L’orientamento più condiviso in Italia e all’estero è quello di un’architettura sempre più sostenibile e partecipativa, in grado di coinvolgere le comunità locali nella progettazione e nella gestione degli spazi abitativi. L’uso del legno è spia di un’attenzione crescente verso l’economia circolare e i suoi vantaggi in termini ambientali ma anche prestazionali. Mentre la sperimentazione dell’AI chiama in causa i professionisti e occupa gli spazi dedicati alla ricerca e all’innovazione, si moltiplicano i progetti di rinnovo di diversi stadi di calcio e impianti sportivi (anche se in ordine sparso nel Paese), la maggioranza dei quali oggi non è più in linea con le normative sportive internazionali.

La fine del superbonus[1] e la scadenza del PNRR ha fatto emergere tutte le difficoltà italiane legate ad un sistema di imprese estremamente parcellizzato e ancor poco connesso, evidenziando le carenze degli studi professionali troppo piccoli per poter affrontare la massa improvvisa di progetti infrastrutturali e no finanziati a scadenza. Dunque, la dimensione e la messa in rete tra soggetti imprenditoriali di ridotta dimensione contano eccome in economia e nelle professioni.
Di converso, invece, gli investimenti legati al Giubileo stanno trovando un effetto positivo sulla capitale, non solo per il nuovo sottopasso e relativa pedonalizzazione di via della Conciliazione fino a Castel Sant’Angelo ma anche per altri progetti accessori come il percorso ciclopedonale Monte Ciocci – San Pietro, per il quale Crew (Roma), studio di progettazione del Gruppo FS, ha curato il progetto integrato di tutte le fasi: il riuso di due infrastrutture ferroviarie dismesse, il viadotto delle Fornaci e la galleria di Villa Alberici, innesca un processo virtuoso per migliorare la mobilità quotidiana dei cittadini e favorire lo scambio intermodale con il trasporto pubblico locale.

Un’altra massa di progetti popola la 19. Mostra Internazionale di Architettura dal titolo Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva., a cura di Carlo Ratti, organizzata dalla Biennale di Venezia. Il curatore ha invitato alla collaborazione tra diversi tipi di intelligenza per ripensare insieme l’ambiente costruito. Il titolo, un neologismo la cui parte finale, gens, significa popolo in latino, è un invito a sperimentare l’intelligenza al di là dell’attuale attenzione limitata all’AI e alle tecnologie digitali e a dimostrare quanto sia importante adattarsi alle nuove condizioni senza catastrofismi. La mostra presenta architetti e ingegneri, matematici e scienziati del clima, filosofi e artisti, cuochi e codificatori, scrittori e intagliatori, agricoltori e stilisti e altri per caldeggiare una nuova collaborazione interdisciplinare.

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’architettura italiana sta aprendo nuove possibilità nella progettazione. Ad esempio, il Politecnico di Torino, già impegnato insieme con l’Ordine degli architetti locale in un’indagine[2] sulle potenzialità dell’AI (dal titolo Architetti e IA), a Venezia ha realizzato l’installazione Constructing La Biennale: una sorta di “controfacciata” che accoglie i visitatori con una grande nuvola di punti larga 30 metri, volta a restituire una narrazione sull’architettura contemporanea attraverso l’utilizzo di strumenti digitali e analisi dati avanzati, tipici della scienza delle reti e della data visualization. Partendo dai dati raccolti ed elaborati sulla storia della Biennale (dal 1074 al 2023), l’installazione approfondisce il processo curatoriale come impresa collaborativa. Seguendo il lavoro del team curatoriale e utilizzando sia big-data sia strumenti etnografici, cattura la complessità che sta dietro alla “costruzione” di una Biennale. Visualizzazione e analisi dei dati come chiavi per comprendere le strutture complesse dell’architettura e della società, oltre che uso di strumenti visivi (mappe, diagrammi, infografiche) per rendere trasparente e accessibile il processo creativo e curatoriale sono entrambi elementi che accomunano il progetto del Politenico di Torino con la mostra curata dallo studio olandese OMA/Rem Koolhaas, Diagrams, alla Fondazione Prada veneziana.

