«Volevo dare un senso diverso alla mia esperienza, legarla ai valori nei quali credo, e così sono tornata a studiare. Sono un chimico industriale di formazione ma ho sempre avuto una spiccata sensibilità ambientale. Avevo già lavorato in multinazionali, nella ricerca e sviluppo e nel marketing dei nuovi prodotti, dai detersivi al food. Complice poi il trasferimento in Inghilterra per il lavoro di mio marito e il primo figlio, mi sono trovata a un bivio. Ho iniziato con un corso online dell'Institute for Sustainability Leadership dell'università di Cambridge e sto terminando il master biennale in sostenibilità». Simona Azzolini, 49 anni di Milano, cura un blog (sustainablelifestyleconsultant.com) e ora sta facendo le prime consulenze in attesa di discutere la tesi: «Ci sarà sempre maggior bisogno di competenze approfondite e certificate. Siamo davanti a una crisi innegabile e tutte le aziende sono chiamate a un approccio più responsabile alla produzione e alla filiera, sia dal punto di vista ambientale che sociale». In più ricerche emerge che l'ambito dei green jobs è in espansione: entro il 2023 uno ogni cinque posti di lavoro sarà generato da aziende ecosostenibili, più che dal digitale (dati di studio Smart&Green di Censis e Confcooperative).
Secondo la definizione ufficiale sono quei lavori che «contribuiscono a preservare o a riqualificare l'ambiente», ma non bisogna concentrarsi solo su ambiti classici, come agricoltura, energia, mobilità, chimica. «La sostenibilità
sarà importante in tutti i settori mano a mano che trasformeremo il modo in cui consumiamo, viviamo, viaggiamo», spiega Lucy Bruzzone, programme director dell'istituto di Cambridge, «30 anni fa avevamo un solo programma di studi, oggi ne offriamo diversi. Riceviamo richieste di formazione sia da parte di aziende per i propri manager che di singole persone. Il mercato del lavoro è sempre più mobile e molti decidono di investire in percorsi online di alto livello o di tornare in università. Se dovessi citare un aumento di interesse per i corsi direi che viene dal ramo finanziario e dalle banche».
Nel nostro Paese il settore ha un peso rilevante: il rapporto Greenitaly 2019 di Fondazione Symbola e Unioncamere afferma che ci sono 3,1 milioni di green jobs, ovvero il 13,4% degli occupati. Una tendenza in crescita negli ultimi dieci anni, con una recente accelerazione data dalle imprese di giovani under 35. L'ultimo Atlante Lavoro di Inapp — Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche identifica addirittura un 21% degli occupati coinvolto in processi dell'economia verde. Mentre la separazione tra business e tutela ambientale va, per fortuna, assottigliandosi, il libro 100 Green Jobs per trovare lavoro di Marco Gisotti e Tessa Gelisio (Edizioni Ambiente) sottolinea anche la maggior stabilità contrattuale della green economy, dove le assunzioni a tempo indeterminato sono il 49,2%. La loro top ten delle figure più ricercate include: chimico verde, cuoco, data analyst, esperto di marketing ambientale, esperto di acquisti, esperto in gestione dell'energia, guida turistica e naturalistica, installatore di impianti di condizionamento a basso impatto, meccanico industriale, programmatore agricolo della filiera corta. Gli autori spiegano come in tutti i settori si possa decidere di "verdizzare" la propria professione o azienda: nel turismo, per esempio, convertendo una struttura ricettiva verso l'ecosostenibilità, nella giurisprudenza specializzandosi in reati ambientali, nella manifattura, dal cibo alla moda, decidendo di puntare su circolarità e tracciabilità dei prodotti. Come ha fatto Antonio Idà, 40 anni, calabrese trapiantato a Cremona, fondatore di SpirEat: «Per dodici anni sono stato un ricercatore universitario di alghe. Ero anche un consumatore di spirulina e non esisteva una grande offerta, a parte gli integratori. In più non c'era alcuna sicurezza sulla filiera di ciò che arrivava dall'Asia, dove avviene la maggiore produzione. Complice l'incontro fortuito con un agricoltore, abbiamo inventato un modello di coltivazione circolare che sfrutta calore recuperato da impianti di biogas e riutilizza l'acqua delle serre nei campi». Snack in barrette, drink energetici, persino un risotto alla spirulina: «La filiera italiana, bio e sostenibile è molto apprezzata all'estero».
Ii distacco del mondo della scuola da queste evoluzioni dell'impiego rimane importante. Lo conferma Matteo Plevano, psicologo del lavoro che collabora al progetto Green Jobs di Fondazione Cariplo: «I ragazzi aspirano ancora a professioni tradizionali. A meno che non ricevano informazioni in famiglia, gli studenti di quarta superiore con cui parliamo hanno idee abbozzate su quali siano gli scenari del mercato futuro». Grazie a incontri con figure aziendali di successo e a colloqui individuali, gli studenti sono stimolati ad acquisire competenze verdi e a creare progetti imprenditoriali in una competizione nazionale che a maggio decreta i vincitori (progettogreenjobs.eu). In attesa che l'"effetto Greta" si espanda dall'attivismo delle nuove generazioni al mondo del lavoro vero e proprio.