Newsletter

Già emersa nelle edizioni precedenti, la tendenza ha trovato conferma anche nel 14° appuntamento annuale con il rapporto Greenitaly, realizzato da Fondazione Symbola e da Unioncamere con la collaborazione del Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne e con il patrocinio del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. "La crisi climatica", afferma Ermete Realacci, Presidente di Fondazione Symbola, "è legata a doppio filo a dinamiche ambientali, economiche e sociali: non possiamo permetterci le incertezze con cui procede l'attuazione dell'Agenda 2030, anche nel nostro Paese (pensiamo al ritardo accumulato sul fronte delle energie rinnovabili). Il numero di imprese italiane che negli ultimi cinque anni hanno investito in direzione della green economy supera il mezzo milione e i green job chiamano in causa 3,2 milioni di individui: questo significa che accelerare gli investimenti nella transizione verde e nelle energie rinnovabili aumenta la stabilità finanziaria (lo dimostrano studi compiuti da fonti come la BCE e la Banca d'Italia), dà forza al Made in Italy, riduce i costi a medio termine per famiglie e aziende, rafforza la nostra indipendenza energetica. Siamo già una superpotenza europea nel campo dell'economia circolare, il che ci rende più competitivi in prospettiva futura: dal rapporto Greenitaly emerge un'Italia che va verso un'economia a misura d'uomo e che punta sulla sostenibilità, sull'innovazione, sulle comunità e sui territori'. "Con i suoi numeri e con le sue storie d'impresa", aggiunge Andrea Prete, presidente di Unioncamere, ""Greenitaly mette in evidenza l'impegno del sistema produttivo italiano nell'ambito del processo di transizione verde. Grazie al trend degli investimenti rivolti alla sostenibilità ambientale (trend che, per inciso, non si è arrestato neanche nei periodi di maggior difficoltà, come quelli legati alla crisi pandemica e ai conflitti internazionali), è ormai da anni che l'Italia si distingue come uno dei Paesi 'eco leader' nel mercato del Vecchio Continente. Tuttavia, non sempre le nostre imprese sono messe nelle condizioni ideali per esprimere il massimo del loro potenziale. Si pensi al tema delle energie rinnovabili, che sono fondamentali al fine di una riduzione delle importazioni energetiche del Paese e di una stabilizzazione dei prezzi, ma la cui crescita è spesso rallentata da ostacoli burocratici: nel 2022 è stata installata una potenza da fonti rinnovabili pari a 3 GW, un dato lontano dall'obiettivo previsto (8/9 GW all'anno entro il 2030)". Tra le principali evidenze del rapporto ne spicca una di cui il Sistema Paese può essere orgoglioso: l'Italia è ai vertici europei nel campo dell'economia circolare, con un avvio a riciclo sulla totalità dei rifiuti -urbani e speciali -nell'ordine dell'83,4%. Tale dato è superiore di oltre 30 punti rispetto al valore medio registrato in ambito comunitario (52,6%) ed è nettamente migliore di quello dei grandi Paesi occidentali con cui ci confrontiamo abitualmente (il tasso di riciclo della Germania, della Francia e della Spagna è rispettivamente del 70,0%, del 64,4% e del 59,8%). E non finisce qui: l'Italia è anche uno dei pochi Paesi che nel secondo decennio del secolo, dal 2011 al 2020, hanno notevolmente migliorato le loro performance (fatto particolarmente apprezzabile, visto che il suo tasso di riciclo era già elevato anche in precedenza), incrementando il tasso stesso di 10 punti contro una media europea del +6%. Con un altro piccolo passo indietro nel tempo, Greenitaly ricorda anche che nel biennio 2020/ 2021 si è verificato cm consolidamento per certi versi inatteso -della capacità di riciclo industriale dell'Italia, che è apparsa particolarmente evidente nel comparto cartario ma che ha comunque visto la quasi totalità dei settori produttivi accentuare, in alcuni casi in modo molto sensibile, la quota di 'materie seconde' utilizzate. È un trend che gli artefici del rapporto non esitano a definire 'eccellente', viste le sue ripercussioni sulla transizione ecologica e sullo sviluppo dell'economia circolare. A questo proposito, l'Italia ha anche approvato una vera e propria Strategia Nazionale per l'Economia Circolare, che si pone quattro specifici obiettivi: favorire il mercato delle materie prime secondarie, ampliare la responsabilità dei produttori e dei consumatori, diffondere le pratiche di condivisione e il principio del 'prodotto come servizio', definire una roadmap di azioni a lunga scadenza (fino al 2040). La Strategia comprende interventi pensati per l'intera filiera e prende dunque in considerazione sia la produzione sia il consumo dei beni, nonché l'implementazione di piani di monitoraggio per misurare le performance delle aziende, con particolare riferimento alle PMI. Senza dimenticare le aree industriali, i territori, i cittadini/ consumatori, l'ecodesign, la blue economy, la bioeconomia e le materie prime critiche. La Strategia Nazionale per l'Economia Circolare fa parte del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza): uno stanziamento di 2,1 miliardi di euro è infatti finalizzato a migliorare il processo di gestione dei rifiuti, attraverso uno specifico pacchetto di investimenti e di riforme. "L'ultimo rapporto Greenitaly", sottolinea Alessandro Rinaldi, Direttore Studi e Statistiche del Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, "conferma che la transizione verde rappresenta un'importante opportunità per il nostro sistema produttivo, in virtù dei benefici che apporta in termini di resilienza, competitività, occupazione e internazionalizzazione. Dobbiamo però fare i conti con una quota ancora rilevante di imprese che non hanno investito e non intendono investire nel green, a causa di barriere di carattere economico, culturale e burocratico".  Nel lustro che va dall'inizio del 2018 alla fine del 2022 sono state 510.830 le imprese italiane che hanno effettuato eco-investimenti; sotto il profilo occupazionale, alla fine dello scorso anno le figure professionali legate alla green economy rappresentavano il 14% circa della forza lavoro complessiva impiegata dalle aziende del territorio nazionale. Il trend è comunque in fase di progressiva intensificazione: se si fa riferimento al solo 2022 e al totale dei contratti di lavoro attivati dalle imprese, oltre uno su tre (35,1%) riguarda ruoli e competenze green. Tra le aree che, all'interno delle aziende, sono maggiormente interessate a cercare e inserire figure professionali in grado di svolgere mansioni che vadano in direzione della sostenibilità ne spiccano un paio di connotazione tecnica (in testa al ranking c'è la voce Progettazione e Sviluppo, alle cui spalle si colloca la Logistica), ma è interessante notare che il podio è completato dall'area Marketing e Comunicazione: anche su questo fronte, evidentemente, presso le imprese aumenta la consapevolezza di non potersi più mostrare indifferenti al processo di transizione verde. Lasciamo la conclusione a Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, a parere del quale "l'Italia possiede il miglior giacimento di materie prime d'Europa... ovvero la sua capacità di recupero e di riciclo dei materiali! Sono personalmente impegnato a costruire un processo di transizione che non si limiti a essere accettato dall'opinione pubblica e dalle categorie produttive, ma che sia anche in grado di creare lavoro: vanno lette in questa chiave le nostre battaglie per la gradualità delle misure e per la neutralità tecnologica. Nessuno di noi ignora il nodo delle materie prime critiche, che sono essenziali per molte tecnologie rinnovabili e che rischiano di indurre nuove dipendenze. Esiste una chiara consapevolezza che la transizione potrà essere realizzata solo attraverso il consenso sociale".

Devi accedere per poter salvare i contenuti