Dal punto di vista della produzione, l'AI viene integrata nel processo di progettazione e costruzione architettonica. L’architetto Matteo Zambon - fondatore insieme a Jacopo Bonat del collettivo Archidrome (San Fior, in provincia di Treviso) - ha sviluppato, ad esempio, una serie di progetti visionari denominati Possible Maybe, in cui edifici futuristici si integrano con il paesaggio naturale e le mutazioni climatiche. In questo caso, l’utilizzo di software di AI ha consentito a Zambon di sperimentare rapidamente molteplici soluzioni progettuali, ampliandone le possibilità creative e di ricerca. Oltre che nell’esplorazione di nuove frontiere, l’AI può fornire un valido contributo anche in altre fasi del processo di progettazione e costruzione, come dimostra il lavoro del progettista computazionale Arturo Tedeschi che, nel 2024, ha collaborato con STUD-IO e Wies Offsite per realizzare una struttura complessa in acciaio. Attraverso il software StudFinder sviluppato dalla start up americana STUD-IO (con sede presso l'Autodesk Technology Center di Boston), il design è stato trasformato in un modello 3D dettagliato, tenendo conto delle specifiche di fabbricazione e assemblaggio. Il software utilizzato ha semplificato il processo di modellazione e dettaglio, fornendo precisione nella creazione del mockup realizzato con i telai fabbricati e assemblati in un solo giorno da Wies Offsite, azienda edile con sede a St. Louis (Missouri), grazie alle caratteristiche di precisione e personalizzazione del software che hanno garantito un adattamento perfetto di tutti i componenti.

Altro fondamentale trend rilevato nel mondo della progettazione internazionale e nazionale che va consolidandosi negli anni è quello che va in direzione di un’architettura sempre più sostenibile e partecipativa, in grado di coinvolge le comunità locali nella progettazione e nella gestione degli spazi abitativi. A tal proposito, alla Triennale di Milano presieduta da Stefano Boeri, Inequalities, la 24ª Esposizione Internazionale di questa prestigiosa istituzione culturale, sono stati presentati alcuni progetti della Fondazione Norman Foster, una serie di moduli edilizi industrializzati rilanciando così il vecchio sogno macchinista di Le Corbusier, giudicato oggi a portata di mano e indispensabile per soddisfare tutte le preoccupazioni attuali: dalle città informali in India alla rigenerazione di una città distrutta dalla guerra in Ucraina, dalle tende nell’accoglienza dei rifugiati a soluzioni abitative sostenibili economiche e di alta qualità, utilizzando energia pulita. In Italia brulica la ricerca sui sistemi prefabbricati in legno con usi disparati, ad esempio nel Mind (Milano Innovation district, l’area del vecchio Expo) è da poco sorta la torre Zenith in legno di tredici piani progettata dallo studio Piuarch (Milano), noto per la volontà di innovare nell’ambito della prefabbricazione in legno. La torre Zenith sarà l’edificio in legno più alto d’Italia (56 metri), realizzato con componenti prefabbricati off-site (prodotti in stabilimento e assemblati in cantiere), assicurando rapidità di costruzione, riduzione dell’impatto ambientale e possibilità di smontaggio e riutilizzo di alcune parti. La prefabbricazione in legno viene qui portata a un livello di scala e complessità superiore rispetto a progetti precedenti dello studio milanese, come quello in via di realizzazione all’Hub della Cultura di Venaria Reale. Applicando questi principi su una torre per uffici di grande altezza e superficie, l’innovativo progetto affronta nuove sfide strutturali, di sicurezza e flessibilità distributiva, ponendosi come riferimento nazionale e uno dei casi più avanzati in Europa per l’edilizia in legno multipiano. A Parigi invece, nel 13 arrondissement (vicino a Ivry-sur-Seine) c’è la nuova torre Wood up alta ben cinquanta metri per sedici piani, progettata dallo studio italofrancese LAN(Local Architecture Network) con sede a Parigi.
Al tema della sostenibilità ambientale (si calcola ad esempio che dopo il 2050 il Mose non sarà più sufficiente per contenere le maree che minacciano Venezia) è dedicato anche il Padiglione Italia all'Expo 2025 di Osaka: progettato da Mario Cucinella Architects (Bologna), offre una riflessione sul rapporto tra uomo, ambiente e tecnologia. Il Padiglione è concepito come un esempio concreto di economia circolare: legno locale, filiera corta e materiali riciclati rappresentano scelte che riducono l’impatto ambientale, ma soprattutto dimostrano come l’architettura possa essere protagonista di un cambiamento sostenibile dal punto di vista ambientale, oltre a svolgere un importante ruolo di motore di innovazione e di rigenerazione economica e sociale. La scelta di utilizzare il legno locale, infatti, non solo garantisce la sostenibilità ambientale, ma contribuisce anche a valorizzare e riattivare le economie e le comunità locali coinvolte nella filiera produttiva. Al termine dell’Expo, il Padiglione non verrà smantellato, ma diventerà una risorsa da cui attingere, un laboratorio di idee e materiali pronti a essere riutilizzati e trasformati per altri contesti.

