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Il presente, con l'attuale transizione tecnologica, ci deve spingere ad operare una trasformazione sociale più additiva e flessibile. Le comunità attive si rivelano essere un valore aggiunto in grado di imprimere velocità nello sviluppo di soluzioni economiche più coesive.

Paolo Venturi

Il presente ci deve spingere ad operare una trasformazione selettiva verso modelli più adattivi e flessibili. La pandemia è da questo punto di vista una grande prova a cui eravamo tutti impreparati. Tuttavia ci siamo resi conto del valore di comunità attive capaci di far collaborare persone, istituzioni, imprese, associazioni di categoria, sindacati e imprimere velocità nello sviluppo di soluzioni. Ma la crisi ha accelerato anche la trasformazione dei progetti in campo, selezionando nuovi modi di fare pubblica amministrazione, impresa, terzo settore. Cresce per esempio nella pubblica amministrazione la spinta a superare la funzione meramente amministrativo-gestionale, con l’intento di fungere da soggetto catalizzatore sul territorio di soggetti diversi per lo sviluppo di nuovi servizi territoriali e progettualità.

Si sta infatti assistendo ad un lento ma progressivo passaggio da quella che il sociologo danese Niels A. Andersen ha definito “un’amministrazione per settori” ad “un’amministrazione di supervisione e delle potenzialità” (1).

Un esempio è sicuramente quello del Comune di Milano che nel mese di aprile, in pieno lockdown, ha lanciato la propria ‘Strategia di adattamento’, scommettendo sull’ascolto dei cittadini per affrontare i problemi che hanno colpito l’intera collettività. È stata così lanciata una call aperta che nell’arco di poche settimane ha raccolto ben 2.967 proposte di possibili interventi, espressione di quelli che la cittadinanza sente come bisogni a cui dare risposte per ripartire e rispetto ai quali, in molti casi, sente di poter partecipare attivamente (2). Interessante anche l’esperienza del Comune di Lecco che nel 2018 ha avviato un percorso di coprogettazione con le realtà dell’imprenditoria sociale del terzo settore passando dal partenariato pubblico-privato contrattualizzato, che ha sempre costituito l’ossatura centrale della coprogettazione, ad un partenariato pubblico-privato istituzionalizzato, che vede dentro la stessa composizione giuridico-societaria il pubblico e il privato sociale insieme. Da questa esperienza è nata un’impresa sociale, il Consorzio Girasole, con il compito di dare risposte concrete ai bisogni di welfare dei cittadini (3). Tra le trasformazioni più rilevanti, quelle che interessano le forme di partecipazione dei cittadini che si prendono cura della propria collettività attraverso sostegno (ad es. il sostegno di oltre 73.000 cittadini al progetto Forestami) (4), progettualità (ad es. i patti di collaborazione per la gestione dei beni comuni) e forme organizzative sia formali (ad es. associazioni o cooperative di comunità) che informali (semplici gruppi di quartiere o anche solo di condominio).

 

Nascono poi quelle che Ezio Manzini ha chiamato “comunità ibride di luogo” che rappresentano «insiemi di persone in contatto tra loro nel mondo fisico e in quello virtuale, che condividono l’attenzione per un luogo (quello in cui vivono e/o quello verso il quale hanno un particolare motivo di interesse) e che, proprio per la loro natura ibrida e radicata, possono operare come comunità resilienti» (5).  I cittadini così organizzati si rendono protagonisti di percorsi di co-pianificazione, co-progettazione o co-management valorizzando conoscenze e risorse di cui l’amministrazione non potrebbe mai disporre e verso le quali quest’ultima agisce secondo una logica di capacitazione e facilitazione. Ma non solo,

i cittadini si rendono protagonisti anche di un rinnovato attivismo che passa per le “politiche del quotidiano”, ovvero quelle prassi «che ciascuno di noi mette in atto perseguendo i propri progetti di vita. Possono […] contribuire a creare comunità flessibili, aperte, inclusive e, per questo, socialmente sostenibili.

Gli esempi riusciti di innovazione sociale ci insegnano che questa strada è praticabile e che, coniugando autonomia e collaborazione, è possibile sviluppare inedite forme di intelligenza progettuale» (6). Cittadini che sono evoluti anche nella loro veste di consumatori.

