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Estratto del capitolo "L'innovazione culturale che verrà" di Io sono Cultura.

Il termine innovazione all’interno del comparto culturale, sotto l’apparente ovvietà del suo significato, squaderna una molteplicità di problematiche e di complessità di perimetrazione, con le quali si misurano quotidianamente analisti e ricercatori in ambito italiano e internazionale.

L’innovazione non è per nulla un dato di fatto, quanto invece un’interazione di una serie di fenomeni e di processi che assumono significati e producono risultati, oggetti e impatti distribuiti su un ventaglio esteso e variamente modulato di fattispecie diverse. Basti pensare ai processi innovativi a livello locale, che possono essere prassi di routine in un luogo e processi sperimentali altrove e, d’altro canto, la ricerca di applicazione di buone pratiche nell’intento di disseminazione che comporta, mira anche al trasferimento di competenze e modalità d’azione che possono rivelarsi replicabili e scalabili in altri contesti.

Certo, il fattore tecnologico è spesso determinante – oggi più che mai – ma l’innovazione non è solo tecnologia; innovativi possono essere i processi, i fattori organizzativi, la scoperta di fattori di bisogno da far emergere, nominare e riconoscere.
La pandemia, da una parte, ha messo al centro il ruolo delle tecnologie di comunicazione, come il web e i social, dall’altra, ha fatto emergere le carenze, le difficoltà e le problematiche dell’abitare il mondo digitale. L’entusiasmo per la novità del “siamo tutti digitali” scricchiolava già sotto l’ovvia considerazione dell’impennata nell’uso di programmi per videoconferenze, già disponibili da anni, per reazione al periodo di reclusione, ma – al di là del sovraccarico e dei malfunzionamenti della rete – un dato che deve far riflettere non riguarda tanto la dimensione phygital che stiamo assumendo, ma il digital divide nazionale in corso, con un terzo delle famiglie italiane senza accesso a Internet2, un enorme gap socioculturale visti i cambiamenti che stiamo attraversando, in primis con la didattica a distanza (DAD).

In aggiunta, il trasferimento in rete di moltissime attività del comparto culturale ha messo in luce i dislivelli drammatici tra chi aveva già investito in una strategia digitale e chi ha improvvisato un qualche bricolage per dare segni della propria sopravvivenza.

 

Continua a leggere il capitolo da p. 50 a 54 su Io Sono Cultura 2022, la ricerca realizzata con Unioncamere, Regione Marche, in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.

 

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