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L'Industria verde cresce a ritmi da record lcomparto ecoindustriale italiano sta registrando numeri importanti e lusinghieri. Nel 2022, stando ai dati dell'istituto nazionale di statistica, in base ai prezzi, nel 2022, la produzione di beni e servizi ambientali s'è attestata a poco meno di 217,5 miliardi di euro per un valore aggiunto dell'intero settore stimato in poco meno di 8o miliardi di euro (per la precisione 79,9). La produzione è salita del 37,7%, il valore aggiunto è schizzato del 40,6%. Si tratta di un imponente passo in avanti che è stato trainato, soprattutto, dalle attività relative al miglioramento dell'efficienza energetica mentre hanno segnato il passo quelle inerenti al contenimento dell'inquinamento acustico. Nel 2023, il peso complessivo dell'economia ambientale sull'intero tessuto produttivo italiano è stato pari al 4%, un anno prima, nel 2022, era "solo" al 3,1%. Una notizia che fa felice anche il Fisco che brindare a un'impennata, pari al 19,4% del gettito da imposte green. Nel 2022, stando ai dati dell'istituto nazionale di statistica, in base ai prezzi, nel 2022, la produzione di beni e servizi ambientali s'è attestata a poco meno di 217,5 miliardi di euro per un valore aggiunto dell'intero settore stimato in poco meno di 8o miliardi di euro (per la precisione 79,9). La produzione è salita del 37,7%, il valore aggiunto è schizzato del 40,6%. Si tratta di un imponente passo in avanti che è stato trainato, soprattutto, dalle attività relative al miglioramento dell'efficienza energetica mentre hanno segnato il passo quelle inerenti al contenimento dell'inquinamento acustico. Nel 2023, il peso complessivo dell'economia ambientale sull'intero tessuto produttivo italiano è stato pari al 4%, un anno prima, nel 2022, era "solo" al 3,1%. Una notizia che fa felice anche il Fisco dal momento che ha potuto brindare a un'impennata, pari al 19,4% del gettito da imposte green, introiti che pesano, globalmente per il 2,5 per cento del prodotto interno lordo. Ma abbiamo un problema con i materiali, specialmente quelli critici. L'Italia continua a importare materie prime: nel 2022 il consumo materiale interno era salito dell'1,3% a 512,3 milioni di tonnellate. A trainare i consumi le materie prime energetiche, le importazioni nette di minerali non metalliferi. Tuttavia, nel 2023 si sarebbe registrato un forte calo con una diminuzione di 33 milioni di tonnellate (-6,4%). Sarebbe perché le stime sono ancora provvisorie ma che porterebbe l'intensità materiale del Pil a 250 tonnellate per milione di euro. Abbiamo, dunque, un problema con le materie prime. Non è un caso che riguarda solo l'Italia, sia chiaro. È un problema europeo e, in un certo senso, mondiale. Mentre il mondo si divide, proprio quando la globalizzazione celebra il suo de profundis, il tema delle materie prime strategiche si fa (ancora) più importante. Specialmente per chi ne ha poche. E per queste ragioni che, mai come adesso, il concetto di economia circolare, di riuso e riciclo, si fa importante. E strategico, nel vero senso della parola. Anzi delle parole: critical raw materials, materie prime fondamentali per lo sviluppo e l'economia che, però, presentano più di un problema per quanto riguarda il tema dell'approvvigionamento. Proprio su questo fronte arrivano quattro proposte da Assoambiente, sigla che rappresenta le imprese che operano nel settore dell'igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare, smaltimento rifiuti e bonifiche. L'obiettivo è ambizioso: giungere alla End of Waste, alla fine del rifiuto in sé. Per cogliere un traguardo che pare strategico, Assoambiente definisce come "fondamentale creare un quadro normativo chiaro e incentivante per le aziende che intendono investire, ad esempio riconoscendo automaticamente l'end of waste a fine processo di riciclo dei crm". Insomma, ci vogliono regole più chiare e una burocrazia meno invasiva, che sappia lavorare in maniera più spedita. Ecco perché secondo gli esperti, "per attrarre investimenti è necessario snellire i processi autorizzativi, senza rinunciare agli standard ambientali e di sicurezza". Assoambiente ritiene inoltre che vadano sostenute e tutelate tutte quelle attività di ricerca e sviluppo di tecnologie per il riciclo di queste materie prime critiche, rafforzando la collaborazione tra Università, centri di ricerca e imprese "per sviluppare soluzioni innovative che aumentino la resa del riciclo e riducano l'impatto ambientale". Infine occorrono sussidi e bonus di natura economica per le imprese che si lancino nell'avventura dell'economia circolare. Un settore nel quale, al momento, l'Italia sembra avere ben poco da invidiare al resto d'Europa. Nelle scorse settimane, la fondazione Symbola ha presentato un report in cui descrive il Paese in "dieci selfie". Tra questi, c'è il primato che fa dell'Italia una "superpotenza" dell'economia circolare. Stando ai dati, infatti, nel nostro Paese il 91 per cento dei rifiuti viene riciclato. Si tratta di una percentuale enorme, una volta tanto di (gran lunga) superiore a quella Ue dove, invece, il trend non va oltre il 58%. Un primato, quello italiano, ribadito anche da Circular Economy Network, che nel rapporto 2024 stabilisce come l'Italia abbia un solido primato che pone il nostro Paese prima della Germania, della Francia e della Spagna. Stando al report, l'Italia vanta una quota di riciclo complessiva stimata nel 72%, a cui va aggiunto il tasso di uso circolare di materia che si attesta al 18,7%.

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