Il nuovo consumatore non si limita più ad acquistare e neppure a giudicare magari all’interno di un blog l’operato delle aziende. Il nuovo consumatore “entra” a tutti gli effetti dentro le scelte produttive, facendosi portavoce e testimonial, fino a diventarne finanziatore e azionista.

Si può affermare quindi che il focus si è spostato dal “possedere” prodotti (magari unici e personalizzati) all’orientare le scelte e i modi della produzione. In questa transizione di particolare importanza è la funzione di snodo svolta dal terzo settore (7) tra le istanze della collettività e le istituzioni, rafforzando le azioni di “advocacy” (patrocinio) a tutela dei diritti di cittadinanza e accrescendo la dotazione di quel capitale sociale che permette la costruzione di ponti tra diversi gruppi sociali o tra gruppi e attori che condividono interessi comuni.

A questa attività, che possiamo definire tradizionale, si sono affiancate negli ultimi anni anche attività “market oriented” capaci di produrre nuovi significati sociali che hanno creato nuovi mercati. Ne è un esempio Slowfood che attraverso la promozione di una visione sull’alimentazione in contrasto con il fast food ha dato vita ad una comunità di produttori e consumatori che ha generato un nuovo segmento di mercato: quello delle qualità agroalimentari territoriali. Ci sono poi attività di associazioni di categoria evolute che insieme all’attività di rappresentanza hanno nel tempo organizzato l’offerta dando vita a vere e proprie comunità produttive. Un esempio tra tutti è quello di Coldiretti e dei suoi farmer’s market. Parliamo di 12.000 aziende agricole con un fatturato che ha superato la soglia dei 3,5 miliardi di euro, una comunità che grazie alla coesione ha ridotto la propria marginalità nelle filiere a causa della loro polverizzazione e del basso potere contrattuale. La comunità costruita da Coldiretti ha riequilibrato i margini di guadagno per i produttori non sottraendo risorse alla filiera ma semplicemente valorizzando maggiormente la produzione agricola. Fino ad attività dirette che ibridano modalità non profit a modelli profit. L’esito di questo processo sta generando uno spazio in cui le logiche profit e non profit convergono, generando una molteplicità di combinazioni ibride: 16 imprese nate dall’intersezione fra principi sociali (mutualismo e reciprocità in primis) ed imprenditoriali. L’esito di questa ricombinazione è una vera e propria azione “generativa” in grado di dilatare il perimetro e le soggettualità (come ad esempio le cooperative di comunità e le imprese sociali) di un’economia che supera le Colonne d’Ercole della responsabilità sociale dell’impresa e si ridefinisce come istituzione “intenzionalmente sociale”. Sul fronte delle organizzazioni for profit, le SIAVS17 e le società benefit (8) rappresentano delle esemplificazioni di questa trasformazione, senza ovviamente esaurirla, affiancando agli obiettivi economici il rispetto per l’ambiente, l’attenzione per il sociale e le comunità di riferimento: scritti nero su bianco nello statuto. Molte aziende iniziano così a sperimentare forme differenti di partenariato con i propri fornitori, di engagement dei consumatori e clienti, percorsi di progettazione condivisa di prodotti o servizi insieme a organizzazioni del terzo settore, proposte che aumentino la partecipazione e la spinta propositiva dei dipendenti, nonché la definizione di nuovi contesti all’interno dei quali realizzare iniziative rivolte alla comunità e portate avanti in stretta collaborazione con le amministrazioni locali.