La mostra Stadi. Architettura e mito al Maxxi di Roma pone, invece, l’accento su un altro nuovo grande problema nazionale: quello degli stadi di calcio, che riguarda, per motivi diversi, sia le grandi sia le medie e piccole città. In ogni caso, la maggioranza assoluta degli impianti del Paese è oggi obsoleta e in cattivo stato di manutenzione. I primi stadi italiani, infatti, risalgono ai primi del ‘900, quando servivano per ospitare le gare di diversi sport (atletica, ginnastica, gare di biciclette e via dicendo) e anche molti spettacoli. Gli unici due momenti di pianificazione degli stadi nel nostro Paese sono strettamente connessi al crescere della popolarità del calcio: il primo risale al 1928 con la legge Arpinati, che ha fissato lo standard dello stadio con le curve e la pista di atletica; il secondo coincide con l’operazione dei Mondiali di calcio di Italia 90. Le criticità di oggi riguardano, da un lato, l’adeguamento dei vecchi impianti alle ultime normative Uefa e Fifa; dall’altro lato, molte società di calcio, acquistate da fondi o proprietà straniere, ambiscono allo stadio di proprietà per competere a livello internazionale. Non solo il dilemma San Siro[3] dunque, ancora irrisolto, e l’impasse del nuovo stadio della Roma a Pietralata; si vuole intervenire anche su impianti più piccoli che sono oggetto di ipotesi di rigenerazione urbana. Ad esempio, ad Arezzo lo studio di architettura romano M28Studio in collaborazione con Studio SPSK (Roma), punta a ridefinire la struttura e le funzioni dell’esistente stadio comunale, con l’obiettivo di generare ricadute su un intero quadrante periferico della città.

Un investimento di circa 28 milioni di euro, sostenuto dalla S.S. Arezzo, che vede nell’impianto un’infrastruttura urbana di servizio multifunzionale, con l’ambizione dell’apertura tutto l’anno. Intanto, a Firenze, nell’estate 2025 è iniziata la cantierizzazione dell’impianto intitolato ad Artemio Franchi con l’obiettivo di concludere il primo lotto dei lavori in tempo per il centenario della Fiorentina (nel 2026) su progetto di David Hirsch e Arup Italia, parte del gruppo britannico Arup Group Limited ma la cui sede italiana con base a Milano opera grazie ad un team di oltre 160 professionisti locali tra ingegneri, architetti e consulenti specializzati. Di fatto, la società è nota per il suo approccio creativo e multidisciplinare, che mira a coniugare aspetti architettonici, strutturali ed energetici in modo innovativo e sostenibile. Viceversa, il progetto di copertura dello storico stadio Sinigaglia di Como presentato dallo studio londinese specializzato Populous – lo stesso di Pietralata – è stato bocciato dalla locale Soprintendenza. Il problema degli stadi da ristrutturare o demolire verrà al pettine sempre di più in futuro anche nelle città medie, anche per impianti di altri sport perché, vale la pena ricordare, il volley è lo sport femminile più popolare dopo la medaglia d’oro ottenuta alle ultime Olimpiadi e anche quegli impianti, sebbene più piccoli, sono spesso obsoleti e non in linea con le normative più recenti, per non parlare delle piscine di cui il caso Caivano resta una goccia nel mare.
In generale, la cultura architettonica cerca di proporsi come disciplina in grado di risolvere i problemi e sempre meno interessata alle sue soluzioni formali, un cambio di paradigma notevole rispetto agli ultimi decenni.
Suggerimenti per il lettore
- AA VV, Natural. Artificial. Collective, Catalogo della 19. Mostra Internazionale di Architettura, La Biennale di Venezia, 2025
- Maria Pederbelli (a cura di), 24th International Exhibition, Electa, 2025
- Manuel Orazi, Fabio Salomoni, Moira Valeri (a cura di), Architettura e mito, Franco e Cosimo Panini, 2025.

