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La Costituzione è il documento base dei nostri valori comuni. E tuttavia sette su dieci oggi vorrebbero cambiare sistema di governo. Indagine Ipsos con Comieco e Symbola

Trattandosi di noi italiani, piaccia o no, forse una certa dose di contraddizione non sorprende neanche più: siamo «orgogliosi» della nostra Costituzione e la prima parola che ci fa venire in mente è «Democrazia», ma allo stesso tempo pensiamo che la nostra democrazia sia «malata», vorremmo «un modo diverso per governare l’Italia» e comunque meno di un under 30 su cinque si interessa di politica con passione. Detto tutto ciò, la buona notizia è che soprattutto di fronte alle emergenze abbiamo un «senso civico» pronto a scattare con slancio assai più pronto e generoso di tanti altri. Ma siamo persino bravi a rispettare certe regole del quotidiano, a patto che ci vengano spiegate bene e che ne comprendiamo la ragione: vedi la raccolta differenziata, in cui oggi siamo tra i primi al mondo. E per 69 italiani su cento la chiave del senso civico sta in una «educazione» che «fin da piccoli» insegni a «prendersi le proprie responsabilità».

È questo in sintesi il ritratto che emerge dall’indagine «Gli italiani e il senso civico» promossa da Comieco in collaborazione con Symbola e realizzata da Ipsos in questo mese di aprile attraverso 1002 interviste. Con un focus, che sarà presentato in apertura di Milano Civil Week, sulla Carta che ci governa dal primo gennaio 1948 e che tuttora rende «orgogliosi» tre italiani su quattro. «È un dato molto significativo - sottolinea Nando Pagnoncelli di Ipsos soprattutto se si prende atto che mentre la classe politica discute di cambiamenti anche importanti da apportare alla carta prevale nei cittadini l’idea che essa andrebbe mantenuta così com’è, o a limite che avrebbe bisogno di cambiamenti minimi». Di più: pochi anni fa a ritenere che la nostra cara vecchia Carta «rispondesse ancora bene» alle richieste del mondo attuale erano 16 su cento, oggi sono 27. Oltre alla parola Democrazia la associamo a due termini importanti come Lavoro e Repubblica. «Ma questa - prosegue Pagnoncelli - è la visione ideale. Perché poi nel concreto quando chiediamo alle persone cosa pensano della nostra democrazia attuale la risposta è che è il 70 per cento vorrebbe cercare un sistema di governo diverso». E se il 56 per cento del totale (ma quasi il 70 tra gli over 65) ritiene che la democrazia serva a «guidare la società perso il perseguimento dell’interesse generale», quasi 5 18-30enni su dieci pensano che invece dovrebbe soprattutto consentire «a ciascun individuo di perseguire il proprio interesse individuale».

Altri elementi da rimarcare? Il cosiddetto «uomo forte» che arriva e risolve tutto è una figura di cui gli italiani, periodicamente, continuano a infatuarsi. «Ma è una fascinazione che ogni volta dura pochissimo - prosegue l’amministratore delegato di Ipsos - e ripropone sempre lo stesso meccanismo: voto quello là perché penso che potrebbe migliorare la mia personale situazione, il giorno dopo mi delude, due giorni dopo gli giro le spalle. Altra contraddizione è quella che riguarda il decentramento: da una parte si invoca un maggiore coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni, dall’altra quando c’è un referendum non si raggiunge il quorum».
Indicazioni positive, invece? «Le potenzialità che abbiamo sono enormi. A condizione di superare lo scisma tra io e noi, come dice papa Francesco. Abbiamo un capitale sociale di oltre 6 milioni di volontari. Le alluvioni in Romagna hanno mobilitato una marea di persone per arginare la marea delle acque. L’aiuto reciproco durante il Covid ce lo ricordiamo tutti. E direi che, ecco, quella è stata una occasione che avremmo potuto sfruttare meglio per non disperderci a emergenza finita. Ma è anche la prova che l’energia c’è: va coltivata».

Carlo Montalbetti di Comieco va oltre: «Il nostro Osservatorio misura il senso civico degli italiani da più di vent’anni con un termometro particolare, che è la raccolta differenziata. E io dico che se oggi gli italiani recuperano il 90 per cento degli imballaggi significa che le comunità hanno la capacità di praticare comportamenti dettati da un legame civile concreto: consolidato anche perché alla base ha una Carta che questa capacità di regolarsi l’ha fusa insieme». Il direttore generale del Consorzio per il recupero e il riciclo fa un esempio forse lontano nel tempo ma significativo: «Ci sono rivoluzioni garantite dalla nostra vita democratica che non fanno rumore ma cambiano le cose in modo sostanziale proprio perché riusciamo a tradurle in pratica. Ricordate il divieto di fumo? Siamo stati tra i primi in Europa. E il riciclo della carta? Fino al 2005 importavamo un milione di tonnellate. Oggi nessuno di noi tornerebbe indietro».

«Solo un senso civico di comunità - interviene Ermete Realacci di Fondazione Symbola - può dare forza a leggi e regole condivise. E il monitoraggio fa emergere che dove c’è più attenzione al bene comune c’è anche economia più solida: essere buoni conviene, in una battuta. La base di un’apertura al futuro è data dalla condivisione di valori comuni che prescindono dalle appartenenze politiche: è quando l’identità comune si indebolisce - conclude - che si costruiscono i muri».

 

https://www.corriere.it/buone-notizie/24_maggio_02/noi-abbiamo-senso-civico-orgogliosi-tre-italiani-su-4-con-qualche-eccezione-a3a03631-2d4b-41d7-bf34-47faa31aexlk.shtml

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Noi abbiamo «senso civico»? Orgogliosi tre italiani su 4. Con qualche eccezione - Paolo Foschini | Corriere della Sera Buone Notizie

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