Tra gli esempi di partenariato evoluto sicuramente non sono passati inosservati i contratti firmati da alcune aziende della Motor Valley emiliana (Lamborghini e Ducati) e il sindacato (Fim-Cisl e Fiom-Cgil) che hanno introdotto la staffetta generazionale. L’accordo prevede la possibilità per un operaio di anticipare la pensione senza perdere un euro rispetto all’attuale stipendio, e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di un dipendente presente in azienda con contratto precario. Le aziende si impegnano così a pagare per due anni al lavoratore che esce la differenza tra Naspi e salario percepito, comprensiva di tutte le voci retributive. Una cosa apparentemente semplice ma che in realtà in Italia non è mai stata sviluppata nonostante diversi tentativi (si pensi al recente “quota 100” che prometteva 400.000 assunzioni a fronte di altrettanti prepensionamenti) e questo avvalora ancor di più l’importanza di questa collaborazione innovativa che ha generato valore per tutte le parti: imprese, sindacati e lavoratori (9). In tempi di fintech e smaterializzazione è interessante rilevare anche un nuovo attivismo territoriale delle banche, che alle funzioni tradizionali di erogazione del credito sempre più sviluppano funzioni strategiche di sostegno alla transizione ecologica e di accompagnamento e consolidamento di comunità produttive. Per dimensione e impatto va sicuramente segnalato il Programma Sviluppo Filiere di Intesa Sanpaolo nato per sostenere le PMI. Dietro le grandi aziende del made in Italy ci sono migliaia di piccole e medie imprese fornitrici che contribuiscono alla realizzazione dei loro prodotti e ne costituiscono appunto la filiera produttiva, quindi parte della catena del valore. Queste aziende per le loro dimensioni vivono spesso grandi difficoltà nell’accesso al credito o usufruiscono di condizioni non sempre vantaggiose. In particolare, la banca ha elaborato un nuovo modello di rating che valorizza le potenzialità e gli aspetti qualitativi intangibili delle imprese, tra cui l’appartenenza ad una filiera, per migliorare l’accesso al credito dei fornitori strategici del capo-filiera. Il programma prevede anche un sistema di gestione avanzata del circolante di filiera. Grazie a questo accordo le aziende della filiera Gucci (circa 20.000 addetti) potranno per esempio beneficiare del “valore” della capo-filiera, riconoscendo termini e condizioni vantaggiosi e potranno accedere a finanziamenti in tempi rapidi, velocizzando l’accesso alla liquidità necessaria, oltre a poter usufruire di una serie di agevolazioni e iniziative solitamente rivolte alla clientela corporate di grandi dimensioni. In particolare, è stata inserita nel programma filiere la gamma di finanziamenti legati all’emergenza Covid-19, con la finalità di sostenere le imprese nel superamento della fase di difficoltà e accompagnarle nella ripartenza.

Meccanismi che favoriscono lo sviluppo e la tenuta di comunità produttive strategiche per il made in Italy. Le potenzialità emergenti all’interno delle rinnovate configurazioni tra i vari soggetti pubblici, imprese, banche, terzo settore, cittadini, richiedono tuttavia la messa a punto di sistemi di governo tipici delle comunità.

Come quello proposto dal sociologo americano Charles Sabel, che da tempo lavora sul concetto di “sperimentalismo democratico”, incentrato sull’idea di “governance sperimentale”. Ovvero un dispositivo democratico-decisionale dove le istituzioni centrali – ma la logica è applicabile come vedremo anche alle imprese – attribuiscono autonomia ai vari attori in campo, per perseguire scopi generali espliciti che saranno monitorati e continuamente rivisti in base ai riscontri raccolti (10). La “governance sperimentale” può dunque essere intesa come uno strumento per individuare soluzioni a partire dal confronto tra pratiche differenti messe in atto magari da soggetti diversi e in contesti differenti ma con obiettivi simili. I problemi e bisogni odierni non permettono infatti la definizione di soluzioni valide una volta per tutte: sperimentare diventa il modo migliore e più efficace per affrontare la complessità – se ci pensiamo questi sono gli stessi principi alla base del concetto di open innovation.

 

