforzando in chiave competitiva la coesione analizzata nel Rapporto di Symbola, Intesa Sanpaolo e Unioncamere. Ciò significa considerare adeguatamente anche la dimensione sociale della sostenibilità: è necessario che la trasformazione in corso guardi al benessere complessivo e alla qualità della vita di tutti, preservando un elemento chiave dell'attrattività del nostro Paese. È interessante notare come negli ultimi anni anche le istituzioni finanziarie si siano mosse con decisione in questa direzione. I fattori Esg (ambientali, sociali e di governance) sono sempre più rilevanti nei processi di allocazione dei finanziamenti e del credito. Le imprese, progressivamente anche quelle di minore dimensione, sono chiamate a dare evidenza delle loro prestazioni e dei piani di miglioramento in tale ambito. La capacità di misurare e rendere conto del proprio impegno viene richiesta così da sempre più attori e finisce con l'essere anche funzionale alla gestione di nuovi rischi: come il costo delle materie prime e dell'energia, la mitigazione e l'adattamento al cambiamento climatico, la crescente incidenza del costo di smaltimento dei rifiuti, l'impatto complessivo sull'ambiente delle proprie attività, la gestione delle tematiche di natura sociale (sicurezza sul lavoro, diversità ed inclusioni, rapporti con le comunità). Su queste ultime è necessaria un'ulteriore maturazione, ma le istituzioni internazionali stanno procedendo anche su questo fronte cruciale, ingaggiando ulteriormente gli attori economici. Presidente del Comitato Scientifico di Symbola e direttore del Centro interdisciplinare sulla sostenibilità e il clima alla Scuola Superiore Sant'Anna.
Marco Frey | Il Sole 24 Ore