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di Fondazione Symbola e MASAF

Caratterizzate da un territorio prevalentemente collinare, le Marche sono una regione che presenta paesaggi agricoli omogenei e ordinati, con i paesi solitamente posti sulle cime delle colline e i campi delimitati da filari di alberi. Nella parte più occidentale della regione, invece, le colline lasciano il posto alle vette ricoperte di boschi dell’Appennino Umbro-Marchigiano. La costa sabbiosa è divisa in due dal Promontorio del Monte Conero, le cui falesie calcaree di color bianco purissimo sembrano tuffarsi nel blu acceso del Mar Adriatico.

Foreste e Boschi

Dei 9.401 kmq che compongono la regione, sono 3.131 quelli occupati da aree boschive. La zona collinare posta tra il mare e la montagna è caratterizzata dal paesaggio tipico dell’agricoltura intensiva e le foreste trovano spazio principalmente nell’area più interna della regione, quella appenninica. Fa eccezione il Promontorio del Conero, il secondo più grande d’Italia dopo quello del Gargano in Puglia, coperto da boschi che dalla sua cima, a quota 572 metri sul livello del mare, scendono fino all’acqua. Il promontorio dà il nome all’omonimo Parco regionale, istituito nel 1987 dopo che numerosi cittadini e rappresentati di associazioni ambientaliste organizzarono delle marce pacifiche e partecipate per tutelare l’ultimo pezzo di costa marchigiana ancora non compromesso dal turismo balneare. I boschi che ricoprono i versanti del promontorio sono in buona parte il frutto di rimboschimenti che continuano ancora oggi. Il primo, nel 1930, si rese necessario per evitare i rischi connessi al dissesto idrogeologico, perché il monte era stato quasi completamente disboscato nel suo versante occidentale, quando vennero piantati principalmente pini d’Aleppo e lecci, mentre le altre specie non attecchirono, a eccezione del cedro dell’Atlante che riuscì ad adattarsi alle altitudini più elevate. I boschi del Conero sono quindi formati principalmente da lecci e pini d’Aleppo e da alberi ad alto fusto spontanei come i caprini neri, i cipressi, le roverelle, gli aceri e gli ornielli. Tra gli arbusti e i cespugli della macchia mediterranea spiccano invece la ginestra, il ginepro rosso e il corbezzolo. Sull’Appennino, al confine tra la Toscana, l’Emilia-Romagna e le Marche, si trova invece la suggestiva cerreta di Sasso Simone e Simoncello, due imponenti formazioni di roccia calcarea circondate dagli alberi, che crescono anche sulle sommità di entrambi i blocchi rocciosi. Si tratta di un vecchio bosco ceduo – ovvero tagliato periodicamente per la legna – che, una volta abbandonato, è potuto crescere liberamente, occupando questo tratto di paesaggio selvaggio e incontaminato. Al cerro, albero dominante del bosco, si associano carpini bianchi, aceri campestri e faggi. Nel piccolo comune di Borgo Pace (PU), in località Fonte Abeti, è presente un bosco di 20 ettari formato da abeti bianchi, che crescono su un pedio scosceso del versante nordorientale del Poggio del Romito. L’Abetina di Fonte Abeti è l’ultima testimonianza delle abetaie che un tempo ricoprivano l’intera zona, ma vennero disboscate nel XII secolo, quando le terre erano di proprietà del Clero, che le disboscò ricavandone il pregiato legname d’abete che, dopo essere caricato su delle zattere lungo il Tevere, giungeva a Roma dove veniva impiegato per la costruzione di cattedrali e chiese.

Alberi monumentali

Nella regione si contano 123 alberi monumentali, di cui 53 crescono all’interno di piccoli comuni. Tra gli alberi monumentali delle Marche, la specie più diffusa – per distacco – è sicuramente la roverella, la specie di quercia più comune nel nostro Paese. Nel parco archeologico di Falerone, piccolo comune della provincia di Fermo, si trova una roverella di età stimata attorno ai 300 anni, conosciuto dalla comunità locale come “cerquò”, che deriva dal nome dialettale “cerqua” che a sua volta deriva dal nome latino dell’albero, ovvero quercus. L’albero cresce accanto al Teatro Romano del periodo augusteo, perfettamente conservato grazie anche ai recenti restauri e di cui sono ben visibili i primi due ordini di gradinate. Alto 35 metri e con una circonferenza di 5, l’albero è in perfette condizioni anche perché, crescendo proprio a ridosso del muro dell’antico teatro, è ben protetto dai venti ed ha potuto quindi sviluppare una maestosa chioma che misura 32 metri di diametro. Anche l’albero più vecchio delle Marche cresce nei pressi di un edificio dall’importante valore storico culturale. Si tratta del tasso che si si trova nel giardino botanico del Monastero di Fonte Avellana, nel piccolo comune di Serra Sant’Abbondio (PU), fondato probabilmente da San Romualdo nel 980 nei boschi alle pendici del Monte Catria e dove si dice abbia soggiornato Dante, che lo cita nella Divina Commedia. Sebbene la tradizione voglia che l’albero sia stato piantato 1.000 anni fa dai primi monaci camaldolesi che abitarono il monastero, in realtà la pianta avrebbe circa 600 anni, un’età che ne fa comunque l’albero più antico delle Marche e uno dei tassi più vecchi d’Italia. Le foglie scure dell’albero creano un forte contrasto cromatico rispetto alle chiome di color verde chiaro degli aceri, dei frassini e dei cerri, nella parte di bosco che i monaci curano da secoli. Il giardino botanico del Monastero di Fonte Avellana comprende infatti una parte del rigoglioso bosco che cresce alle spalle del monastero, un luogo dove la natura si lega indissolubilmente alla spiritualità, come nella tradizione degli eremi benedettini. Presso il piccolo comune di Acquasanta Terme, in provincia di Ascoli Piceno, è possibile ammirare un pero selvatico dal pregiato portamento. Difficilmente questa specie riesce a raggiungere tali dimensioni in zona. Con un’altezza di circa 12 metri e una circonferenza di quasi 2 metri, il pero selvatico è ricordato come simbolo della memoria del luogo dagli abitanti locali. Nella provincia di Fermo, nel piccolo comune di Montefalcone Appennino, troviamo un esemplare di sorbo ciavardello che svetta rispetto al bosco circostante, tanto da diventarne un’icona. Infatti il monumento verde è adesso una vera e propria meta di escursioni, a tal punto da far nominare questo tratto di bosco, nella segnaletica e nella cartellonistica, come “sentiero del sorbo”. Roverella degna di nota è quella che cresce isolata in un campo di Acquasanta, frazione del piccolo comune di San Marcello (AN), in un territorio particolarmente vocato alla viticoltura, dove si producono diversi vini DOC come il Rosso Piceno, l’Esino, il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Lacrima di Morro d’Alba. La pianta, che non è mai stata potata in modo intensivo e non ha altri alberi attorno, ha potuto crescere liberamente, allungando i propri rami in modo omogeneo e oggi presenta una chioma espansa e dal portamento maestoso.

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