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Cosa pensano gli italiani del “come” viene raccontato il Paese? Il 52% ritiene che il racconto dell’Italia che viene presentato sia corretto; la descrizione fedele di uno stato di difficoltà della nazione. Un quadro che tuttavia a qualcuno appare fin troppo pessimistico: 1 connazionale su 3 ritiene infatti che il Paese abbia degli indiscussi punti di forza che non vengono sufficientemente valorizzati. Una visione condivisa in modo trasversale da uomini e donne, giovani e meno giovani, da Nord a Sud.

Questo quanto emerge da un sondaggio Ipsos realizzato presso la popolazione Italiana. La stampa, la TV, i media e i partiti politici sono ritenuti da oltre il 60% degli italiani i principali artefici del racconto del Paese, coloro che guidano in modo indiscusso quella che è la rappresentazione che dell’Italia viene data. In seconda battuta, il racconto viene veicolato dagli organi del Governo Centrale (43%) e dai rappresentanti degli Enti Locali (22%), sempre dunque da Istituzioni afferenti al mondo politico. Il mondo produttivo, finanziario, quello dell’istruzione e della cultura rimangono più defilati nel contributo alla narrazione (con citazioni inferiori al 20%). Elemento questo da non sottovalutare. Allargando lo sguardo dai soggetti artefici del racconto ai contenuti dello stesso ci si accorge che, la scarsa capacità di dare risalto ai propri punti di forza, che gli italiani peraltro riconoscono essere il primo motivo di una rappresentazione del Paese poco valorizzante, si innesta su un terreno di pessimismo. Un terreno dove prevale la critica, la negatività, dove scarseggia la fiducia nel futuro e dove l’orgoglio stesso di essere italiani è venuto meno. Il cittadino si rende conto di essere esso stesso partecipe e artefice della narrazione negativa non avendo, o meglio, non conoscendo gli strumenti per poterla contrastare. Un circolo vizioso che si auto-alimenta. In tutto questo, guardando fuori dai confini nazionali, gli italiani intuiscono negli stranieri la capacità di dare una rappresentazione del loro Paese, seppur con tutte le difficoltà del nostro tempo, più luminosa, che esalta i punti di forza e stempera i problemi (1 italiano su 4 ritiene che gli stranieri restituiscano un racconto del proprio Paese eccessivamente positivo, migliore di quello che realmente è; come visto in figura 1 poco più di 1 italiano su 10 ritiene che il racconto che viene fatto dell’Italia dagli stessi italiani sia più positivo della realtà).

La possibilità di valorizzare le proprie eccellenze deve necessariamente passare da una conoscenza delle stesse. È solo così che possono costituirsi le fondamenta per poter guardare con più fiducia al futuro e recuperare quel sano orgoglio nazionale che gli italiani dovrebbero fare o avere già proprio. Fondamenta, sotto forma di eccellenze, che già esistono ma che paiono essere celate sotto spessi strati di terreno, come vestigia di un tempo ormai passato. Terreno che invece di risultare fertile, su cui costruire positività, diviene una fanghiglia dove covare incredulità e scetticismo. La situazione infatti non è particolarmente confortante: su ben 23 primati che l’Italia detiene, non pochi dunque, 1 italiano su 3 dichiara di non conoscerne nemmeno uno e la curva di decadimento della conoscenza è abbastanza ripida: il 70% conosce almeno un primato, il 50% ne conosce almeno 3 fino ad arrivare ad un 11% che ne conosce almeno 10 (sempre meno della metà dei primati detenuti dal Paese).

Il tema non si esaurisce solo in uno scarso livello di consapevolezza ma anche in uno scetticismo, in alcuni casi consistente, che questi primati siano effettivamente detenuti dall’Italia. Non solo dunque gli italiani sono poco inclini a valorizzare le proprie eccellenze ma faticano anche a credere in loro stessi, nelle loro capacità e nelle risorse su cui il Paese può contare. Se in ambiti come il turismo o la moda la conoscenza dei primati, seppur non particolarmente sviluppata, non si scontra con livelli di scetticismo elevati in altri comparti la situazione e ben diversa. Particolarmente eclatante la scarsa conoscenza, ma soprattutto la forte incredulità, verso un primato che in tempi di forte attenzione alla sostenibilità e all’ambiente dovrebbe essere portato a vessillo orgoglioso della capacità degli italiani di rispondere concretamente alle esigenze del pianeta attraverso pratiche di economia circolare: l’Italia è i il Paese con la più alta percentuale di riciclo di rifiuti in Europa. Un primato per altro a cui contribuiscono tutti: amministrazione pubblica, aziende, cittadinanza. Un altro macro-ambito che vede gli italiani particolarmente scettici e quello dell’innovazione. L’Italia è uno dei 10 Paesi che investe di più in ricerca e sviluppo, ma quasi 1 italiano su 2 non ritiene credibile questa affermazione. Analoga sorte, seppur con uno scetticismo lievemente più contenuto, è riservata alle citazioni delle proprie ricerche scientifiche (secondo Paese al mondo) e alla presenza di robot industriali nelle aziende (sesto Paese al mondo). Ambiti attigui a cui è riservato lo stesso trattamento in termini di conoscenza e di scetticismo sono il farmaceutico (primo Paese per la produzione di farmaci) e la cosmesi (primo produttore di make-up). Se turismo e moda sono al vertice della classifica e riciclo rifiuti e innovazione all’estremo opposto tutti gli altri settori (manifattura, nautica, agroalimentare, legnoarredo, meccanica) si caratterizzano per essere scarsamente conosciuti dagli italiani (tra un 10% e un 20% della popolazione conosce i singoli primati) ma fortunatamente vengono ritenuti credibili, non scontano cioè uno scetticismo precostituito.

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