Vi sono numerosi esempi di governance sperimentali nate a partire dalla condivisione di finalità comuni e che hanno poi trovato convergenza nell’avvio di nuove progettualità imprenditoriali. Tra questi vi è il caso della piattaforma Consegne Etiche, nata dal basso a Bologna nel 2020 come alternativa di delivery equa nei confronti dei lavoratori, in contrapposizione a un sistema predominante di sfruttamento portato avanti dalle grandi piattaforme estrattive. Il progetto ha incontrato fin da subito l’interesse dell’amministrazione che ne ha curato e orchestrato lo sviluppo organizzando assemblee pubbliche e laboratori di co-design, così da coinvolgere l’intera comunità (cittadini, esercizi commerciali e cooperative) in un percorso sperimentale capace di generare un nuovo prototipo di piattaforma cooperativa a misura di comunità. Esperienze che ci segnalano una domanda enorme di partecipazione e di contribuzione da parte dei cittadini. Se nella crisi del 2008 abbiamo visto affermarsi piattaforme estrattive, oggi è indispensabile accompagnare questi processi per alimentare una nuova generazione di piattaforme a matrice territoriale e coesiva. La crescente complessità dei contesti socio-economici, rende necessario quindi il costante ascolto, dialogo e coinvolgimento di tutti coloro che in misura diversa possono essere chiamati alla definizione di progetti, all’individuazione dei bisogni, alla generazione dei beni e servizi sino ad arrivare al loro consumo. In una logica di continua revisione e aggiornamento di quanto realizzato, poiché il processo rimane aperto e continua a beneficiare dei continui apporti derivati dall’interazione con soggetti diversi. Un approccio come vedremo nei prossimi capitoli tipico delle imprese coesive.

 

(1) https://www.comune.milano.it/aree-tematiche/partecipazione/milano-2020?fbclid=IwAR2nlZywiZYJXcJVsKcQdzDsQ7TtuaGKmooDg
WgK_87i_Kr7uZJjjK22tKI

(2) Mariani R., Coprogettazione e non solo. L'intervento del Comune di Lecco, Welforum.it, 29 novembre 2018. https://welforum.it/il-punto/ coprogettazione-e-non-solo/coprogettazione-e-non-solo-lintervento-del-comune-di-lecco/

(3) Progetto promosso da Città metropolitana di Milano, Comune di Milano, Regione Lombardia, Parco Nord Milano, Parco Agricolo Sud Milano, ERSAF e Fondazione di Comunità Milano, che prevede la messa a dimora di 3 milioni di alberi entro il 2030, per pulire l’aria, migliorare la vita della grande Milano e contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Nato da una ricerca del Politecnico di Milano grazie al sostegno di Fondazione Falck e FS Sistemi Urbani. Attualmente sono 633.826 euro le donazioni raccolte grazie al supporto di 73.385 privati cittadini e 45 aziende che saranno destinati alla piantagione di 18.410 alberi e arbusti (che si aggiungono ai 281.160 già piantati) su 13 ettari di terreni dislocati tra i comuni di Milano (Parco Andrea Campagna e Parco dei Fontanili), Trezzano, Melzo, Paullo, Gaggiano e
Vimodrone (Città Metropolitana di Milano). Circa 8.000 delle piante saranno destinate alle aree di pertinenza autostradale come lo svincolo Tangenziale Est/ Paullese e l’area svincolo Cantalupa.

(4) Manzini E., Cosa sono le comunità ibride di luogo, un nuovo modello di resilienza sociale, cheFare, 26 maggio 2020.

(5) Manzini E. (2018), Politiche del quotidiano: progetti di vita che cambiano il mondo, Edizioni di Comunità: Roma.

(6) Gli ultimi dati ISTAT descrivono un settore composto da più di 350.000 organizzazioni di cui il 33,2% mostra un’attività economica prevalente, ovvero più del 50% dei costi di produzione è assicurato da ricavi derivati dalla vendita di beni e servizi a soggetti pubblici o privati. L’85,5% mostra invece un prevalente finanziamento di natura privata, quindi più del 50% delle entrate riguarda ricavi da vendita di beni e servizi, contributi aderenti, donazioni, offerte o lasciti. Il totale delle entrate ammonta così a circa 70 miliardi di euro.

(7) Venturi P. (2017), a cura di, Valore e potenziale dell’impresa sociale. Economie plurali per generare progresso e impatto sociale, Social Impact Agenda.

(8) Le SIAVS (start-up innovative a vocazione sociale) sono startup innovative a tutti gli effetti ma operano in settori specifici riconosciuti di
particolare valore sociale.

(9) Le società benefit (SB) sono imprese che integrano nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, lo scopo di avere un impatto
positivo sulla società e sulla biosfera. La qualifica di società benefit è stata istituita con la legge di Stabilità 2016.

(10) Patucchi M., Ducati e Lamborghini portano nella Motor Valley la staffetta tra generazioni, La Repubblica, 2 marzo 2020.

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