360mila imprese e 13mila artigiani manifatturieri. Che da soli producono 360mila posti di lavoro e un quarto del valore aggiunti
Come sarà Milano tra 20 anni? E’ stato questo il tema di un contest per video maker, lanciato qualche mese fa, in cui si chiedeva di raccontare con un corto di non più di 90 secondi i cambiamenti della città, immaginandone il futuro. Nella realtà, si può dire che il futuro di Milano sia in parte già qui, in una metropoli che sempre più parla il linguaggio dell’avanguardia e che tesse, giorno dopo giorno, la trama di una identità che mette insieme aspetti di innovazione, cambiamento sociale e urbano, sviluppo economico, rispetto per la tradizione e per il passato, solidarietà. Una città, che oggi più che mai, ci propone una sua interpretazione del futuro, declinandola sui grandi temi della contemporaneità e scommettendo sulla comunità. Il tutto senza snaturarsi, ma partendo dalla sua identità e mettendo in campo tutte le divisioni di cui dispone: amministrazione, cittadini, imprese private e sociali, associazioni, fondazioni.
Il segno più evidente di questo processo è nel cambiamento di superficie. Il Bosco Verticale di Stefano Boeri, il restayling della Darsena, le torri di CityLife, i nuovi spazi dedicati alla cultura - da Fondazione Prada di Rem Koolhaas, alla Fondazione Feltrinelli di Herzog & De Meuron - e la presenza dei giganti della new economy Amazon, Microsoft, Google, Samsung a Porta Nuova hanno mutato lo skyline della città, ma rappresentano solo la punta del’iceberg.
Più in profondo agiscono politiche concrete, come ad esempio Manifattura Milano, il piano quinquennale per lo sviluppo della manifattura digitale. Un investimento di dieci milioni di euro che prevede la riapertura di spazi pubblici dismessi, programmi di formazione nelle scuole e l’incrocio con il programma nazionale industria 4.0, bandi regionali e fondi europei. L’obiettivo è aumentare ulteriormente il numero di startup manifatturiere, fablab, laboratori artigianali avanzati e attirare nuovi talenti. Rafforzando così quella vocazione manifatturiera che – nonostante lo sviluppo del settore dei servizi negli ultimi decenni – è parte costitutiva del dna della città. Lo dicono i numeri: 36.000 imprese e 13.000 artigiani manifatturieri, che da soli producono 360mila posti di lavoro e un quarto del valore aggiunto. Se altrove si gestisce la deindustrializzazione, Milano va controtendenza e punta a innestare la manifatture digitali nel tessuto urbano, riqualificando luoghi dismessi, proponendo un modello di innovazione locale ma aperta al mondo, che ripudia confini e protezionismi. Una visione che punta a non lasciare nessuno indietro e che va di pari passo con lo sviluppo delle periferie, per sostenere i veri protagonisti della rigenerazione urbana, reti di attori che si prendono cura delle città e investono in progetti di innovazione sociale e culturale.
L’approvazione della delibera sugli scali ferroviari, la presentazione del dossier di candidatura EMA, le concrete ipotesi progettuali sulla riapertura dei Navigli, i progetti sul futuro dell'Area Expo, i prolungamenti delle metropolitane progettati attraverso il Patto per Milano, gli interventi di sostegno al reddito, la programmazione della stagione culturale e delle "week" si moltiplicano: sono tutti segni altri tangibili di una città che sa in quale direzione sta andando e che abbraccia il futuro senza dimenticare il passato.