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Il sistema produttivo culturale in Basilicata ha un "giro" (2023) di 461 milioni di euro (erano 455 milioni nel 2022) e per occupazione (diretta ed indotta) raggiunge le 8.438 unità (8.200 unità nel 2022). Incide per il 3,4% del valore aggiunto complessivo della regione (più 0,1% in un anno). Sono dati del rapporto Unioncamere "Io sono cultura". Il rapporto, arrivato alla quattordicesima edizione, è realizzato da fondazione Symbola, Unioncamere, centro studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, Deloitte con la collaborazione dell'istituto per il credito sportivo e culturale, fondazione Fitzcarraldo, Fornasetti e con il patrocinio del ministero della Cultura. Lo studio analizza il sistema produttivo culturale e creativo, ovvero tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali (core), ma anche tutte quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività, che nello studio si definiscono creative-driven. All'interno del core coabitano attività molto diverse tra loro, accomunate dalla produzione e veicolazione di contenuti culturali e creativi. Dalle attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico (attività dei musei, biblioteche, archivi, monumenti), alle arti visive e performative (attività dei teatri, concerti, etc.). A queste si aggiungono attività che operano secondo logiche "industriali" (musica, videogame, software, editoria, stampa), quelle dei broadcaster (radio, televisione), fino ad arrivare ad alcune attività appartenenti al mondo dei servizi (comunicazione, architettura, design). Diviso per settori in Basilicata le attività core raggiungono i 184 milioni (175 milioni nel 2022) con un'occupazione di 3.900 unità (identica al 2022); le altre (creative-driven) 277 milioni (in leggera diminuzione in un anno per 4.535 unità lavorative rispetto alle 4.400 dell'anno precedente. I numeri dimostrano che la cultura è uno dei motori della nostra economia; lo studio propone numeri e storie ed è realizzato grazie al contributo di molte personalità di punta nei diversi settori. La cultura per l'Italia è anche un formidabile attivatore di economia. Una filiera, in cui operano soggetti privati, pubblici e del terzo settore che, nel 2023, cresce sia dal punto di vista del valore aggiunto (104,3 miliardi di euro, in aumento del +5,5% rispetto all'anno precedente e del +12,7% rispetto al 2019) che da quello dell'occupazione (1.550.068 lavoratori con una variazione del +3,2% rispetto al 2022, a fronte di un +1,8% registrato a livello nazionale). Una filiera complessa e composita in cui si trovano ad operare quasi 284 mila imprese (in crescita del +3,1% rispetto al 2022) e più di 33 mila organizzazioni non-profit che si occupano di cultura e creatività (il 9,3% del totale delle organizzazioni attive nel settore nonprofit), le quali impiegano più di 22 mila e settecento tra dipendenti, interinali ed esterni (il 2,4% del totale delle risorse umane retribuite operanti nell'intero universo del nonprofit). Ma il "peso" della cultura e della creatività nel nostro Paese è molto maggiore rispetto al valore aggiunto che deriva dalle sole attività che ne fanno parte. Cultura e creatività, in maniera diretta o indiretta, generano complessivamente un valore aggiunto per circa 296,9 miliardi di euro. "La forza della nostra economia e del made in Italy - dichiara Ermete Realacci, presidente della fondazione Symbola - deve molto, in tutti i campi, alla cultura e alla bellezza. Più che in altri Paesi. Cultura e creatività oltre ad arricchire la nostra identità e alimentare la domanda di Italia nel mondo, possono aiutarci ad affrontare insieme, senza paura, le difficili sfide che abbiamo davanti. A partire dalla crisi climatica. Se l'Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza, favorisce un'economia più a misura d'uomo e, anche per questo, più competitiva e più capace di futuro come sostiene il Manifesto di Assisi. Anche da questo deriva la forza del nostro export". "Come Sistema camerale guardiamo da tempo con grande attenzione alla imprenditoria culturale e creativa e ai suoi collegamenti con la Pubblica Amministrazione e il Terzo Settore. Il sistema produttivo culturale e creativo, con i suoi effetti moltiplicativi arriva a rappresentare in termini di reddito prodotto una quota importante del totale dell'economia". Lo ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che ha aggiunto "queste attività, distribuite su più settori anche molto diversi tra loro, hanno trovato un riconoscimento normativo nella Legge 206 del 27 dicembre 2023 (legge sul Made in Italy) e al pari del resto dell'economia stanno affrontando grandi trasformazioni, tra le quali spiccano quelle connesse à digitale con importanti prospettive per l'Intelligenza Artificiale generativa e le sue applicazioni sempre più verticali". "Dal report emerge con chiarezza lo straordinario contributo della cultura italiana alla nostra economia: nel 2023 il valore aggiunto ha superato i 100 miliardi e si sono registrati oltre 1 milione e mezzo di addetti. Ma oltre agli impatti strettamente economici ed occupazionali, esistono anche gli impatti della cultura relativi ad aspetti quali competenze, diversità ed inclusione, che possiamo oggi misurare grazie a nuovi modelli di misurazione e rendicontazione della cultura", dichiara Valeria Brambilla, AD di Deloitte & Touche SpA. "Grazie alla misurazione di quanto la cultura contribuisca allo sviluppo sostenibile, come suggerito dall'Unesco con riferimento all'Agenda 2030 dell'ONU, possiamo meglio governare e valorizzare i molteplici impatti generati dalla cultura - ben più ampi di quelli esclusivamente economici, che per altro devono essere sistematicamente misurati anche per una migliore allocazione delle risorse private, pubbliche e del Terzo Settore.

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Più di 8mila lavoratori e un "giro" da 461 milioni di curo: tanto vale il sistema produttivo culturale | La Nuova del Sud

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